Dodicimila firme raccolte, 40 associazioni piemontesi, la maggior parte legate al mondo cattolico, e 21 deliberazioni comunali.
È il risultato della campagna «Giochiamo la nostra partita» portata avanti negli scorsi mesi da 40 realtà del Terzo settore che hanno elaborato un disegno di legge di iniziativa popolare, da presentare alla Regione Piemonte, per «la prevenzione e il contrasto alla diffusione del Gioco d’azzardo patologico».
Tra le associazioni proponenti ci sono Libera Piemonte, il Gruppo Abele, il Sermig, le Acli Piemonte, l’Agesci Piemonte, la Comunità Papa Giovanni XXIII, l’Azione Cattolica regionale, il Movimento dei Focolari, i Salesiani di Piemonte e Valle d’Aosta, la Società San Vincenzo de’ Paoli, il Forum delle associazioni familiari del Piemonte.

Lo scorso 16 settembre i promotori dell’iniziativa davanti a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio Regionale del Piemonte, hanno consegnato ufficialmente le firme raccolte. Ora la proposta di legge di iniziativa popolare dovrà essere discussa con l’obiettivo di superare l’attuale legge in vigore, approvata nel luglio 2021 dalla Giunta regionale guidata da Alberto Cirio che smantellò la precedente legge 9/2016. Una norma che si rivelò all’avanguardia in Italia nel porre un argine all’insorgere delle dipendenze, come dimostrato dai dati di Ires Piemonte che nel 2019 segnalavano un crollo dell’11% del volume di giocate e del 16,5% del volume delle perdite contro una media nazionale rispettivamente dello 0,3% e dello 0,9%. Inoltre, dal 2017 in poi, si è registrato un calo costante dei casi di presa in carico nei SerD (Servizi per le dipendenze patologiche).
La nuova proposta mira, infatti, come prevedeva la legge 9/2016, a vietare la collocazione di slot machine in locali che si trovano ad una distanza dai «luoghi sensibili» inferiore ai 300 metri per i Comuni con popolazione fino a 5mila abitanti e di 500 metri per i Comuni con popolazione superiore. La norma, inoltre, aumenta la tipologia dei «luoghi sensibili» individuati dalla legge del 2016 aggiungendo università, scuole dell’infanzia e nido; centri di salute mentale; consorzi di servizi sociali; centri di aggregazione per anziani; ludoteche; biblioteche pubbliche; money transfer; uffici postali; luoghi di culto.
Si propone, inoltre, la riduzione degli orari di accensione delle macchinette: 10 ore al giorno, suddivise in almeno due fasce orarie, contro le 14 attuali (legge del 2021). Viene poi potenziata la possibilità per i Comuni di stabilire ulteriori limitazioni. Viene proposta anche la reintroduzione della retroattività, ovvero l’obbligo di spegnere tutte le slot machine che non rispettino il distanziamento, comprese quelle installate precedentemente all’entrata in vigore della normativa.
«Bastavano 8 mila firme in sei mesi. Ne abbiamo raccolte 12 mila in quattro mesi», sottolinea Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte, «nel 2021 molte ‘macchinette’ che erano state spente grazie alla legge del 2016 sono state riaccese, per un totale di 230 autorizzazioni solo a Torino. La gravità di questo fenomeno ci ha spinto a iniziare un percorso che rappresentasse la volontà degli elettori e delle elettrici di contrastare il gioco d’azzardo patologico, attraverso lo strumento democratico della proposta di iniziativa popolare».
Le associazioni promotrici davanti a Palazzo Lascaris hanno sottolineato che si impegneranno «a controllare che il Consiglio regionale calendarizzi, discuta e voti la proposta». «È raro», evidenzia Giorgio Airaudo, segretario regionale della Cgil, «che le assemblee elettive traducano in legge le proposte di iniziativa popolare, ma noi vigileremo affinché ciò avvenga».
Anche 21 Comuni del Piemonte, di diversi colori politici, tra cui in prima linea la Città di Torino, hanno votato e presentato in Consiglio regionale lo stesso testo di legge.
«Si tratta di tutelare la salute pubblica e le fasce più deboli della popolazione», osserva Pasquale Somma del Gruppo Abele, «stare dalla parte dei fragili è ciò che ci contraddistingue. Questa proposta di legge rappresenta, quindi, la volontà di difendere i cittadini e le cittadine dall’impoverimento e dalla dipendenza». Dello stesso avviso il Sermig che evidenzia come «nell’ultimo anno siano aumentate le richieste di aiuto proprio a causa delle perdite economiche dovute al gioco d’azzardo patologico».
Tra i 5 amministratori pubblici che illustreranno la proposta di legge alla Commissione consiliare regionale competente c’è la vicesindaca di Torino Michela Favaro che è anche coordinatrice di Avviso Pubblico per la Città Metropolitana di Torino.
«Con questa proposta», sottolinea la Favaro, «intendiamo tutelare le fasce più vulnerabili della popolazione. I limiti alla collocazione delle slot machine (il cosiddetto ‘distanziometro’) e agli orari degli esercizi che ospitano apparecchiature da gioco sono misure che, insieme a informazione e sensibilizzazione, rispondono alla volontà di prevenire la ludopatia allontanando le occasioni, in particolare per i più giovani, di entrare in contatto con il gioco d’azzardo».
Per la vicesindaca «gli effetti positivi delle limitazioni, già presenti nella precedente legge regionale erano evidenti anche nei confronti dei giocatori».
Sul tema dei posti di lavoro persi, a fronte della riduzione delle slot machine, la Favaro sottolinea «che anche sul profilo occupazionale non si sono mai registrate perdite di posti di lavoro disallineate rispetto all’andamento generale del mercato del lavoro piemontese. L’attuale legge regionale sembra quindi preoccuparsi più di avvantaggiare un certo comparto produttivo che tutelare i singoli lavoratori.
La nostra proposta di legge considera le eventuali ricadute occupazionali e prevede l’attivazione di tutte le politiche attive del lavoro utili alla ricollocazione o riqualificazione dei lavoratori coinvolti. Non solo, prevede anche l’istituzione di un monitoraggio semestrale con le parti sociali per agire proattivamente sulle singole situazioni».
«Credo», conclude la vicesindaca, «che il nuovo Parlamento potrà fare sintesi tra le varie esperienze virtuose maturate a livello regionale, penso ad esempio all’Emilia Romagna. Sarebbe importante istituire un osservatorio nazionale sul fenomeno, uniformare gli incentivi per quegli esercizi che sceglieranno di non installare apparecchi da gioco, diffondere un unico marchio ‘no slot’ che qualifichi le attività commerciali, dare più forza e incisività alle campagne di comunicazione per la prevenzione del gioco d’azzardo patologico».