Torino e il Piemonte da sempre lottano contro l’isolamento collegandosi alla Pianura padana e all’Europa perforando le montagne. Emanuele Luserna di Rorà, sindaco di Torino 1862-65, dall’indomani dell’Unità d’Italia e della perdita della capitale a favore di Firenze, parla di nuova vocazione e nuove priorità: trasporti e fonti energetiche, educazione e scuola, turismo e industrializzazione.
In un nobilissimo discorso in Consiglio comunale il 23 maggio 1865 Luserna di Rorà elogia e incoraggia i concittadini: «Non abuserò del vostro tempo ad annoverare i danni che tutte le classi avranno a soffrire per l’allontanamento della sede del Governo. Ma piacemi constatare che la popolazione non si sta inoperosa a piangere sui danni sofferti o temibili, locché sarebbe la morte della nostra città, ma si agita animosa e tende a sviluppare vieppiù la sua vitalità con estendere la sfera dell’attività sua». Torino subisce un’interminabile serie di spoliazioni, ma la laboriosità, l’inventiva e la caparbietà dei suoi cittadini la trasformano nella capitale dell’industria e della tecnologia, della classe operaia e del lavoro.
L’opera si deve anche al valsusino Giuseppe Francesco Medail: trasferitosi nel 1826 a Lione, impianta un’impresa di lavori stradali. Le sue attività lo portano spesso ad attraversare le Alpi e quindi studia come collegare meglio la valle di Susa a quella della Moriana, mediante una linea ferroviaria attraverso le Alpi con una galleria. Studia a lungo il problema, effettuando rilievi cartografici e redigendo il progetto di massima di un traforo per unire le due valli. Nel 1840 presenta un memorandum a re Carlo Alberto nel quale descrive una galleria ferroviaria sotto il Colle del Fréjus. Nel 1841 il memorandum è presentato al Congresso degli scienziati di Torino. Carlo Alberto, sollecitato, crea una commissione di esperti per esaminare il progetto. Camillo Benso di Cavour è un sostenitore dell’idea di Medail e delle ferrovie, come si evince anche dall’articolo del 10 dicembre 1839 sulla «Gazzetta piemontese»: «Della strada di ferro di Ciamberì al lago di Bourget e della navigazione a vapore su quel lago e sul Rodano». Mons. Jose Cottino sul settimanale «La Voce del Popolo» osserva: «Per fare la galleria di Bardonecchia il presidente del Consiglio Camillo Benso di Cavour si servi dei tecnici e degli esperti, ma non lasciò decidere a loro se fosse opportuno fare o non fare il traforo: a essi chiese soltanto di indicargli il miglior modo di bucare la montagna, e guai a lui se si fosse posto nelle loro mani, lasciando a essi di decidere se bucarla o no. Quando il Piemonte dell’Ottocento decise di scavare la galleria del Fréjus, chiese ai francesi di associarsi nell’impresa; questi rifiutarono e il Piemonte scavò ugualmente la galleria. E, visto che si andava avanti, i francesi si decisero poi a contribuire».
La galleria sotto le Alpi è progettata quando ancora Piemonte e Savoia facevano parte dello stesso regno. Vede la luce grazie all’insistenza tenace di Cavour, primo ministro di Vittorio Emanuele II. Non tutti condividono il progetto, anzi molti lo avversano, ma Cavour vede lontano: è convinto che lo sviluppo industriale di Torino e del Piemonte tragga un potente vantaggio dal rapido collegamento ferroviario con la Francia. Lo scavo del traforo dura 13 anni, fra il 1857 e il 1871. Anni di trepidazione, di studio delle migliori tecnologie, di battaglia politica per tenere a bada gli oppositori. Il 29 giugno 1857 Cavour sfodera alla Camera tre assi vincenti: gli ingegneri Germain Sommeiller, Sebastiano Grandis e Severino Grattoni gli avevano garantito soluzioni tecniche in grado di attaccare e vincere qualsiasi montagna. Il Parlamento approva e il Governo è autorizzato a scavare il traforo e a prolungare fino a Bardonecchia la ferrovia Torino-Susa. Il piano strategico di Cavour sull’Italia unita fa di Genova un grande porto e un polo siderurgico e meccanico: per questo occorrono ferrovie dirette in Francia attraverso Torino; dirette a Milano, in Svizzera e in Europa attraverso Novara e Arona. Genova e Torino nel 1853 sono collegate dal treno, che nel 1854 raggiunge Susa, dove si arrestano. I viaggiatori diretti in Francia affrontano in diligenza il Moncensio, per scendere a Modane, St.-Jeanne de Maurienne e Chambéry, oppure il Monginevro per Briançon.
Gli ingegneri Germain Sommellier, Sebastiano Grandis e Severino Grattoni realizzano un’impresa prestigiosa, 12 chilometri del traforo ferroviario che collega Bardonecchia in Valle di Susa e Modane in Savoia: alle 16:25 del 25 dicembre 1870 gli operai di Francia e Italia abbattono l’ultimo diaframma e si abbracciano sotto 1600 metri di roccia. Centocinquant’anni fa migliaia di intellettuali, politici, uomini d’affari, burocrati, militari e trafficoni giungono da tutta Italia nel Risorgimento con la dichiarazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861: l’effimera capitale dura solo tre anni. Al censimento del 31 dicembre 1861 gli abitanti sono 201.715. Nel 1864, con la capitale spostata a Firenze sulla strada per Roma, Torino ne conta 193 mila e nei disordini del 21-22 settembre 1864 sul selciato giacciono 50 cadaveri, falciati da allievi carabinieri appositamente schierati, perché inesperti.
Centocinquant’anni fa, il 17 settembre 1871, si inaugura il Fréjus. Da Torino sale una massa di personalità, ciascuno con il discorso in tasca. A dare prova di retorica ci si mette anche Edmondo De Amicis: «Penetrato appena il convoglio nella vasta galleria, l’anima abbraccia tutto, con un palpito di meraviglia e di gratitudine». Non sono presenti Cavour, morto nel giugno 1861, e Sommeiller scomparso l’11 luglio 1871. Al tempo in cui il positivismo fa della scienza la nuova fede, Torino non può esimersi da costruire in piazza Statuto un monumento dedicato al traforo, l’impresa mondiale del secolo. L’allegoria in pietra e bronzo di Luigi Belli esalta il Genio della scienza che vince i bruti Titani della montagna. I massi di quarzite che costituiscono la piramide sono quelli estratti dallo scavo. Il monumento è inaugurata il 6 ottobre 1879 nella piazza dello Statuto, al centro dei palazzi pensati come sede dei ministeri della capitale che dal 20 settembre 1870 è a Roma.