25 anni fa l’incendio nella Cappella della Sindone

11-12 aprile 1997 – Il cardinale Giovanni Saldarini era impietrito: «Com’è successo? Com’è successo? Mio Dio, mio Dio. Com’è possibile? Dov’è scoppiato l’incendio? Salvate la Sindone». Prega in silenzio, guarda, tace, allontana microfoni e telecamere. Una città stordita, sgomenta, incredula, quasi pietrificata

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Il cardinale Giovanni Saldarini era impietrito: «Com’è successo? Com’è successo? Mio Dio, mio Dio. Com’è possibile? Dov’è scoppiato l’incendio? Salvate la Sindone». Prega in silenzio, guarda, tace, allontana microfoni e telecamere. Una città stordita, sgomenta, incredula, quasi pietrificata. Poi rincuora tutti: «È una tragedia, ma ringraziamo il Signore che non ci sono vittime né feriti. Ricostruiremo la Cappella, l’ostensione del 1998 si farà. Ringraziando il Signore, la teca della Sindone non è stata coinvolta. La Cattedrale è stata risparmiata. I danni più rilevanti sono nella Cappella. Voglio ringraziare vigili del fuoco, autorità civili, militari e di polizia. Il Papa mi ha detto di rendermi interprete del suo ringraziamento».

Venticinque anni fa, nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997 un incendio riduce la Cappella della Sindone, capolavoro dell’abate Guarino Guarini, in un cumulo di macerie con lesioni gravissime, diffuse, devastanti. Contro il capolavoro seicentesco si coalizzano forze mostruose. La micidiale miscela di fuoco e acqua provoca lo «choc termico» e la calcificazione delle strutture. L’apertura delle porte del Duomo, l’esplosione della vetrata tra Cattedrale e Cappella, la riduzione in frantumi delle vetrate della cupola e il vento forte causano «l’effetto camino». Il restauro si presenta complesso e difficile, lungo e pericoloso perché la struttura è instabile. Se la Sindone si fosse trovata nella Cappella il calore avrebbe fuso la cassa – come successe parzialmente nell’incendio di Chambéry nel 1532 – e la tela sarebbe andata in fumo.

Ma il 24 febbraio 1993 la Sindone viene spostata nel coro della Cattedrale ed è collocata in una cassa di cristallo formata da 14 lastre di 30 quintali. Per quattro anni il centro città si trasforma in un grande cantiere. Sono agli sgoccioli i lavori del complesso restauro del capolavoro guariniano; i lavori dentro e fuori la Cattedrale, dai tetti ricoperti della «pietra di Luserna» agli scantinati: rifacimenti, consolidamenti, impianti, illuminazione, tinteggiatura. Piazzetta Reale, piazza San Giovanni e le Torri Palatine diventano isola pedonale. La facciata di Palazzo Reale torna all’antico color grigio chiaro; Palazzo Chiablese viene restaurato; sul lato sinistro del Duomo, sotto lo slargo prospiciente il Teatro Romano, la  Soprintendenza trova consistenti resti delle precedenti tre chiese sulle quali è sorto il Duomo cinquecentesco. Il 5 settembre 1995 il card. Saldarini aveva annunciato due ostensioni della Sindone, suggerite da Giovanni Paolo II, nel 1998 e nel 2000.

Il cantiere sta per chiudere. Alle 22,50 di venerdì 11 aprile 1997 il fuoco intacca la Cappella, il Palazzo Reale, il Duomo. Solo alle 23,45 scatta l’allarme alla centrale dei pompieri: 150 uomini accorrono dal Piemonte, da Caselle, da Milano con cannoncini che sparano ettolitri di acqua. Eroe tra gli eroi è Mario Trematore, 44 anni, capo della squadra 21 che all’1,20 raggiunge il coro del Duomo. Con una mazza da 4 chili demolisce la teca. Racconta: «Colpisco con tutta la forza. Prendo in braccio lo scrigno. Correndo verso l’uscita trovo mons. Giacomo Maria Martinacci, cancelliere della Curia. “La prenda lei” gli dico. “No, portala fuori tu”». Intervistato da «Corriere della Sera», 25 anni dopo, spiega: «Salvare la Sindone ha rafforzato la mia fede». Le fiamme si sviluppano nel braccio che collega i tre monumenti. Nel Salone degli Svizzeri del Palazzo si svolge una cena di gala in onore del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, alla quale partecipano diverse autorità, tra cui il ministro degli Esteri Lamberto Dini e il presidente onorario della Fiat senatore Giovanni Agnelli.  Portata la cassa in Arcivescovado e rotti i sigilli, una ricognizione constata che la Sindone è integra: la teca in cristallo l’ha riparata. Sabato 12 aprile il «custode pontificio» comunica: «L’incendio ha provocato danni soprattutto alle strutture e agli arredi della Cappella del Guarini ma la teca della Sindone non è stata in alcun modo coinvolta. La Cattedrale è quasi interamente risparmiata. Ringrazii di cuore quanti – vigili del fuoco, autorità civili, militari e di polizia – si sono prodigati nella difficile emergenza. La teca con il Lenzuolo viene conservata in luogo sicuro. I gravissimi danni ai monumenti di fede e di arte rappresentano per tutti una prova, un richiamo, una grazia. Una prova della nostra fede e della nostra capacità di essere attaccati a quei tesori. Un richiamo preciso alla responsabilità che abbiamo di difendere e tutelare il patrimonio religioso, artistico, storico».

I lavori erano indispensabili perché le infiltrazioni di acqua, gli sbalzi termici, le microscosse telluriche e il traffico attorno al Duomo hanno logorato la costruzione e hanno mutato le direttrici di forza degli archi: la complessa volta non scarica più il peso a terra e alcune strutture sono affaticate. Il recupero ha quindi interessato l’intero edificio, con la sostituzione di oltre 1400 elementi di marmo, il consolidamento e l’integrazione materica di 4000 componenti, l’inserimento di nuove catene in acciaio inox a supporto di quelle storiche, il consolidamento delle murature, il rifacimento delle coperture e dei serramenti e l’inserimento degli impianti di illuminazione e sicurezza. L’intervento, con la messa in sicurezza della cupola, ne ha scongiurato il crollo. Nel 2000, garantita la stabilità, inizia la rimozione dei detriti e il montaggio degli impianti e dei sistemi.

Prende avvio «il cantiere della conoscenza e della sperimentazione»: rilievi; schedatura di circa sei mila frammenti in pietra; ricerche storiche, chimiche, fisiche e strutturali; le mappature dei materiali e del degrado; l’individuazione dei punti resistenti. Un delicato e complesso lavoro preliminare, fondamentale per la riuscita del restauro e per il recupero totale dell’opera. Nel 2008 iniziano i lavori veri e propri, che richiedono la riapertura dell’antica cava di Frabosa Soprana (Cuneo), unico modo per acquisire la pietra necessaria per sostituire i materiali irrecuperabili. Si consolidano gli elementi in pietra superstiti e si restaurano i quattro gruppi scultorei degli uomini illustri di Casa Savoia e la sacrestia. Dal 2009 vengono eseguiti i lavori di consolidamento strutturale con la sostituzione di 13 colonne su 30, delle 8 lesene e delle 2 colonne. Dal 2016 i lavori di restauro, integrazione materica e trattamento di finitura delle superfici, che hanno restituito alla Cappella la sua immagine originaria. Dal 2017 il rifacimento dei 103 serramenti esterni, delle balaustre del tamburo, dei tetti, delle coperture in piombo; il restauro delle murature esterne; la riproposizione del grande finestrone tra Cappella e Duomo; l’inserimento delle dotazioni impiantistiche; lo smontaggio della struttura metallica interna. I lavori proseguono con il restauro dell’altare della Cappella di Antonio Bertola. Il 30 marzo 2021 il miracolo è compiuto.

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