25 aprile, l’Azione Cattolica e il rifiuto del nazifascismo

La Resistenza in Piemonte – A conclusione del 150° anniversario di fondazione dell’Azione Cattolica (1867-2017) è doveroso ricordare il contributo che l’associazione diede alla lotta per la libertà sul territorio piemontese, come racconta il volume «Laici nella Chiesa, cristiani nel mondo. Per una storia dell’Ac nelle Chiese locali di Piemonte e Valle d’Aosta»

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«Molti iscritti e responsabili dell’Azione Cattolica partecipano in vario modo alla Resistenza, alcuni sacrificano la vita come il torinese Giorgio Catti e l’aostano Renato Vuillermin. A Torino la dirigenza della Gioventù di Azione Cattolica –  guidata da Luigi Gedda, poi Agostino Maltarello e poi da Carlo Carretto – nonostante le limitazioni del regime fascista, assume una funzione di guida per la gioventù cattolica dell’intera regione e numerosi torinesi sono chiamati a collaborare al centro nazionale negli anni Quaranta e Cinquanta, specie nel settore della comunicazione, come Valdo Fusi, Rodolfo Arata, Carlo Donat Cattin».

A conclusione del 150° anniversario di fondazione dell’Azione Cattolica (1867-29 giugno-2017) è doveroso ricordare il contributo dato dall’associazione alla Resistenza in Piemonte, come spiega il bel volume «Laici nella Chiesa, cristiani nel mondo. Per una storia dell’Ac nelle Chiese locali di Piemonte e Valle d’Aosta».

Scrive la torinese Anna Rosa Gallesio Girola, nell’articolo «I fascisti volevano che ce ne stessimo chiusi in sacrestia» («La Voce del Popolo», 19 luglio 1981): «In diocesi lo stile fu quello impresso dal cardinale Maurilio Fossati. Un assoluto distacco dal fascismo, una resistenza passiva che, pur non chiedendo a nessuno di esporsi a condanne o rappresaglie, segnò un duro termine di confronto per il regime».

Negli anni Trenta gli episodi di antifascismo sono limitati ma significativi ed è sempre più marcato il giudizio cri­tico sulle leggi razziali contro gli ebrei (1938), sull’entrata in guerra (1940), sulla disastrosa avventura in Russia (1941-43). Dopo l’armistizio (8 settembre 1943) il rifiuto del nazifascismo si diffonde. La Resistenza non è riducibile al solo aspetto militare: molti cattolici aderiscono alle bande partigiane, sostengono e aiutano chi opera in clandestinità, lavorano alla ricostruzione dei partiti, specie la Dc, e dei sindacati; si impegnano nei Cln locali; gettano le basi per le future amministrazioni. Ricorda «Laici nella Chiesa, cristiani nel mondo»: «Una pagina particolare fu scritta dai molti internati in Germania che rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò, soffrendo e morendo nei campi nazisti, cadendo nei Balcani sterminati dai tedeschi. Né vanno dimenticati i sacerdoti che morirono nella deportazione: don Piero Soffientini (Alessandria) e don Giacomo Volante. Le donne di Ac sostennero la resistenza di mariti e figli. Tante religiose hanno pregato e operato per chi era perseguitato o lottava per la libertà».

Emblematica la testimonianza della Gallesio, propagandista della Gioventù femminile, figlia di un sindacalista del Patito popolare. Collabora al quotidiano  «L’Italia» e «in redazione or­ganizza una piccola base segreta di donne cattoliche che aiutavano la Resistenza. Ci occupavamo di distribuire la stampa clandestina e gli aiuti ai perseguitati. Rappresentavo la Dc nei gruppi di difesa della donna in cui erano presenti tutte le correnti politiche. Organizzavamo la par­tecipazione alla Resistenza e l’assistenza ai carcerati alle Nuove con suor Giuseppina de Muro e il cappellano padre Ruggero Cipolla. Ricordo bene la grande opera di soccorso degli ebrei svolta dal cardinale Fossati e dal segretario mons. Vincenzo Barale. Tenemmo corsi clandestini di formazione e di pronto soccorso e mantenemmo i contatti con le parroc­chie. Senza l’organizzazione capillare della Chiesa, difficilmente saremmo riusciti a salvate tante vite umane, a mantenere i rapporti con i partigiani, a riunire i capi della bande in modo da giungere a una azione concorde. Molti sacerdoti pagarono con la vita la loro azione generosa».

Vi è poi il contributo culturale e spirituale alla Resistenza offerto da tanti dirigenti e assistenti per mantenere rapporti di amicizia con i giovani in guerra e nei campi di internamento. Questi militanti mantengono la lucidità di pensiero, sono fedeli al Vangelo e al magistero: da qui nasce l’impegno socio-politico di tanti cristiani. In ambito intellettuale vanno ricordati movimenti come la Fuci e i Laureati cattolici; tra i preti animatori don Natale Bussi ad Alba, padre Enrico di Rovasenda e don Carlo Chiavazza a Torino, don Michele Pellegrino a Fossano. Una resistenza culturale che operava già silenziosamente negli anni Trenta, confermata dal disprezzo dei fascisti e dall’ingiusta accusa di «antipatriottismo». Numerose le prepotenze e le violenze dei fascisti contro cattolici: spesso bastava la presenza della «spilla» cattolica contrapposta alla «cimice» fascista.

I giovani e le giovani di Azione Cattolica sono attivi protagonisti nelle diocesi subalpine e fanno da ponte con i dirigenti Ac della generazione precedente che avevano vissuto la breve esperienza del popolarismo e che si ritrovano nella Resistenza in Piemonte e Valle d’Aosta.
Renato Vuillermin, Gino Pistoni (per il quale è in corso la causa di beatificazione), Augusto Dacomo, Giorgio Catti sono alcuni giovani partigiani cattolici uccisi dai fascisti. Gran parte della dirigenza AC del dopoguerra – che contribuirà in modo decisivo alla Costituzione e alla ripresa democratica – passa attraverso la Resistenza. Le formazioni partigiane cattoliche non sono molte ma significative: la divisione «Patria» nel Monferrato casalese, guidata da Edoardo Martino, già presidente del circolo Giac «Domenico Savio»; la «banda del Gran Dubbione» opera nel Pinerolese raccogliendo decine di giovani guidati da Silvio Geuna; le formazioni «Val d’Orco» e «Fratelli di Dio» agiscono nella Valle d’Ossola; la «Valpesio» si muove nel Monregalese; altre formazioni agiscono in  pianura e nelle città.

Numerosi partigiani cattolici partecipano alle formazioni ­Autonomi­, Giustizia e libertà, Garibaldini, sovente per scelta non ideologica ma ter­ritoriale; molti militano  nelle divisioni delle Langhe, Alto Monferrato, Valle d’Aosta, Tori­nese, Astigiano, Cuneese, Novarese. Molto alto il numero di morti. Nel Cuneese 141 caduti dalle associazioni cattoliche, tra i quali il 17enne Marcello Spicola, presidente della Giac dell’oratorio salesiano di Cuneo; poi l’Associazione Pier Giorgio Frassati (la «Frass») guidata da Giorgio Boggia.

Nel Torinese decine di caduti, catturati, deportati e scomparsi nei lager: la medaglia d’oro Filippo Beltrame architetto novarese, Gianni Daghero, Bruno Caccia morto nel lager di Muhldorf, Mario Costa, Emilio Camosso, Carlo Cresta, Ugo Ceresero, Alfredo Serra, Nino Torretta, Giancarlo Chiarini, Carlo Pizzorno, Guido Di Costanzo. Cristiani coraggiosi, come Giorgio Catti: «Se non paghiamo oggi saremo senza credito domani. Il Vangelo è tutto qui: essere giusti, con sé e con gli altri. Ma esserlo sempre e non solo quando costa poco. “Libera nos a malo” non significa tagliare la corda nei momenti della prova».

Molti preti partecipano alla vita delle bande. Sacerdoti e vescovi svolgono una funzione decisiva nella difficile mediazione tra occupanti, popolazione e partigiani e mettono in salvo numerosi ebrei e perseguitati. Alcuni nomi: don Michele Balocco segretario di Luigi Maria Grassi vescovo di Alba; don Ambrogio Ceriani, sacerdote giuseppino che opera con i garibaldini nell’Astigiano; don Piero Giacobbo viceparroco a Bra e cappellano degli autonomi della «Mauri» nelle Langhe; don Aquilino Molino, assistente dell’AC astigiana; don Raffaele Volta, fossanese; don Sebastiano Tros­sarello parroco in Valle di Susa; don Bartolomeo Ferrari, «don Berto» cappellano della divisione ligure-piemontese «Mingo»; don Giovanni Galliano se­gretario di Giuseppe Dell’Omo, vescovo di Acqui; Gino Baracco, torinese e «aspirante» all’oratorio alla Crocetta con Carlo Carretto. I laici Ermenegildo Bertola, poi «padre costituente» vercellese; Adriano Bianchi, tortonese, me­daglia d’argento al valor militare; Sergio Cotta, comandante partigiano nel Monfer­rato; Leonardo Forgnone, sindacalista biellese; Aldo Pedussia docente universitario torinese; Carlo Donat-Cattin dirigente degli aspiranti, poi parlamentare e ministro Dc.

Straordinaria è l’esperienza della «Giac nei lager»: i dirigenti internati organizzano attività forma­tive, religiose e culturali su vari temi come nel lager di Ham­merstein con il circolo Re­nato Sclarandi. Tra gli internati ci sono: Attillo Donat Cattin (Torino), Gianni Oberto (Ivrea), Guadenzio Pisoni, Silvio Titone, don Aldo Grisa.

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