Le suore della Resistenza salvarono migliaia di persone

25 aprile/1 – C’è una categoria che ha operato molto nella Resistenza e che è totalmente ignorata: sono le religiose che hanno svolto un ruolo importante, senza mai brandire un’arma ma abbracciando carità, coraggio, resistenza civile all’oppressione e alla violenza; hanno salvato migliaia di persone nei conventi, negli ospedali, negli istituti

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C’è una categoria che ha operato molto nella Resistenza e che è totalmente ignorata, come se non fosse mai esistita. Sono le religiose che hanno svolto un ruolo importante, senza mai brandire un’arma ma abbracciando carità, coraggio, resistenza civile all’oppressione e alla violenza; hanno salvato migliaia di persone nei conventi, negli ospedali, negli istituti: ebrei, partigiani, sfollati, ricercati, sbandati, renitenti alla leva, perseguitati politici, comunisti, socialisti, democristiani. Non hanno ricevuto e non ricevono la dovuta attenzione: le suore sono abituate a non far rumore, consumano la vita in modo umile e nascosto. Alcune toccano vette di eroismo.

Dopo l’8 settembre 1943 in molte località italiane, conventi, collegi e istituti  cercano di contenere la violenza, di assistere la popolazione, di farsi carico del destino di estranei, di sfamare, nascondere e proteggere. Suor Grazia Loparco, salesiana, docente alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione (Auxilium), ha pubblicato lo studio «Gli ebrei e molti altri nascosti negli istituti religiosi a Roma», nel libro curato da Giorgio Vecchio «Le suore e la Resistenza», In dialogo, Milano, 2010. A Roma 4 mila ebrei furono salvati in 200 istituti religiosi: 33 conventi preservati dalle incursioni naziste come «siti extraterritoriali»: «La Santa Sede aveva provveduto a garantire gli stabili e poi incoraggiò ospitalità e misericordia. Ma forse l’accoglienza è cominciata senza attendere le direttive vaticane. La permanenza variò da pochi giorni a parecchi mesi (anche nove o più). Alcuni passarono da un convento all’altro». Le Benedettine di Priscilla distribuirono falsi documenti d’identità e tessere. Le suore Compassioniste di Maria accolsero 60 signore ebree con le figlie.

La partecipazione delle donne alla Resistenza prelude all’emancipazione. Scrive Giorgio Vecchio: «Nei libri di storia contemporanea, della Seconda guerra mondiale e della Resistenza le suore non esistono. Occorre recuperare «questa storia di donne religiose». Diversi i motivi della «clamorosa dimenticanza»: la convinzione che la Resistenza fosse solo un fatto militare dimenticando i «buoni samaritani», preti e suore; quella che Vecchio chiama «discriminazione storiografica verso le donne autrici di una scelta incomprensibile come quella religiosa»; la ritrosia delle suore «ammantate di modestia virtuosa». Neppure i conventi e gli istituti religiosi potevano sfuggire ai bombardamenti aerei dove persero la vita anche le suore. Il libro mostra le fantasiose modalità di partecipazione alla Resistenza prendendo il termine «nel senso più ampio, ovvero come lotta non armata o Resistenza civile». Le religiose operano nel salvataggio e nell’assistenza, nel sostegno alla Resistenza: «Scarse le testimonianze dirette. Il diario di madre Imelde è una rarità nel quale si colgono tanti aspetti importanti nell’operare delle religiose come l’azione corale svolta per la salvezza degli ebrei, il coinvolgimento con la Resistenza, l’ospitalità verso i sofferenti, la mediazione tra le parti, la salvezza ottenuta per il paese, la comprensione umana verso i nemici».

Le testimonianze compongono un mosaico a macchia di leopardo: Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Reggio Emilia, Toscana, Marche e Roma vedono la presenza attiva delle suore coinvolte nell’azione clandestina.

Lombardia. A Milano alcuni istituti sono a disposizione del comando partigiano: «Tra i casi più noti e importanti quello delle Suore della Riparazione  (Casa Nazareth) dirette da suor Rosa Chiarina Solari: in corso Magenta 79 si riuniva il comando del Corpo volontari della libertà per organizzare e gestire l’insurrezione finale». Molte suore sono incarcerate come suor Enrichetta Alfieri a San Vittore a Milano e suor Paola Nervi nel Reggiano. Importante il salvataggio anche di fascisti in fuga. Le suore infermiere negli ospedali «falsificano le cartelle cliniche, inventano malattie contagiose o temute dai tedeschi, inducono febbri altissime, nascondono i sani tra i malati di mente, simulano ferite profonde e sanguinolente», come le milanesi attive all’Ospedale Maggiore di Niguarda dove ci sono suor Teresa Scarpellini e suor Giovanna Mosna. A Como suor Augusta, suor Attilia e suor Cesana aiutano molti ebrei a riparare in Svizzera; il convalescenziario di Villa San Vincenzo «è pieno di donne e di bambini ebrei, mandati per “convalescenza” da medici amici:  li fanno passare in Svizzera». Le suore dell’asilo San Bartolomeo a Como aiutano diverse evasioni tra cui quella di Enrico Mattei».

Veneto. Suor Vincenza nell’ospedale di Noventa Vicentina, suor Severina nella Casa della Provvidenza a Vicenza, suor Carmelita Avigo a Schio e suor Mariangela Sori «sfruttarono generosità e fantasia per nascondere le persone nei modi più impensati».

Suor Enrica (Maria Angela) Alfieri – Nasce a Borgo Vercelli il 23 febbraio 1891; a 20 anni entra tra le Suore della carità di Santa Giovanna Antida con il nome Enrica. Inviata a Milano, nella sezione femminile di San Vittore, diventa un punto di riferimento e vive una testimonianza eroica sotto l’occupazione nazifascista. Si muove come un «angelo» per confortare ebrei e prigionieri politici, reclusi comuni e perseguitati dal regime fascista. Il giornalista e scrittore Indro Montanelli: «Emanava una luce di speranza; accoglieva, illuminava e riscaldava; con l’amore stemperava le rabbie, le prepotenze, le volgarità e ha portato molti alla conversione». Stabilisce contatti con i partigiani, passa informazioni e messaggi, tenta di evitare le deportazioni. La scoprono con il bigliettino di una donna ebrea: il 23 settembre 1944 «l’angelo di San Vittore» finisce dietro le sbarre e scampa la fucilazione per l’intervento del cardinale arcivescovo di Milano Ildefonso Alfredo Schuster, che scrive a Mussolini. Muore il 23 novembre 1951 ed è beatificata il 26 giugno 2011 in piazza Duomo a Milano.

Nel febbraio 1946 la sarda suor Giuseppina De Muro, superiora delle Figlie della carità di San Salvario, invia una lunga relazione al cardinale Maurilio Fossati sull’attività alle Nuove: «Dopo l’8 settembre 1943 l’opera nostra assunse un carattere di eccezione. La nostra resistenza all’oppressore, per proteggere i fratelli oppressi, inizia con l’occupazione tedesca del primo braccio delle Nuove: vi gettavano le loro prede, di cui erano gelosissimi. Ciò che avveniva là dentro era per noi un cupo e assillante mistero». Per le donne antifasciste arrestate la disciplina è durissima: sono stipate in celle anguste e fatiscenti, non godono dell’ora d’aria, non possono seguire le funzioni religiose né ricevere pacchi e denaro da casa. Le suore fanno entrare i membri della San Vincenzo.

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