Annegata, ma non affondata, dalle informazioni mediatiche che accompagnano (fortunatamente) la Fiera del Tartufo, ad Alba è stata recentemente inaugurata una mostra che le sopravviverà, in quanto continuerà fino a domenica 8 gennaio 2023.
Presso la Fondazione Ferrero (una meritevole istituzione che restituisce – anche – cultura al territorio dove l’omonima azienda dolciaria ha le radici del suo successo), si dipana un progetto espositivo dedicato all’esperienza letteraria e alla vita dello scrittore e partigiano albese Beppe Fenoglio (1922 – 1963): “ Canto le armi e l’uomo. 100 anni con Beppe Fenoglio”.
Poco prima dell’inaugurazione di questa raccolta sulle testimonianze di un poco conosciuto gigante della letteratura italiana (e non solo) del XX secolo, un po’ di visibilità sull’argomento c’era già stata, in quanto il presidente Mattarella si era recato ad Alba per commemorare Fenoglio e un altro suo importante concittadino, Michele Coppino, nel bicentenario della sua nascita (non possiamo qui parlare di lui, ma se una “certa” alfabetizzazione degli italiani ci fu, dopo l’unità della nazione, la dobbiamo proprio a lui). Eppure, nonostante tutto ciò, è possibile che l’autore de La malora e de Il partigiano Johnny sia ancora ignoto a molti.
Quindi, se se ne volessimo saperne di più, rechiamoci nel capoluogo delle Langhe, almeno per tre motivi per comprendere il valore dei suoi scritti. Innanzitutto lo faremo per capire che le Langhe non sono sempre state il territorio di conquista di turisti nord-europei che ne hanno scoperto il fascino (e il gusto dei suoi vini e dei suoi cibi) e hanno acquistato tonnellate di cascinali abbandonati, facendone un territorio “in”, invidiato in tutto il continente, come o forse di più della Borgogna, dello Champagne e dei Colli del Chianti. Così Fenoglio raccontava quelle terre: “Pioveva su tutte le langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sottoterra. Era mancato nella notte di giovedì l’altro e lo seppellimmo domenica, tra le due messe. Fortuna che il mio padrone m’aveva anticipato tre marenghi, altrimenti in tutta casa nostra non c’era di che pagare i preti e la cassa e il pranzo ai parenti. La pietra gliel’avremmo messa più avanti, quanto avessimo potuto tirare un po’ su testa”.
Poi c’è l’epopea partigiana: I ventitre giorni della città di Alba, Una questione privata, Primavera di bellezza,… leggerli per credere, non ci sono parole bastanti.
Infine dovremmo chiederci come mai, nelle brume del basso Piemonte, a cavallo dei tragici anni della seconda guerra mondiale, alcuni intellettuali fossero così attratti dalla letteratura anglo americana, tanto da tradurla e diffonderla in un paese allora (allora?) molto provinciale. Per chi si collegasse ora, stiamo parlando di Cesare Pavese e (appunto ) di Beppe Fenoglio.
Un male incurabile ci portò via troppo presto uno scrittore che aveva stampato sul viso le rughe delle sue aspre colline, scavate anche delle troppe sigarette, che fumava ansioso e compulsivo come i protagonisti dei suoi romanzi. Peccato che molti dei suoi talenti siano stati quasi tutti scoperti solo dopo la sua morte.