«Dicono i sette volontari: “Andiamo come fratelli, non da benefattori”. Inizieranno nei prossimi mesi il servizio in Burundi. Appartengono alla “Comunità strada e deserto”. Il saluto del cardinale. Una lunga maturazione e la scelta dei poveri. Tanti progetti per Nyabikere». «La Voce del Popolo» del 29 luglio 1973 informa che 7 laici torinesi partiranno per un servizio volontario in Burundi. «Capo» naturale è Mario Fornero morto a 88 anni il 25 luglio e che è giusto ricordare. Il suo è uno dei gruppi laicali torinesi che dagli anni Sessanta-Settanta del XX secolo opera in Terzo Mondo.
COMUNITÀ D’IMPEGNO STRADA E DESERTO – Il gruppo è composto da: Mario Fornero, quarantenne, falegname-modellatore alla Fiat, e sua moglie Maria, 33 anni, impiegata; coniugi Elio e Gabriella Perosino, i più giovani, entrambi 28enni, lui meccanico, lei vigilatrice d’infanzia; Mira Mondo, infermiera 35enne; Maria Ardu, 44 anni, sarta con esperienza di infermiera nel quartiere di via Artom; Carla Marchisio, 40 anni, operaia tessile a Chieri. La Comunità Strada e deserto di corso Chieri 121/6 a Torino è fondata nel 1961 da don Giuseppe Riva, parroco di Santa Giulia. Andranno. a Nyabikere nella diocesi di Gitenga su un altopiano a 1600 metri. Il Burundi, 28.834 chilometri quadrati, come Piemonte e Valle d’Aosta, è bagnato dal lago Tanganyka, uno dei più grandi; è circondato da Rwanda, Tanzania, Zaire (ex Congo Belga, oggi Repubblica Democratica del Congo). Con 3 milioni e mezzo di abitanti, è uno dei Paesi più popolosi dell’Africa: 125 abitanti per chilometro quadrato. La capitale Bujumbura ha 130 mila abitanti.
PAESE DILANIATO DA UN’ORRENDA GUERRA TRIBALE – Le distinzioni tribali sono nette e profonde: il gruppo etnico prevalente dei Bahutu (Hutu) costituisce l’85 per cento della popolazione; i Batusti (Tutsi) sono il 13 per cento; i Batwas o Pigmei il 2 per cento non sono considerati persone ma bestie e schiavi. Il Paese è dilaniato da una feroce guerra tribale con stragi compiute dai Tutsi – una minoranza che ha in mano le leve del potere, del governo, della finanza – ai danni della maggioranza Hutu: migliaia di perseguitati, braccati, massacrati; i cadaveri gettati in fosse comuni o insepolti e preda degli animali. Interi villaggi distrutti; donne e bambini abusati, seviziati e uccisi. La persecuzione mira ad annientare gli Hutu, soprattutto i maestri, i catechisti, le persone che hanno frequentato una scuola e che hanno un’istruzione.
IL SALUTO DEL CARDINALE MICHELE PELLEGRINO – I volontari torinesi in partenza conoscono la situazione. Hanno letto documentazioni e studi sull’Africa e sul Burundi. Non si nascondono le gravi difficoltà alle quali vanno incontro. Lavorano tra una popolazione composta prevalentemente da cattolici (65 per cento), animisti (30 per cento) e protestanti (5 per cento). Il cardinale arcivescovo di Torino Michele Pellegrino il 21 luglio 1973 celebra l’Eucaristia di saluto ai 7 volontari. Dice nell’omelia: «Come Maria aiuta gli uomini nelle necessità materiali, così voi andrete incontro a tante miserie fisiche nel servizio alle popolazioni bisognose. Vi invito a rinnovare il vostro spirito di fede per aiutare quei fratelli a venire alla fede. Ma, attenzione a non strumentalizzare la lede, a non fare proselitismo di cattiva lega: dare un bene materiale per ottenere una conversione. Ma è altrettanto riprovevole un disimpegno apostolico, perché Cristo manda la sua Chiesa per suscitare la fede e non saremmo cristiani se non ce ne preoccupassimo».
MARIO E I COMPAGNI MERAVIGLIATI DELLA FIAT – Quasi cinquant’anni sul settimanale diocesano intervistai i 7 protagonisti e don Riva. Mario Fornero mi confidò: «I miei compagni di lavoro in Fiat sono colpiti perché partiamo come laici, e alcuni sposati. Pensano che solo i preti, i frati e le suore vadano missionari nel Terzo Mondo. Abbiamo studiato a fondo il sottosviluppo e le sue cause per documentari e acuire la nostra sensibilità. Abbiamo anche sensibilizzato nelle fabbriche e negli uffici e abbiamo trovati compagni molto attenti. Abbiamo condotto uno studio sul volontariato per evitare di essere e fare i colonialisti; abbiamo studiato la vita e la cultura africana; abbiamo studiato il francese a Parigi e in Burundi seguiremo un corso di lingua kirundi».