Come una guerra. Peggio di una guerra. Se è lontano il ricordo dei bombardamenti che colpirono l’aeroporto militare di Caselle durante la Seconda Guerra Mondiale, appare attualissima l’emergenza che sta mettendo in ginocchio l’odierno scalo aereo, i suoi lavoratori e passeggeri, a causa della pandemia da Covid 19: un disastro che può essere tranquillamente paragonato alle ferite della guerra. Certo non ci sono le macerie da rimuovere. L’aeroporto Sandro Pertini (Turin Airport) non conta fortunatamente vittime o contagiati, grazie anche ad una efficace linea di prevenzione sanitaria messa in atto con l’istituzione di un Covid Center test, posizionato all’interno dello scalo. Ma l’annus horribilis 2020 ha segnato tremendamente e sotto ogni aspetto le vicende economiche e finanziarie dello scalo subalpino.
Voli cancellati. Nel 2020, rispetto al 2019, l’aeroporto ha dovuto registrare una contrazione di oltre 2 milioni e 500 mila passeggeri (meno 64,4%), trasportando solo 1 milione e 400 centomila persone. Questo crollo drastico si è ripercosso pesantemente sui lavoratori e su tutta la filiera dello scalo aeroportuale, che alimenta numerosi esercizi commerciali. Nell’arco del 2020, quasi il 98% dei voli da e per Caselle è stato cancellato. E attualmente i voli sono ancora ridotti ai minimi termini causa emergenza sanitaria. Con gli impianti sciistici chiusi ad oltranza, sembrano un ricordo lontano i giorni in cui i charter della neve, nel periodo invernale, atterravano a Caselle portando ogni settimana migliaia di passeggeri, con destinazione finale le montagne olimpiche.
In ginocchio è anche il settore dei taxi. Ridotto al lumicino il trasporto passeggeri su gomma da e per lo scalo, mentre quello su rotaia, la ferrovia Torino-Ceres, regge solo grazie ai residenti pendolari.
Commercio fermo. Sono chiuse o ridotte al minimo le attività della maggior parte dei negozi presenti all’interno dello scalo aereo. Una cappa silenziosa ha avvolto e continua ad avvolgere i locali commerciali, i bar e i servizi legati alla ristorazione che, in parte, erano il cuore pulsante dello scalo. I molti lavoratori in cassa integrazione guardano con ansia al futuro.
Un emblema della crisi dell’aeroporto è dal 25 gennaio la sua chiusura notturna, fatti salvi i voli d’urgenza e militari. È un fatto mai accaduto nello storia della Sagat, la società che gestisce lo scalo aeroportuale, se non ai tempi della prima guerra del Golfo. E infatti questa è una guerra. Con i suoi bollettini aggiornati quotidianamente. Con lavoratori che attendono segnali di ripresa.
Gestione d’emergenza. L’amministratore delegato di Torino Airport, Andrea Andorno, non minimizza certo quanto accaduto, ma sta mettendo in campo tutte le risorse necessarie per garantire prima di tutto la salute e la sicurezza dei lavoratori nello scalo e quella dei passeggeri. «Dopo un 2020 drammatico – spiega – anche il 2021 si prospetta come un anno molto sfidante per l’intero settore del trasporto aereo. Le attuali condizioni di diffusione della pandemia da Covid-19 ci obbligano oggi ad essere cauti rispetto a una possibile data della ripartenza dell’industria dell’aviazione e dei viaggi in generale. Quello di cui siamo certi, però, è che anche nel 2021 la priorità del Gruppo Sagat sarà dedicata a garantire la sicurezza di passeggeri e lavoratori, mettendo in atto tutte le azioni necessarie, esattamente come fatto nel corso dell’anno appena trascorso. Un’altra certezza del Gruppo Sagat è che, per il 2021 l’intento è tutelare i posti di lavoro e il ruolo di volano socio-economico che la nostra azienda riveste per il territorio circostante. L’intenzione, dunque, è quella di utilizzare ulteriormente gli strumenti di gestione della crisi previsti dal Governo, con l’obiettivo di traguardare questo momento di generale difficoltà».
I conti di Sagat. Se il bilancio sociale del gruppo Sagat nel 2019 era stato pari al 53,75 milioni di euro, a fronte di un valore economico creato pari a 74,45 milioni di euro (più 10,87 milioni di euro negli investimenti), mancano ancora le cifre del bilancio 2020. Ma l’impatto con la pandemia è stato devastante a tutti i livelli. Sagat è in prima fila a reggere lo scontro. Una società ormai totalmente privatizzata dal 2013, che si occupa della gestione e dello sviluppo dell’aeroporto di Caselle. Se un tempo la società rispondeva agli enti pubblici, che avevano quote di azionariato, come il Comune di Torino, oggi non è più così. Le pubbliche amministrazioni hanno scelto di fare un passo indietro. La politica, con le sue linee guida, non incide più minimamente nelle decisioni strategiche della società. Un modello questo, in passato, ritenuto positivo da molti, ma che continua a lasciare perplessi altri.
Il territorio. Fino a non pochi anni fa, era normale vedere i vertici della Sagat interloquire con amministratori locali e parlamentari nazionali, in un’ottica di potenziamento e valorizzazione dello scalo, che coinvolgesse tutti i rappresentati politici eletti in Piemonte. Certo il dialogo c’è anche oggi. Ma da posizioni diverse.
A livello territoriale Sagat cerca di porsi in ascolto e dialogo con le comunità locali. Un esempio per tutti è stata la scelta della società di donare generi alimentari a favore di persone in difficoltà economiche, residenti nei Comuni di San Maurizio Canavese e di San Francesco al Campo, per un totale di oltre 600 borse spesa, grazie anche alla partecipazione di Codè Crai Ovest, presente con un suo punto vendita presso lo scalo aeroportuale. Sempre Sagat ha sostenuto la didattica a distanza dell’istituto comprensivo di Caselle, fornendo dispositivi informatici agli alunni. «La responsabilità verso la comunità di riferimento è uno dei pilastri su cui si fonda l’azione dell’aeroporto di Torino – sottolinea l’amministratore delegato – il nostro ruolo di volano socioeconomico per il territorio e di azienda che fornisce servizi di utilità pubblica, implica, necessariamente, un’attenzione verso tutti».
Le aree Ata. L’aeroporto è una risorsa. I territori che lo circondando vorrebbero trarne vantaggio, come nel caso della vicenda che interessa le aree Ata: un’ampia area verde a ridosso dello scalo, interessata da massicci investimenti per la realizzazione di un parco tecnologico e commerciale. La pandemia ha ancora una volta, l’ennesima, fatto rinviare progetti e iniziative. I cantieri dell’area Ata resteranno fermi ancora fino a marzo. Il Comune di Caselle ha visto procrastinare il versamento di una cospicua rata relativa agli oneri di urbanizzazione. Il Covid come una guerra, peggio di una guerra, ha causato il rinvio di investimenti, bloccato progetti, messo in forse centinaia di posti di lavoro, cancellato attività avviate. Tutti si aspettano risposte precise ed immediate. La principale porta di ingresso della regione, a livello aeroportuale, non può essere lasciata sola a combattere questa guerra. Ancora lunga e dagli esiti imprevedibili.