Torino non è Bibbiano e gli affidamenti famigliari funzionano. E «la famiglia in prestito» per qualche mese o anche per anni, laddove mamma e papà biologici sono in difficoltà, è una soluzione che aiuta il bambino o il ragazzo a crescere. Basta con i pregiudizi e le strumentalizzazioni. È l’appello accorato lanciato domenica 6 ottobre dalla tradizionale «Festa delle famiglie affidatarie», promosso dalla Casa dell’Affidamento del Comune di Torino che ogni anno riunisce gli affidatari, le associazioni che si occupano di affido, gli operatori e i rappresentanti delle istituzioni per fare il punto sulla situazione dell’accoglienza dei minori più fragili. E per ascoltare le famiglie affidatarie per migliorare la rete dei servizi e degli interventi a favore dei bambini e dei ragazzi interessati da provvedimenti di allontanamento dai genitori biologici. Ma anche per rilanciare la campagna per cercare nuovi affidatari: attualmente, come ha illustrato Marina Merana, dirigente dell’Area politiche sociali del Comune, i minori in affidamento (famigliare e in comunità) sono 1355 di cui 219 minori stranieri non accompagnati (Msna). E se l’ideale sarebbe che nessun bambino o ragazzo avesse bisogno di una famiglia «in prestito», la realtà dei fatti, purtroppo, richiede che altre famiglie generose si mettano a disposizione ad aprire temporaneamente la propria casa e che i servizi sociali intervengano tempestivamente laddove è necessario.
E i motivi per cui un minore ha bisogno di una famiglia «stampella», ha ricordato Enzo Genco, responsabile del Servizio Minori del Comune, possono essere i più svariati: dall’abuso alla tossicodipendenza dei genitori, dalla malattia psichiatrica, alla morte di un genitore, dalla violenza domestica all’indigenza assoluta.
Al termine di ogni festa c’è sempre un momento conviviale in cui le famiglie e i ragazzi hanno la possibilità di conoscersi: momenti (molti altri sono gli incontri promossi dalla Casa dell’Affido del Comune tra cui i gruppi di sostegno per gli affidatari) fondamentali per condividere «gioie e dolori» che inevitabilmente caratterizzano la quotidianità di chi si rende disponibile all’affido, come ha sottolineato il sindaco Chiara Appendino intervenuta alla festa, «un grande gesto di generosità e di servizio alla città».
La Festa, che quest’anno si è tenuta presso il Teatro Murialdo nei locali della parrocchia Nostra Signora della Salute in Borgo Vittoria, è caduta in un clima «difficile» per l’istituto dell’affidamento – di cui peraltro Torino è stata pioniera in Italia come hanno sottolineato il vicesindaco e assessore ai Servizi Sociali Sonia Schellino e Rita Turino, garante regionale per l’Infanzia e l’adolescenza.
I fatti di Bibbiano – raccontati da alcuni media in modo fuorviante e scandalistico – hanno gettato scredito sui Servizi, sulle famiglie affidatarie che intascherebbero somme elevate in cambio del servizio di accoglienza del minore e su tutto il sistema di tutela dei minori. Senza contare – come ha evidenziato Frida Tonizzo dell’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie) a nome delle associazioni di affidatari del Tavolo del Comune di Torino appellandosi al sindaco perché si faccia portavoce presso le sedi istituzionali delle buone pratiche in atto nella nostra città per la tutela dei minori allontanati dal nucleo – che il polverone mediatico e le strumentalizzazioni politiche dei fatti di Bibbiano hanno portato alla formulazione della proposta di legge Ascari (n.2047 in discussione alla Camera redatta da Stefania Ascari, deputata M5S). «Una proposta di legge inaccettabile perché si basa sul pregiudizio che in Italia gli allontanamenti sono troppi e determinati dalla povertà delle loro famiglie, un testo che getta un clima di sospetto e che, se approvato, destabilizzerebbe sia il sistema degli affidamenti che quello delle adozioni dal momento che prevede (all’ art.4) oltre agli stati di adottabilità e agli affidamenti preadottivi la revocabilità delle adozioni già definitive» ha avvisato Frida Tonizzo raccogliendo l’amarezza di tante famiglie intervenute alla festa.
Ad alcuni politici (che sfruttano l’onda emotiva della cronaca a fini elettorali) avrebbe fatto bene partecipare alla Festa dell’affido e parlare con i minori in affido per capire che Bibbiano non è l’Italia.
«Non so cosa mi sarebbe successo se non mi avessero allontanata dalla mia famiglia» ci ha detto una ragazzina che partecipava alla festa con la mamma e il papà «in prestito». «Non volevo più vivere. Oggi mi alzo la mattina e non ho paura».