Le indagini della magistratura sono ancora in corso ma la vicenda di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia, dove si sarebbero verificati affidi illeciti manipolando alcuni minori dopo presunti abusi e in cui è coinvolta anche una onlus di Moncalieri, Hansel e Gretel sta gettando discredito su un istituto, quello dell’affidamento, che a Torino e in Piemonte ha mosso i primi passi e ha fatto scuola in tutt’Italia. Abbiamo chiesto a Frida Tonizzo, dal 1971 impegnata «dalla parte dei bambini», tra i fondatori e per lungo tempo presidente dell’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, nata a Torino nel 1962) perché è importante oggi non gettare fango sulla «genitorialità sociale», l’affido e l’adozione, tra le più altre forme di generosità e gratuità.
«Sui fatti di Bibbiano siamo addolorati, angosciati ma anche arrabbiati», esordisce Frida Tonizzo, 69 anni, assistente sociale in pensione, già madre affidataria, oggi consigliera dell’Anfaa. Dovranno essere accertate in fretta dalla magistratura le responsabilità penali e anticipo che l’Anfaa è intenzionata ad assumere tutte le iniziative, anche sul piano giudiziario, a tutela dei minori coinvolti».
Cosa vi preoccupa di più in questa vicenda?
Il futuro dei bambini e ragazzi coinvolti e le generalizzazioni inaccettabili che si stanno facendo sul piano mediatico e politico stanno travolgendo tutto e tutti con conseguenze gravi e negative, a breve e lungo termine, sui minori stessi, sugli affidatari, nonché sulle famiglie di origine in difficoltà e sul supporto che devono ricevere dai Servizi preposti.
A cosa si riferisce?
Ci sono genitori affidatari che ci segnalano un atteggiamento di sospetto e diffidenza, stanno diminuendo disponibilità all’affidamento da parte di persone che ci stavano pensando, preoccupate per quanto è successo. Inoltre sta riemergendo il pericolo di un aprioristico ritorno alla difesa incondizionata dei legami di sangue. Siamo stati sempre in prima linea (e lo siamo tuttora) ad affermare il diritto del minore a crescere nella sua famiglia che, se in difficoltà, deve essere aiutata dalle istituzioni.
Ma i bambini non sono proprietà di nessuno, neanche dei loro genitori biologici e il loro diritto a crescere in una famiglia affettivamente e educativamente adeguata va sempre tutelato: per questo l’Anfaa è sempre stata in prima linea a chiedere una legislazione che tuteli questo diritto e preveda l’affidamento familiare, come risorsa che affianca la famiglia di origine nella crescita del minorenne, quando questa famiglia – pur con i necessari aiuti – non è in grado di provvedere da sola alle sue esigenze. Lo stesso impegno l’abbiamo sostenuto nell’elaborazione e nella corretta applicazione della legislazione riguardante l’adozione come diritto del minore in stato di adottabilità ad avere una famiglia.
La scelta di prendere in affidamento un minore in difficoltà non è una passeggiata…
Vogliamo ribadire a gran voce che purtroppo i maltrattamenti e gli abusi, anche sessuali, esistono, provocano sofferenze e ferite difficilmente sanabili; riuscire a lenire i traumi dei minori è un percorso lungo e impegnativo, per loro e per le famiglie che li hanno accolti e li accolgono… E le nostre famiglie affidatarie e adottive ben lo sanno! Ridare a questi bambini e ragazzi fiducia in loro stessi e negli altri, accompagnarli nel percorso della vita, supportare i loro momenti bui, le regressioni, le esplosioni di rabbia contro se stessi e contro tutti non è facile.
I fatti di Bibbiano hanno scoperchiato lacune nella catena dei Servizi sociali…
Purtroppo il percorso verso l’affido non sempre è accompagnato da un adeguato e competente sostegno dei Servizi socio-sanitari anche se va denunciato che i tagli alla spesa sociale e alla sanità sono stati consistenti: non si può intervenire e operare bene senza adeguati finanziamenti e una corretta allocazione delle risorse. E questo chiama in causa il ruolo degli amministratori, sia a livello nazionale che regionale e locale.
Inoltre, sovente le segnalazioni dal territorio da parte dei Servizi sono tardive, i giudici minorili, a loro volta, non sempre agiscono tempestivamente: anche in Piemonte talvolta passano mesi se non anni prima che venga preso un provvedimento definitivo e non sempre è quello più appropriato.
Ritardi che rischiano di gravare sulla pelle dei minori…
Certamente. La mancata, precoce individuazione, il ritardo nella segnalazione, la scarsa tempestività dei provvedimenti da intraprendere vengono, giustamente, definiti «abusi istituzionali» che vanno, purtroppo, ad aggiungersi a quelli già subiti dai minori in famiglia.
Vorrei anche ricordare che, con l’entrata in vigore del cosiddetto «Giusto processo», i genitori e/o i parenti che hanno avuto rapporti significativi col minore e il minore stesso sono assistiti da un avvocato fin dall’inizio dei procedimenti, sia quelli riguardanti la limitazione o decadenza della responsabilità genitoriale, sia quelli per l’eventuale dichiarazione dello stato di adottabilità… Non si sottraggono quindi, come ogni tanto leggiamo, i figli a i genitori quasi a loro insaputa…
Quali sono i requisiti richiesti ai genitori affidatari?
In base alle leggi vigenti, dovrebbero essere preparati, valutati e supportati per tutta la durata dell’affidamento dai Servizi, cui compete anche il supporto alle famiglie di origine; il loro operato dovrebbe essere rendicontato ai giudici minorili competenti, anche con l’ascolto degli affidatari e, quando possibile, in base all’ età e alla situazione, dei minori accolti. Va detto però che oltre il 70% dei circa 7500 affidamenti familiari in corso in Italia sono disposti a seguito di un provvedimento del Tribunale per i minorenni, che non sempre – a nostro avviso – monitora adeguatamente gli affidamenti che, vista la complessità delle condizioni delle famiglie di origine, posso anche protrarsi per anni.
Cosa suggerite?
Andrebbero incentivati interventi preventivi dell’allontanamento dei minori dal loro nucleo (vedi ad esempio il progetto Pippi – www.minori.it/it/il-programma-pippi), aumentati gli affidamenti consensuali, realizzati d’intesa con i genitori dei bambini, promossi quelli dei più piccoli, che più di altri hanno bisogno del caldo abbraccio di una famiglia…Aggiungo anche che gli affidatari sono volontari che hanno un ruolo importante nel progetto di affidamento e non vanno considerati dai Servizi come semplici utenti. Devono essere riconosciuti come interlocutori dagli operatori dei Servizi socio-assistenziali e sanitari, dai giudici minorili e, anche attraverso i gruppi e le associazioni cui aderiscono, dai responsabili delle Istituzioni politico-amministrative del nostro Paese (dal Parlamento alle Regioni e agli Enti locali).
Nella vicenda di Bibbiano si è anche molto parlato dei compensi erogati alle famiglie affidatarie…
I compensi sono semplicemente rimborsi per le spese che le famiglie sostengono per il mantenimento dei minori e che consentono anche a famiglie non abbienti di scegliere di accogliere, rappresentando un aspetto del riconoscimento sociale del loro impegno.
La vostra associazione ha spesso invitato i media ad abbassare i toni quando si tratta di minori…
Accanto alla doverosa informazione di denuncia di fatti tragici come quelli di Bibbiano, i media raramente hanno fornito una corretta informazione sulla realtà dell’affidamento familiare, cioè quella quotidiana, impegnativa ma positiva, vissuta dai protagonisti, i minori, che nella stragrande maggioranza dei casi vengono allontanati dalla famiglia d’origine per la sua incapacità educativa, ma che continuano a incontrare, con modalità e frequenze diverse, secondo le situazioni…
Quali sono le vostre istanze per valorizzare e rilanciare l’affidamento in un momento di «scarso gradimento»?
In Piemonte abbiamo buone delibere assunte nel corso degli anni dalla Regione e dagli Enti gestori degli interventi assistenziali, anche col contributo dell’Anfaa insieme alle altre associazioni che operano in questo settore; partecipiamo insieme a Tavoli di lavoro interistituzionali, importante è anche è il confronto avviato con la Camera Minorile.
C’è ancora molto da fare, ma non siamo certo al punto zero, i dati parlano chiaro. Abbiamo avviato anche negli ultimi anni un confronto, non sempre facile, con la magistratura minorile per migliorare l’attuazione della legislazione vigente, che secondo noi non va cambiata ma ben applicata stando «dalla parte dei bambini».