Alla Via Crucis la sofferenza di Torino per la crisi del lavoro

Con l’Arcivescovo – La sera del Venerdì Santo nella tradizionale Via Crucis in centro città si è elevato il grido per le ferite aperte a Torino dove la crisi economica non cessa e continua a picchiare duramente; a commentare una delle sette stazioni un lavoratore dell’azienda “Italiaonline” che ha annunciato la chiusura della sede torinese e 248 licenziamenti. Gallery

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La Via Crucis nel centro di Torino con l'Arcivescovo il 30 marzo (foto Pellegrini)

La sera del Venerdì Santo, il 30 marzo, per le vie del centro storico cittadino nella tradizionale Via Crucis, guidata dall’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, si è elevato il grido per le ferite aperte e sanguinanti che porta Torino dove la crisi economica non cessa e continua a picchiare duramente.

Un cammino dal Santuario della Consolata alla Cattedrale, con grande partecipazione di fedeli, lungo sette stazioni corrispondenti alle ultime sette parole di Gesù sulla croce che l’Arcivescovo ha commentato nella sua Lettera quaresimale e pasquale indirizzata alla Diocesi.

A commentare la prima stazione in piazza Savoia Antonio, uno dei lavoratori di Italiaonline (ex Seat – Pagine Gialle), l’azienda che nelle scorse settimane ha annunciato la chiusura dello stabilimento torinese con il conseguente licenziamento di 248 dipendenti. È stata richiamata la sofferenza per le diverse aziende in crisi nel torinese dove spesso, come ha sottolineato mons. Nosiglia, «il profitto prevale sulla dignità delle persone». «Non è possibile continuare a decidere che i profitti del lavoro e dell’impresa siano privati, mentre le perdite e le conseguenze sociali della disoccupazione e di scelte, che derivano da esclusive ragioni di guadagno economico, non considerino i diritti e le giuste esigenze di chi lavora», aveva detto lo stesso Arcivescovo intervenendo all’assemblea dei lavoratori di Italiaonline lo scorso 12 marzo.

La Via della Croce è poi proseguita lungo via Garibaldi e piazza Castello con altre sei stazioni che hanno toccato ognuna le fragilità che nel tessuto sociale torinese richiedono accompagnamento e un lavoro di squadra costante per trovare soluzioni e dare risposte, come il cammino dell’Agorà del Sociale voluta dall’Arcivescovo testimonia: dall’accoglienza dei migranti e la loro integrazione nella società, in particolare l’attenzione nei confronti dei minori soli, il sostegno ai senza fissa dimora, le politiche nei confronti dei malati, i disabili, con tutti i nodi aperti della Sanità nell’area torinese, la situazione delle carceri e del reinserimento nella società di chi ha terminato di scontare la pena. Ed ecco le “voci” di Sergio, senza tetto sostenuto dalla Comunità di San’Egidio, Stefanie, giovane rifugiata proveniente dal Camerun, Massimo del Centro Volontari della Sofferenza, l’associazione che sostiene persone malati e disabili, e Demetrio, ex detenuto.

«Su tutto questo si apre la speranza», ha detto l’Arcivescovo nel commentare l’ultima stazione in Cattedrale, «la speranza di Cristo Risorto che diventa certezza della sconfitta di ogni nostra debolezza. La Resurrezione è trionfo dell’amore e della misericordia di Dio che è grande e infinita e si china su ciascuno di noi, specialmente nelle situazioni di sofferenza che attraversiamo. Dio non cessa di essere per noi padre, salvatore e amico».

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