Alle origini della Costituzione italiana

75 anni di Repubblica – Il valore della Costituzione nell’Italia repubblicana deriva dai contenuti e dal fatto che in essa si riconoscono persone e ideologie molto diverse, talora contrastanti

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Il valore della Costituzione nell’Italia repubblicana, nata 75 anni fa, deriva dai contenuti e dal fatto che in essa si riconoscono persone e ideologie molto diverse, talora contrastanti.

Dopo la Seconda guerra mondiale l’Italia torna alla normalità. La gente riacquista fiducia. Si riattivano fabbriche, officine, servizi. Si rimettono in sesto le città; si riparano le case e si costruiscono nuovi quartieri. Il 9 maggio 1946 Vittorio Emanuele III abdica a favore del figlio Umberto II, tentando di influenzare il referendum del 2 giugno: 12.717.923 (54,3%) per la Repubblica, 10.719.284 (45,7%) per la Monarchia. Per la prima volta votano le donne. Il Piemonte, terra dei Savoia e della Resistenza, mantiene un sostanziale equilibrio. Torino, come Milano, sceglie in larga misura la Repubblica: 61,45 per cento contro 38,55 su 1,3 milioni di elettori, esclusi 550 fascisti radiati dalle liste, 1.300 detenuti e 350 donne «che abitano in case con le persiane sempre chiuse». L’elettorato castiga la monarchia, screditata per l’appoggio a Mussolini, alle leggi razziali e per aver trascinato l’Italia in una guerra alla quale era assolutamente impreparata. Tramonta una dinastia durata quasi mille anni.

Gli italiani eleggono all’Assemblea costituente 556 «padri» di 20 partiti (a Torino 10): Democrazia cristiana 35,2%, socialisti 20%, comunisti 19%8. Il 28 giugno 1946 Enrico De Nicola è eletto presidente provvisorio. Il torinese Giuseppe Saragat il 9 gennaio 1947 fonda il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, dal 1951 Partito Socialista Democratico Italiano. Dagli americani, Alcide De Gasperi ottiene consistenti aiuti e il 2 febbraio 1947 esclude i social-comunisti dai ministeri chiave in prospettiva filo-occidentale. La politica economica, tracciata da Luigi Einaudi, segue un orientamento liberista. L’assemblea costituente il 22 dicembre 1947 approva la Carta repubblicana, democratica e antifascista, che garantisce ai cittadini i diritti civili, politici e sociali su un sistema parlamentare bicamerale. Pio XII vorrebbe uno Stato confessionale cattolico ma De Gasperi è contrario all’inserimento nella Carta del Cattolicesimo come religione di Stato. La Costituzione recepisce i Patti Lateranensi del 1929. Nella notte del 25 marzo 1947 con 350 voti favorevoli e 149 contrari è approvato l’articolo 7: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti non richiedono revisione costituzionale».

La Costituzione e le polemiche sulla razza. La Costituente inizia i lavori un anno dopo la primavera 1945 che aveva segnato la fine della guerra con la sconfitta delle ideologie razziste e totalitarie di Adolf Hitler e di Benito Mussolini. Gli ultimi prigionieri di Auschwitz – i pochi scampati allo sterminio – erano stati liberati il 27 gennaio 1945, data scelta per il «giorno della memoria». In nome della purezza della razza, milioni di esseri umani erano stati bruciati nei forni crematori o erano morti di angherie e stenti. Per questo l’articolo 3 della Costituzione dice che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge «senza distinzione di razza». Un politico bislacco dice di voler difendere la razza bianca contro l’invasione dei neri ma dimentica che in Italia i circa 5 milioni di immigrati appartengono a 198 nazionalità e sostiene che parlare di «razze» è assolutamente legittimo, visto che la Costituzione contiene la parola. Dalla sponda opposta propongono di cancellare la parola «razza» perché – si dice – le razze non esistono. Una grande confusione.

La Carta non legittima ma condanna i pregiudizi razziali. Forse le razze non esistono ma è esistono i pregiudizi razziali ed è questo che i costituenti condannano. Mentre i costituenti si riunivano, quelle ferite erano ancora aperte. Questa è la chiave di lettura della Costituzione nella quale c’è molto di più che il rifiuto del razzismo, del totalitarismo e del nazionalismo, le ideologie che avevano scatenato l’orrore della Seconda guerra mondiale. C’è il progetto di società libera e solidale, dove l’uguaglianza, proclamata sul piano formale, tende a diventare effettiva. Le Costituzioni nate dalle rivoluzioni illuministiche, americana e francese, del Sette-Ottocento garantivano le libertà formali e proclamavano l’uguaglianza davanti alla legge, ma le condizioni economiche, sociali e culturali della popolazione impedivano di fatto di esercitare quei diritti. Fino al 1950 chi nasceva in una famiglia contadina era destinato a fare il contadino, senza possibilità di scelta. Solo alla fine del 1962 il Parlamento – con la dura opposizione dei comunisti – approva la scuola media unica e obbligatoria che apre le porte all’effettiva e vera uguaglianza.

Compito della Repubblica è rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona. La Carta affida alla società un compito oneroso: promuovere lo sviluppo di ciascuno oltre i limiti imposti dall’ambiente. La Costituzione specifica i diritti: lavoro, retribuzione adeguata, salute, istruzione; protezione dei deboli, degli svantaggiati, delle famiglie in difficoltà. I diritti dei singoli appartengono anche alle formazioni sociali spontanee: famiglie, associazioni, chiese: insomma l’individuo non è solo di fronte allo Stato e lo Stato non è tutto. E lo Stato italiano si inquadra nello «stato sociale», modello adottato dalla maggior parte dei Paesi dell’Europa occidentale, che garantisce benessere, mantiene la libertà dell’iniziativa economica e la proprietà privata dei mezzi di produzione – in questo si differenzia dal modello marxiano – operando una ridistribuzione della ricchezza: chi ha maggiori redditi paga più tasse. I costituenti realizzano una sintesi fra le principali linee politiche: cattolica, liberale, socialista. Le posizioni dei comunisti si identificano con quelle dei socialisti.

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