“Allontanamento 0”, i minori continuino ad essere al centro!

Convegno – A quasi tre mesi dall’entrata in vigore, dopo tre anni di accese discussioni, della controversa legge regionale Allontanamento zero», martedì 11 gennaio si è fatto il punto su luci ed ombre della sua applicazione. Parla Luciano Tosco, della segreteria del Comitato “Zero allontanamento zero”, già dirigente dei Servizi sociali del Comune di Torino

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A quasi tre mesi dall’entrata in vigore, dopo tre anni di accese discussioni, della controversa legge regionale 28 ottobre 2022 n. 17 «Allontanamento zero», martedì 11 gennaio si è fatto il punto su criticità e possibili esiti nella sua applicazione. L’affollata assemblea, nel Salone Cgil in via Pedrotti a Torino è stata promossa dal «Comitato Zero allontanamento zero» a cui aderiscono tutte le parti sociali che fin dall’inizio dell’iter legislativo hanno motivato le perplessità sulla norma, ampliamente illustrata dalle colonne di questo giornale. Con l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Torino, Jacopo Rosatelli sono intervenuti operatori ed esperti della tutela dei minori, tra cui Antonio Attinà, presidente dell’Ordine degli Assistenti sociali del Piemonte, Paola Ricchiardi, docente di Pedagogia sperimentale nell’Ateneo torinese e Frida Tonizzo presidente dell’Anfaa, Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie.

A Luciano Tosco, componente della Segreteria del Comitato, abbiamo chiesto alcune considerazioni e valutazioni sulla legge e relativi possibili esiti, anche in considerazione della sua quarantennale esperienza nell’ambito minorile, inizialmente come educatore presso la Provincia di Torino, funzionario e poi dirigente presso il Comune di Torino nei Servizi sociali ed educativi. «Purtroppo, nata sull’onda dei fatti di Bibbiano, questa legge rischia di essere assunta come modello non solo da altre Regioni, ma anche a livello nazionale» evidenzia Tosco «diffondendo così un clima delegittimatorio e intimidatorio nei confronti dei servizi sociali che ‘portano via i bambini dai genitori’, capovolgendo così – come si è più volte sottolineato al convegno – l’attuale modello di protezione e tutela dalla centralità del bambino e del suo ‘superiore interesse’ alla centralità e interesse dei genitori con i quali per ‘diritto naturale’ coinciderebbero quelli del figlio minorenne».

Tosco sottolinea come nelle politiche regionali per i minori due terzi della attuale legislatura siano stati occupati dal tema «Allontanamento zero», certo importante ma non prioritario «se consideriamo che nel 2021 in Piemonte i minori allontanati dalle famiglie di origine risultano lo 0,24% (al di sotto della media nazionale pari allo 0,27%, in Europa 0,67% e Usa lo 1,40%)». L’allontanamento dei minori è invece un fenomeno effetto e non causa di altri ben più gravi e diffusi quali «le povertà educative e le fragilità/vulnerabilità genitoriali che ne sono uno dei fattori, di cui questa legge non si occupa e ben poco, se non nulla, fanno le attuali politiche sociali regionali, così come per i minori stranieri non accompagnati e di terza generazione» aggiunge Tosco.

Per questa legge – che ha preso spunto da Bibbiano come occasione per cambiare in modo «ideologico», considerando solo i legami di sangue, e «divisivo» (compromettendo la fiducia nei confronti delle istituzioni come i servizi sociali) un modello di politica di tutela dei minori – secondo Tosco si diffonde erroneamente anche la convinzione che gli allontanamenti dei minori in comunità o presso le famiglie affidatarie siano dovuti soprattutto per l’indigenza delle famiglie. «In tutta la mia lunga esperienza professionale in questo campo posso affermare ed è documentato dai dati regionali che in Piemonte non è mai stato allontanato un minore per motivi di difficoltà economica della famiglia ma piuttosto per gravi trascuratezze e/o comportamenti genitoriali che risultano di pregiudizio per lo sviluppo del minore. Inoltre la norma che, in caso di inadeguatezza genitoriale, prevede che l’affidamento del minore possa essere effettuato presso parenti fino al IV grado sulla base di fatto della sola disponibilità, senza alcun altro criterio valutativo, non solo tradisce il carattere ‘adultocentrico’ e ‘familistico’ della legge, ma anche e soprattutto risulta pregiudizievole per il minore in situazioni di contesti parentali (nonni, zii ecc.) già problematici e tuttora difficili che rischiano di riprodurre le dinamiche di inadeguatezza genitoriale a crescere un minore».

Pur considerando, poi, la verificata disponibilità dei nonni all’accoglienza, che di fatto risultano i principali parenti affidatari, occorre considerare la loro età e la conseguente fragilità, fatica e possibilità nel tempo all’accoglienza, valutando opportunità, tempi e modalità del progetto di inserimento. «Anche se l’affidamento a parenti nella nostra Regione è in crescita e quasi uguale percentualmente a quello a terzi, essenziale e almeno di pari rilevanza» prosegue Tosco «risulta il ruolo e l’apporto dell’affidamento eterofamiliare che invece la legge pone in subordine, delegittimandone ruolo e funzioni. Vergognoso è il sospetto che gli affidatari accolgano per lucro, mentre con questa legge si monetizza la genitorialità prevedendo soldi alle famiglie come forma di prevenzione all’allontanamento. Gli affidatari non genitori non accolgono certo per denaro dal momento che i contributi previsti servono a malapena a coprire le spese vive per il mantenimento del minore».

Il convegno, nonostante le ombre pesanti che permangono sulla legge – compresa l’assenza di nuovi finanziamenti per l’attuazione e una complicata e ambigua previsione di osservatorio sui minori, limitato peraltro ai soli allontanamenti – si è concluso con l’impegno delle parti sociali a vigilare nell’interesse dei bambini che la norma non crei ulteriori danni nei minori più fragili e, dove possibile, nelle linee guida e nel piano triennale per i minori previsti dalla legge, introdurre qualche rimedio.

«Teniamo presente» conclude Tosco «che i primi effetti della legge sono una minore disponibilità di famiglie all’affido perché si sentono svalutate e che i sempre maggiori problemi sociali porteranno alla necessità e richiesta da parte delle stesse famiglie e dei minori ad accoglienze temporanee in affidamento o in comunità. Richieste che già esistono e non possono né potranno cadere nel vuoto e che devono far riflettere chi ha voluto questa legge – aprendosi ai correttivi necessari tenendo presente l’esperienza di chi ha lavorato e lavora sul campo dalla parte dei minori».

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