Dopo tre anni di accese discussioni è stato approvato a maggioranza martedì 25 ottobre dal Consiglio regionale del Piemonte il ddl «Allontanamento zero», la legge voluta dall’assessore alle Politiche della Famiglia Chiara Caucino che, sull’onda dei fatti di Bibbiano intende promuovere «Interventi a sostegno della genitorialità e norme per la prevenzione degli allontanamenti» (cfr. La Voce e il Tempo 16 ottobre 2022, pag.1).
Aspre le reazioni di associazioni e parti sociali che in questi anni si sono battuti per sostenere l’affido proprio a sostegno dei bambini e degli interventi dei servizi sociali che operano per la loro tutela quando si è di fronte a famiglie (quando ci sono) fragili se non nocive per i minori. «Questa legge sposta l’ottica dalla tutela dei diritti dei bambini a quella dei diritti dei genitori/parenti, sottovalutando le conseguenze sui bambini stessi degli abusi e maltrattamenti, non risolvibili con sostegni economico/sociali nella famiglia di origine» commenta Frida Tonizzo Tra i primi a reagire l’Anfaa, Associazione nazionale famiglie adottive. «Come associazione di famiglie accoglienti ripetiamo che l’affidamento va considerato e utilizzato anzitutto come intervento di aiuto al bambino e alla sua famiglia per rinsaldare e migliorare per quanto possibile i legami del bambino stesso con i suoi famigliari. Le ormai numerose storie di affidati diventati adulti ci confermano che si può crescere con due famiglie e diventare cittadini attivi, positivamente inseriti nella società».
Le fa eco Joëlle Long, docente Diritto privato e di Diritto di famiglia dell’Università di Torino che sottolinea con questa legge «Si impongono nuovi compiti ai servizi sociali (penso al cosiddetto Pef, piano educativo familiare) ma non si attribuiscono loro nuove risorse, anzi ne vengono tolte poiché si stabilisce per legge che una somma predeterminata sia vincolata alle azioni di prevenzione dell’allontanamento. Nell’ambito di tali azioni, peraltro, è attribuito un peso preponderante al sostegno economico alle famiglie di origine, nell’evidente convinzione che i bambini vengano allontanati anzitutto in ragione delle condizioni di indigenza dei genitori».