Il messaggio è semplice e chiaro, pur nella sua drammaticità: o si interviene in fretta sulle cause dei cambiamenti climatici causati dall’umanità o sarà troppo tardi. Lo affermano, una volta di più, gli scienziati nell’ultimo rapporto sul riscaldamento globale, diffuso il 20 marzo, elaborato dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) dell’Onu, il principale organismo scientifico internazionale che si occupa del tema, frutto del lavoro di centinaia di esperti provenienti da 195 Paesi. Si tratta della sintesi più importante dell’enorme quantità di dati e ricerche prodotte fino a ora, nonché di un grido d’allarme.
In occasione della presentazione il presidente dell’Ipcc ha dichiarato: «L’integrazione di un’azione climatica efficace ed equa non solo ridurrà le perdite e i danni per la natura e le persone, ma fornirà anche benefici più ampi». Per poi aggiungere: «Questo rapporto di sintesi sottolinea l’urgenza di intraprendere azioni più ambiziose e dimostra che, se agiamo ora, possiamo ancora garantire un futuro sostenibile e vivibile per tutti». Ecco il senso profondo del lavoro di ricerca su questo terreno: agire perché vi sia un futuro, in quanto di tempo non ne è rimasto molto.
La nuova sintesi, come per i precedenti rapporti, è alquanto esplicita: senza azioni rapide i danni causati dalle attività umane saranno per la massima parte irreversibili e avranno enormi conseguenze. Quindi le scelte dei prossimi anni saranno decisive. Le azioni intraprese finora sono insufficienti, la sfida di contenere il riscaldamento del globo entro 1,5° C nel 2030 è sempre più complessa, poiché le emissioni di gas serra sono in continuo aumento. Dalla rivoluzione industriale l’utilizzo dei combustibili fossili insieme allo sfruttamento del suolo e a un uso iniquo e insostenibile dell’energia hanno portato un risaldamento globale di 1,1° rispetto alle epoche precedenti. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, in particolare per quanto riguarda il clima, con gravi ripercussioni sulle persone e sulla natura in ogni angolo del mondo. Ogni ulteriore aumento non farà che peggiorare ancor più le cose.
Il messaggio sintetico che l’Ipcc ha desiderato trasmettere con il suo rapporto, e la soluzione proposta, è lo «sviluppo resiliente al clima», uno sviluppo sostenibile per il pianeta e per chi lo abita.
La giustizia climatica
Un elemento significativo, ancorché paradossale, sono le maggiori ripercussioni patite da chi ha contribuito meno al cambiamento climatico rispetto alle aree del mondo più responsabili del fenomeno. Aditi Mukherji, uno degli autori del rapporto, ha affermato: «Quasi la metà della popolazione mondiale vive in regioni altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Nell’ultimo decennio, i decessi per inondazioni, siccità e tempeste sono stati 15 volte superiori nelle regioni altamente vulnerabili».
Le conseguenze
Il rapporto fa emergere gli effetti dell’attuale situazione, cioè i danni causati dai cambiamenti climatici: la frequenza senza precedenti di eventi metereologici estremi, l’innalzamento del livello degli oceani e dei mari con la conseguente sparizione di terre abitate, la diffusione di malattie legate all’inquinamento, il calo della produttività agricola causato da prolungata siccità o da piogge troppo abbondanti, la diminuzione dei pesci. Tali esiti sono risultati superiori rispetto a quelli previsti dagli scienziati nelle attuali condizioni del pianeta: ci siamo dimostrati molto più indifesi. Secondo l’Ipcc più di tre miliardi di persone vivono in aree «altamente vulnerabili» e metà della popolazione mondiale soffre di scarsità d’acqua almeno in una parte dell’anno e in molte aree si è arrivati al limite dell’adattamento ai gravi cambiamenti, spingendo sempre più ad abbandonare le zone maggiormente a rischio.
E la politica…
I decisori politici possono molto, ma davvero poco hanno fatto. Il rapporto Ipcc non è solo un documento scientifico, possiede un contenuto politico di indirizzo, anche perché è stato approvato dai delegati di tutti i 195 Paesi. È quindi un importante stimolo e strumento di lavoro, in quanto riassume e rende con un linguaggio accessibile gli studi sulle cause e le conseguenze dell’aumento della temperatura media causato dalle attività umane, indicando le soluzioni. Le scelte nella direzione della sostenibilità ambientale, che si lega strettamente con quella sociale, possono coprire un vasto ambito di settori. Proviamo a elencarne qualcuno. Le foreste, i boschi e le aree verdi, i polmoni della terra, vanno salvaguardati e potenziati; gli oceani, che contribuiscono anch’essi ad assorbire anidride carbonica sono da proteggere; le politiche e gli investimenti pubblici devono spingere a ridurre il consumo di energia e a produrne in modo ecologico investendo in fonti rinnovabili, come pure devono favorire i mezzi di trasporto sostenibili; sono indispensabili misure per ridurre l’utilizzo delle plastiche e incoraggiare l’uso di imballaggi in materiali riutilizzabili; lo smaltimento dei rifiuti va realizzato in modo corretto; sono da sostenere un’agricoltura e un allevamento meno impattanti, insieme a un’educazione verso una corretta alimentazione.
Certo, per procedere in tale direzione sono indispensabili volontà politica e investimenti. È quindi necessario che siano operate delle scelte conseguenti, spostando risorse, pensiamo alla crescita delle spese militari, coinvolgendo negli sforzi il mondo produttivo e finanziario. La considerazione fondamentale è che tale impegno economico è da ritenere un investimento, non solo un costo, poiché il denaro speso oggi eviterà di sborsarne in futuro molto di più. Un esempio semplice è il dissesto geologico: la prevenzione ha un prezzo inferiore rispetto alla cura. Per non parlare della salute delle persone: i benefici economici per la sanità derivanti dal solo miglioramento della qualità dell’aria sarebbero addirittura maggiori dei costi per ridurre o evitare le emissioni.
Il mondo deve impegnarsi
Il lavoro per un futuro migliore è indispensabile diventi un fatto globale. A tale scopo l’Onu sta presentando un piano per incrementare gli sforzi attraverso un’Agenda di accelerazione, rivolta ai leader politici, perché i Paesi sviluppati si impegnino a raggiungere le emissioni zero il più possibile nelle vicinanze del 2040 e quelli in via di sviluppo nel 2050. È importante precisare che la «neutralità carbonica» non significa solo smettere di produrre gas serra, ma rimuovere quantità di CO2 dell’atmosfera. Il segretario generale dell’Onu ha proposto al G20 un Patto di solidarietà per il clima volto a un maggiore impegno per la riduzione delle emissioni, a mobilitare risorse finanziarie e tecniche per sostenere le economie emergenti in tale direzione.
Quali comportamenti personali
Tutti siamo chiamati a impegnarci per affrontare il problema. Ciascuna persona, in particolare nelle aree più responsabili dell’inquinamento, può fare la sua parte, con un po’ di impegno e piccoli gesti quotidiani. Ci sono infatti delle pratiche utili in tal senso. Risparmiare energia riducendo i consumi ed eliminando il più possibile gli sprechi; utilizzare il più possibile mezzi di trasporto meno impattanti, superando un po’ di pigrizia; nutrirsi in modo sano e sostenibile con una dieta bilanciata, legata alle stagioni e senza sprechi; ridurre i rifiuti prodotti e differenziandoli. È poi importante modificare il rapporto con le cose, comprando di meno, riutilizzando e non cadendo nel tranello del consumismo sfrenato, ad esempio riducendo il ricambio degli apparecchi tecnologici; è possibile anche optare su forme sostenibili negli investimenti che le famiglie adottano, scegliendo quelli etici, come pure acquistando prodotti più ecologici e fatti per durare. Genitori, insegnati e gli altri adulti che sono in contatto con i giovani dovrebbero essere particolarmente attenti a un’educazione a comportamenti sostenibili, abituando fin dalla più tenera età a pensare e praticare in quel modo. Infine, come cittadini elettrici ed elettori possiamo premiare chi dimostra di impegnarsi per migliorare la situazione.
Oramai chiaro che con l’emergenza dell’ambiente, è diventata sempre più evidente la necessità di cambiare i nostri stili di consumo. Per comportarci in maniera più sostenibile, possiamo passare da modelli di consumo lineare (fare – usare – smaltire) a modelli di consumo circolare (fare – usare – differenziare – riciclare), in cui si dà priorità al riutilizzo dei prodotti e dei rifiuti. Come dite voi c’è bisogno di fare piccoli gesti quotidiani che, per quanto semplici e basilari, hanno un grande impatto sull’ambiente e sul risparmio economico sensibilizzando le persone verso le tematiche ambientali.