Asia Bibi, parla la famiglia: “viviamo nella paura”

Pakistan – È il messaggio lanciato dal marito della donna cristiana assolta dalla condanna a morte per blasfemia e che adesso rischia la vita per le minacce dei fondamentalismi scesi in piazza per denunciare il tradimento alla Sharia

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Il caso di Asia Bibi ha occupato per anni le cronache in tutto il mondo e finalmente il 31 ottobre, alle ore 9,20 del mattino, ora locale in Pakistan, è stato ufficializzata la sua assoluzione con un verdetto emesso dalla Corte Suprema. È rimasta in carcere 3.421 giorni.  

«Non vedo l’ora di riabbracciare mia madre. Finalmente le nostre preghiere sono state ascoltate!», ha commentato con grande commozione Eisham Ashiq, la figlia minore di Asia Bibi. Il marito Ashiq Masih ha aggiunto: «È la notizia più bella che potessimo ricevere. È stato difficilissimo in questi anni stare lontano da mia moglie e saperla in quelle terribili condizioni. Ora finalmente la nostra famiglia si riunirà, anche se purtroppo dubito che potremo rimanere in Pakistan».

Un breve riepilogo sui fatti di circa 9 anni fa: Aasiyah Naurīn Bibi, nata nel 1971, è una contadina cattolica, sposata e madre di 5 figli, che lavora a giornata quando il 14 giugno del 2009 viene coinvolta in una conversazione con alcune sue compagne musulmane. Qualche giorno dopo, il 19, viene accusata dalle compagne di aver offeso Maometto nella discussione sul lavoro e subito arrestata. Incarcerata, picchiata, stuprata, viene tenuta segregata per circa un anno fino a quando l’11 novembre 2010 il giudice Naveed Iqbal, emette la sentenza di condanna a morte secondo le vigenti leggi pakistane contro la «blasfemia».

Subito la famiglia cerca di salvarla facendo ricorso all’Alta Corte di Lahore ed inizia il tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale in suo favore.

Per comprendere il caso occorre fare un passo indietro sulla situazione pakistana.

Il Pakistan, o più esattamente la Repubblica Islamica del Pakistan, è una repubblica parlamentare di stampo federale. È tecnicamente uno Stato religioso, nato come secessione dalla Grande India, all’epoca dominio britannico in cui convivevano con difficoltà musulmani e indù. La richiesta, presentata nel 1940 dal Movimento panislamico indiano (guidato alla fine degli anni Trenta da Mohhamad Ali Jinnah), ottiene soddisfazione  nel 1947 con la nascita del Pakistan, ampio territorio composto da una zona ad ovest, al confine con l’Afghanistan, e una zona ad est resasi poi autonoma nel 1971 con l’attuale nome di Bangladesh.

La prima costituzione del Pakistan indipendente risale al 1956, rivista e aggiornata nel 1973, dopo la secessione del Bangladesh, e ancora nel 1988. Con l’ultima riforma il Pakistan è diventato una Repubblica presidenziale.

Nel 2004 è stato istituito anche un Consiglio di sicurezza, dotato di un forte potere di controllo.  L’ordinamento giuridico pakistano si basa sulla Common law britannica, ma dal 1998 un emendamento costituzionale ha reso legge fondamentale dello Stato la legge islamica (la shari‘a) unitamente alla tradizione islamica (la sunna). La giustizia è amministrata dalla Corte Suprema, i cui giudici sono nominati dal Presidente e dalla Corte della Shari‘a.

Il Pakistan, uno degli stati più popolosi al mondo, ha una percentuale di musulmani che sfiora il 97% della popolazione. Il resto è composto da indù, cristiani e altre piccole comunità religiose.

La maggioranza dei pakistani segue la scuola sunnita hanafita, ma una percentuale significativa segue la scuola hanbalita molto più rigida. Soprattutto dopo la guerra in Afghanistan l’hanbalismo ha assunto toni più aggressivi e, controllando alcune istituzioni fondamentali dello Stato, è riuscito ad imporre un uso sempre più stretto delle norme islamiche nella vita quotidiana.

Nonostante la legge riconosca la libertà di professare religioni diverse dall’islam, è assolutamente vietata la critica o la disapprovazione pubblica nei confronti  dell’islam o di Maometto, atti riconducibili al reato di blasfemia, punibile con la pena di morte.

Fin dall’inizio della drammatica vicenda di Asia Bibi, la Fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che Soffre ha lanciato campagne di sensibilizzazione e di preghiera non solo per la giovane madre ma per tutte le forme di discriminazione o persecuzione religiosa. Particolarmente significativa è stata la campagna che ha portato a illuminare di rosso (colore del sangue versato dai martiri cristiani a noi contemporanei) molti e significativi monumenti: dalla Fontana di Trevi al Colosseo a Roma, da Montmartre a Parigi al Parlamento di Londra, dalla cattedrale di Manila al Canal Grande di Venezia che tingerà color sangue le sue acque il prossimo 20 novembre.

La giovane contadina ha dimostrato in questi 9 anni di detenzione una straordinaria forza d’animo ed una fede incrollabile. Dopo essere stata condannata a morte, riceve in carcere la visita del giudice Naveed Iqbal che le assicura la liberazione a fronte di una sua apostasia dal cristianesimo e successiva conversione all’islam. «Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta», ha raccontato Asia Bibi, «ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. Sono stata condannata perché cristiana, credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per lui… Gesù Cristo è morto sulla croce per i peccati dell’umanità. Che cosa ha fatto il vostro profeta Maometto per salvare gli uomini?».

La coraggiosa donna ha più volte fatto sapere di aver perdonato chi l’ha denunciata e di aver tratto molto conforto dal sapere che tanta gente in tutto il mondo pregava per lei. Chiusa in una cella piccola e priva di luce, ha superato i momenti più duri attaccandosi alla preghiera. La sua eroica resistenza alle pressioni di conversione hanno ricevuto il sostegno e la preghiera prima di Papa Benedetto XVI poi di Papa Francesco, che ha incontrato in Vaticano i suoi familiari e le ha mandato in dono un rosario, ricevuto con grande commozione dalla prigioniera.

Ora che Asia Bibi è stata prosciolta dalle accuse i pericoli non sono diminuiti, anzi forse è ancora più a rischio di morte adesso che prima. I gruppi fondamentalisti pakistani sono già scesi in piazza gridando allo scandalo e al tradimento della shari‘a, minacciando di morte i giudici che l’hanno assolta. Il capo del collegio di difesa di Asia Bibi, l’avvocato Saif ul-Malook ha dichiarato: «Abbiamo molta paura di quanto potrà succedere. In questo Paese ci sono molti fondamentalisti… Io e la mia famiglia siamo in grave rischio specie perché per i fondamentalisti io sono un musulmano che difende una cristiana che ha commesso blasfemia».

La stessa famiglia di Asia corre seri pericoli e le autorità pakistane stesse hanno allertato le forze dell’ordine temendo disordini e massacri anticristiani.

In effetti casi analoghi si sono registrati in passato quando cristiani vennero massacrati per generica vendetta nel 2009 a Gojra dopo che si era diffusa la falsa notizia che durante un matrimonio cristiano sarebbero state strappate pagine del Corano oppure a Joseph Colony nel 2013 quando un giovane cristiano era stato denunciato per blasfemia dal suo barbiere.

I timori dell’avvocato difensore sono più che giustificati visti i precedenti di ‘morti illustri’ se così si possono chiamare Salmaan Taseerm governatore del Punjab, ucciso da una sua guardia del corpo il 4 gennaio 2011 dopo che era andato a far visita in carcere ad Asia Bibi e si era battuto contro la legge sulla blasfemia, oppure il cattolico Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze religiose anche lui ucciso nel 2011 per averla difesa in Parlamento. Uno dei suoi avvocati, il cristiano Sardar Mushtaq Gill, il 9 luglio 2017 ha lasciato la sua difesa dopo una raffica di intimidazioni e il sequestro della famiglia.

Ora che è stata scagionata si attende la scarcerazione e forse potrà vedere realizzata la preghiera da lei composta in carcere:

«Signore risorto, permetti a tua figlia Asia di risorgere con te. Spezza le mie catene, fa’ che il mio cuore sia libero e possa oltrepassare queste sbarre, e accompagna la mia anima perché sia vicina a chi mi è caro e rimanga sempre accanto a te. Non abbandonarmi nel momento del bisogno, non privarmi della tua presenza. Tu che hai subito la tortura e la croce, allevia la mia sofferenza. Tienimi accanto a te, Signore Gesù. Nel giorno della tua Risurrezione, Gesù, voglio pregare per i miei nemici, per chi mi ha fatto del male. Prego per loro e ti supplico di perdonarli per il male che mi hanno fatto. Signore, ti chiedo di rimuovere ogni ostacolo perché possa ottenere la benedizione della libertà. Ti chiedo di proteggere me e la mia famiglia».

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