Una mattinata «densa», una mattinata per cogliere l’importanza della formazione degli adulti e per vivere in profondità e con responsabilità la realtà – auspicata da Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium – dell’essere «discepolimissionari». Questa la prima sessione della assemblea diocesana che si è tenuta sabato 24 maggio al Santo Volto. In un centro congressi gremito di persone di ogni età si sono succedute le parole dell’Arcivescovo, che ha spiegato la scelta del tema e ha ripercorso il cammino delle ultime assemblee, quelle di fratel Giorgio Allegri di Montecroce, quelle dell’economista Leonardo Becchetti, e della teologa Marinella Perroni. Relazioni molto diverse tra loro, ma con un duplice filo rosso: da un lato la capacità di provocare (come testimoniato dai tanti momenti di confronto spontanei che si sono avviati nell’intervallo e al termine della mattinata), dall’altro la valorizzazione di una formazione che si radica nel ragionamento, nella consapevolezza, nell’assunzione di responsabilità in una società che cambia.
«C’è oggi una sottile tentazione», ha evidenziato mons. Nosiglia «che serpeggia anche tra gli stessi ministri ordinati, secondo cui basta invitare e promuovere la testimonianza di fede e l’organizzazione di attività od eventi che facciano incontrare la gente, per offrire agli adulti un’immediata formazione cristiana. In realtà, senza lo sforzo dell’intelligenza della fede, mediante un costante approfondimento dei suoi contenuti, la fede dell’adulto resta debole e insufficiente a orientare e sostenere la scelta di una vita cristiana, oltre a non corroborare poi il coraggio e le basi fondamentali per rendere ragione del proprio credere e operare da cristiani nel mondo».
Un mondo in cui il cristiano si forma e vive ma senza mai dimenticare «che tutto parte da Gesù». «È lui che chiama, che genera all’amore» ha sottolineato fratel Allegri. Una missione che «ciascuno porta avanti con il proprio nome», che implica sensibilità, attenzioni, idee differenti ma con la stessa origine e lo stesso fine.
Un mondo dove il cristiano si forma attuando e per attuare scelte consapevoli, dove anche l’economia e il bene comune sono una componente importante «perché non agiamo», ha esordito Becchetti «a compartimenti stagni e perché tutto si gioca nelle relazioni» e nuovamente nel «concepirsi creature».
Creature vigili per «capire a fondo il contesto e le nuove difficoltà che crea», per sfuggire alla tentazione di una «società liquida che ci rende onnipotenti come consumatori e precari come lavoratori», per cogliere «come la rivoluzione digitale ci offra strumenti con potenzialità enormi che non sempre usiamo al meglio… e ci faccia perdere il senso della creaturalità che è fondamento dell’esperienza religiosa».
Esperienza che deve portare a interrogarsi, e a esercitare la propria capacità critica e la propria intelligenza come ha concluso la Perroni: «un tempo si applicava una teologia dal basso perché si leggeva approfondiva discuteva cose che oggi sembrano essere arti perdute come il ricamo», con la conseguente e grave ignoranza sui motivi per cui si crede: «non sappiamo più in cosa crediamo, ma abbiamo bisogno di incontrare altri che credono». Ancora una volta l’esperienza che appare prevalere sull’intelligenza, il «guardare dentro le cose di fede». Un «guardare dentro» che comunque non esclude il confronto con le esperienze che per questo verranno riportate nella seconda sessione e che stimoleranno i gruppi ad elaborare proposte.