«Non possiamo permettere assolutamente che i nostri fratelli migranti che vengono dalla fame e dalle guerre vengono trattati come scarti, come carichi residuali e non come persone». Lo dice, a margine della presentazione del «Rapporto italiani nel mondo» curato dalla Fondazione Migrantes, mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Jonio in Calabria e vice-presidente della Conferenza episcopale italiana per il Sud.
Prima che il governo Meloni facesse sbarcare tutti gli immigrati dalle navi e prima che esplodesse con fragore la «guerra» Francia-Italia, la Cei ha condannato la politica del governo di destra e ha richiamato l’Europa alle sue responsabilità. Mons. Giampaolo Perego, arcivescovo di Ferrara e presidente della «Fondazione Migrantes» – che fu anche direttore della Caritas italiana – definisce la situazione «drammatica, anticostituzionale, non rispetta le famiglie e le persone, né il diritto fondamentale al soccorso della Convenzione di Ginevra. Si spera che la situazione si sblocchi e che l’Italia, insieme all’Europa, continui il progetto di condivisione e solidarietà verso i migranti, richiedenti asilo e rifugiati. L’identificazione non può essere fatta a bordo ma deve essere fatta a terra con tutte le tutele».
«Non utilizziamo Papa Francesco come copertura di scelte politiche» aggiunge Savino: «Francesco fa appello al buon senso. Non tiriamo la parola del Papa. Ancora una volta fa un discorso serio, responsabile ed evangelico perché cerca di tradurre il Vangelo in scelte concrete, senza troppe mediazioni o annacquamenti. Se non vogliamo che il Mediterraneo diventi un cimitero liquido senza lapidi, dobbiamo salvare, custodire e tutelare gli immigrati. E l’Europa non lasci sola l’Italia». Dal XVII «Rapporto italiani nel mondo» della Fondazione Migrantes risulta che molti italiani partono e vanno all’estero: sono giovani, giovani adulti, adulti maturi, anziani e minori. Oltre 2,7 milioni sono partiti dal Sud; più di 2,1 milioni sono partiti dal Nord. Il 54,9 per cento degli italiani sono in Europa, il 39,8% in America, centro-meridionale soprattutto. Sono più gli italiani che vanno all’estero, oltre 5,8 milioni, degli stranieri venuti in Italia: 5,2 milioni, «un’Italia interculturale» dice Delfina Licata, che cura il «Rapporto» giunto alla diciassettesima edizione.
«La popolazione straniera in Italia è più giovane di quella italiana». I ragazzi «nati in Italia da genitori stranieri sono oltre 1 milione, di cui 228 mila hanno acquisito la cittadinanza italiana. Se si aggiungono i nati all’estero, 245 mila, e i naturalizzati, 62 mila, i ragazzi figli delle migrazioni superano 1,3 milioni e sono il 13 per cento della popolazione residente in Italia con meno di 18 anni. «Una popolazione preziosa, vista la situazione demografica ogni anno più critica dell’Italia, caratterizzata da inesorabile denatalità e accanito invecchiamento»: il 59 per cento degli alunni stranieri delle scuole secondarie vorrebbe spostarsi all’estero, mentre i loro compagni italiani raggiungono il 42 per cento. La comunità italiana all’estero è costituita da oltre 841 mila minori, moltissimi di questi nati all’estero, ma tanti partiti con le famiglie. Occorre aggiungere gli oltre 1,2 milioni di giovani di 18-34 anni e «tutti quelli che partono per progetti di mobilità di studio e formazione».
Una popolazione giovane che parte e non ritorna, spinta da un tasso di occupazione dei giovani in Italia di 15-29 anni che è il 29,8 per cento, molto lontano dai livelli degli altri Paesi europei, il 46,1 per cento nell’Unione Europea e con un divario, rispetto agli adulti di 45-54 anni, di 43 punti percentuali. Dal 2006 al 2022 – nota il «Rapporto» – «la mobilità italiana è cresciuta dell’87 per cento in generale, del 94,8 quella femminile, del 75,4 quella dei minori e del 44,6 quella con motivazione “espatrio”. La mobilità giovanile cresce sempre più perché l’Italia continua a mantenere i giovani confinati per anni in “riserve di qualità e competenza” a cui poter attingere, ma il momento non arriva mai. C’è un’Italia in caduta libera se risiede e opera nei confini nazionali e un’altra sempre più attiva e dinamica che guarda gli stessi confini da lontano». Al 1° gennaio 2022 i cittadini iscritti all’Anagrafe Italiani residenti all’estero (Aire) sono 5.806.068, il 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia.
L’Italia ha perso lo 0,5 per cento di residenti e all’estero è cresciuta 2,7 per cento. In valore assoluto sono 154 mila le nuove iscrizioni all’estero contro gli oltre 274 mila residenti persi in Italia. La crescita dell’Italia nel mondo è stata, nell’ultimo anno, più contenuta. I cittadini italiani iscritti all’Aire per acquisizione della cittadinanza nel 2006-2022 sono aumentati del 134,8 per cento, cioè 190 mila (erano 81 mila nel 2006. «Si tratta di italiani – osserva il «Rapporto» – che restituiscono un volto ancora più composito del nostro Paese rendendolo interculturale e sempre più transnazionale, composto da italiani che hanno origini diverse e che si muovono con agilità tra almeno due Paesi, parlando più lingue, abitando più culture». I quasi 6 milioni di italiani iscritti all’Aire hanno un profilo complesso: sono giovani di 18-34 anni; giovani adulti di 35-49 anni; adulti maturi di 50-64 anni; anziani con più di 65 anni; minori con meno di 18. Oltre 2,7 milioni (47%) sono partiti dal Meridione; più di 2,1 milioni (37,2%) dal Nord Italia; il 15,7% originario del Centro Italia. Quasi 3,2 milioni sono in Europa, oltre 2,3 milioni in America, soprattutto centro-meridionale. Le comunità più numerose sono: argentina (903.081), tedesca (813.650), svizzera (648.320), brasiliana (527.901), francese (457.138).
L’onda lunga della pandemia frena la mobilità – Da gennaio a dicembre 2021 si sono iscritti all’Aire 195.466 cittadini italiani, meno 12,1% rispetto al 2020. «Le partenze per espatrio avvenute nel 2021 sono state 83.781, la cifra più bassa rilevata dal 2014. In realtà, la continua crescita si è fermata. Commenta il «Rapporto»: «Si è trattato di una frenata dolce, successivamente diventata brusca. Quello che si pensava potesse accadere nel 2020 è avvenuto nel 2021: la pandemia ha impattato sul numero degli spostamenti dei connazionali, riducendoli drasticamente». Rispetto al 2021 risultano 25.747 iscrizioni in meno all’Aire, una contrazione in un anno del 23,5% che diventa 36% dal 2020. Il decremento interessa indistintamente maschi (47 mila) e femmine (38 mila).
Pier Giuseppe Accornero