I gestori delle strutture sanitarie private sono pronti a presentare richiesta formale alla Regione Piemonte per aprire propri servizi di Pronto soccorso. L’ha annunciato l’Associazione Aiop, che rappresenta buona parte delle strutture private accreditate con il servizio pubblico (non quelle di ispirazione religiosa, riunite sotto l’associazione di categoria Aris): «Siamo disponibili non solo a gestire reparti degli ospedali a corto di personale, ma ad aprire una serie di presidi per la gestione dell’emergenza».
Il Pronto soccorso rappresenta l’accesso pubblico per eccellenza alla sanità universalistica: ha senso che passi in mani private? I gestori fissano paletti che restringono la disponibilità: la disponibilità verterà sulla gestione di servizi d’urgenza monospecialistica (dedicati a cardiologia, ortopedia e traumatologia), non sull’emergenza generalista. Tre sarebbero per ora le strutture individuate come possibili capofila: Villa Maria Pia Hospital sulla collina torinese, Città di Alessandria e Città di Bra.
Forti delle aperture alla Sanità privata della Giunta Cirio, i gestori accreditati preparano un allargamento di campo. Sarebbe una novità quasi assoluta per il Piemonte: le uniche eccezioni al sistema di emergenza e urgenza a gestione diretta del pubblico sono oggi rappresentate dal Pronto soccorso di Humanitas-Gradenigo, a Torino, e dal centro di primo intervento dell’ospedale di Omegna (aperto 12 ore al giorno).
A metà novembre, l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Luigi Icardi, aveva così fatto il punto sul ruolo del privato nella sanità piemontese: «La Regione ha contratti verso i gestori per attività di ricovero e di specialistica convenzionata per circa 743 milioni di euro. Importi che intendiamo incrementare nel tempo, anche studiando nuove forme di collaborazione sui territori». Parole che acquistano senso più compiuto se lette in controluce alla presa di posizione dell’Aiop.
Quali le eventuali tariffe che la Regione dovrebbe pagare per la gestione del servizio? Quali garanzie? Quali convenienze per il settore pubblico e per gli utenti? L’assessore Icardi non si sbilancia: «Attendo di vedere le proposte nel merito». Tuttavia, l’impegno dei privati, secondo gli osservatori qualificati, potrebbe richiedere come contropartita la disponibilità di un volume elevato di pazienti da indirizzare ai successivi trattamenti, presso centri gestiti a loro volta da privati associati. Una sorta di «monopolio» sulla continuità delle cure e della diagnostica che solleva numerose contrarietà.
Attendista, con più di una riserva su un’operazione «complessa e dai contorni indefiniti», si dichiara Josè Parrella, Presidente regionale dell’Associazione religiosa istituti socio sanitari che conferma l’impegno «delle strutture di ispirazione religiosa a lavorare in sinergia con i Pronto soccorso pubblici per garantire servizi di lungodegenza e riabilitazione».