Azimut dagli Yacht alla Casa di Carità

Intervista – L’imprenditore Paolo Vitelli racconta la storia dei cantieri nautici e il nuovo impegno nella formazione professionale anche a sostegno della Piazza dei Mestieri di Torino

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È Paolo Vitelli, fondatore del Gruppo Azimut-Benetti, il più grande produttore al mondo di barche da diporto a motore e Yacht di lusso, il Torinese dell’anno 2022. Il premio è stato consegnato – durante la tradizionale Festa del lavoro promossa dalla Camera di Commercio di Torino – dal presidente Dario Gallina domenica 29 gennaio scorso al Centro congressi Lingotto. Un fatturato di 1,2 miliardi di euro, sei cantieri, in Italia e in Brasile e una sede centrale, ad Avigliana: «un sogno e una la passione – se si pensa che le migliori barche a motore si fabbricano alla Azimut, all’imbocco della Val di Susa dove il mare non c’è – che diventano missione e si trasformano in eccellenza tra innovazione tecnica, design e competenze tutte sabaude» come ha sottolineato Gallina. In occasione della Festa dei lavoratori abbiamo raggiunto Paolo Vitelli, «torinese doc» come lui stesso si definisce, che con il suo gruppo ha contribuito a rendere apprezzata e famosa Torino nel mondo.

Dott. Vitelli, il Gruppo Azimut-Benetti rappresenta un marchio ed una impresa di eccezionale successo ma anche un paradosso. Come è nata l’idea di disegnare e produrre imbarcazioni in Piemonte, regione senza accesso al mare? Quali sono state le tappe principali di questa avventura?

Sono torinese da generazioni. Ho cominciato progettando barche in un ufficio al centro di Torino e facendole costruire da cantieri italiani e stranieri. Allora  l’Azimut era un’azienda di engineering, con la proprietà del marchio e del progetto, ma anche con il controllo dell’esecuzione e della qualità del prodotto che veniva venduto direttamente in Italia e all’estero.  Per vendere le barche in modo più efficace, aprii un ufficio diretto in Costa Azzurra e un altro in Olanda: da sempre mi appassionava maggiormente il mercato internazionale rispetto a quello italiano.

Nel 1985 mi si presentò  l’occasione di comprare Benetti, diventando così produttore in proprio di barche di grande prestigio,  e di acquistare un cantiere ad Avigliana, già di proprietà di un nostro fornitore, diventando così produttore di barche seriali. Da quel momento diventammo Azimut-Benetti. Seguirono gli acquisti di cantieri a Viareggio, Savona,  Fano,  Livorno e in Brasile: oggi realizziamo barche fra i 15 e i 100 metri con i due marchi Azimut e Benetti. Da 23 anni siamo riconosciuti quale maggior produttore di navi da diporto al mondo.

Diventare imprenditore. In una recente indagine di Federmeccanica, appare come uno dei lavori più attraenti e di maggior prestigio sociale. Il racconto delle start up di grande successo traina.  Ma fare impresa di fatto è tutt’altro che facile. Come è nata la sua vocazione di imprenditore? E quali competenze occorrono oggi per essere imprenditore, continuando una storia di famiglia o avviando una nuova attività?

Fare impresa oggi non è facile ma non è neanche così difficile come si pensa. Occorrono passione, determinazione, impegno assoluto, una squadra di bravi collaboratori e… un pizzico di fortuna. Il sogno di fare l’imprenditore è nel mio Dna, è un desiderio che avevo sin da piccolo cercando di competere e fare meglio di mio padre che era appunto imprenditore.

Le competenze per fare l’imprenditore derivano dal settore in cui uno opera, tuttavia è necessario avere visione e nel contempo professionalità. Lo stesso vale sia se si prosegue l’attività di famiglia, sia se si intraprende una nuova attività in proprio. In entrambi i casi, l’imprenditore deve essere sempre capace di evolvere, innovare, stimolare.

Si sente spesso ricordare che fare impresa, ed in specie impresa industriale, in Italia è più difficile che altrove. Si riconosce in questa affermazione? Quali sono i fattori di non competitività? Ci sono fattori differenziali positivi su cui investire?  E quanto conta ancora il «made in Italy»?

Comincerei dall’ultima domanda. Il «Made in Italy» conta molto, ma il prodotto deve essere sempre accompagnato da qualità ed affidabilità. L’insieme di questi tre valori è determinante per vincere la concorrenza internazionale.

Il titolo di Torinese dell’anno riconosce non solo un successo imprenditoriale ma anche l’attenzione con cui lei e la sua azienda avete sempre guardato al territorio ed alle comunità e ai lavoratori di cui il 1° maggio si celebra la festa in un momento di grande difficoltà per alcuni settori dell’impresa italiana e torinese. Oggi si parla molto di Social Corporate Responsibility e sempre più investitori considerano i rating (le valutazioni) Esg (environment, social, governance). Come è cambiato in questi anni l’approccio all’ambiente ed alla responsabilità sociale nelle sue aziende e nel sistema industriale italiano?

La Social Corporate Responsibility deve essere un elemento essenziale nella «mission» dell’imprenditore. Oggi noi la esercitiamo attraverso corsi di formazione professionale rivolti ai nostri dipendenti; con facilitazioni agli studi per i figli dei nostri collaboratori e con interventi sulle spese essenziali della loro famiglia; con una grande attenzione alla sicurezza sul lavoro; con un grande investimento per una parziale autonomia energetica dei nostri impianti, usando fonti rinnovabili; con la realizzazione di prodotti, cioè barche «ecologiche», tanto per i materiali con cui sono costruite quanto per le emissioni di CO2 derivanti dalla propulsione. Ad oggi possiamo dire di aver tagliato negli ultimi anni circa il 20% di emissioni durante la navigazione e di avere un programma operativo per il taglio di un ulteriore 20% di CO2 nei prossimi 3 anni.

L’imprenditore Paolo Vitelli

Durante la cerimonia in cui lei è stato nominato 46° Torinese dell’anno, sono stati premiati anche e 156 studenti degli istituti tecnici e professionali della nostra Provincia diplomati con il massimo dei voti nel 2021-22 a cui lei ha augurato «Sognate e non temete qualche sconfitta». Non solo parole perché lei ha deciso di investire sulla formazione professionale, nata a Torino con i santi sociali, donando alla Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri la sua esperienza e le eccellenze della sua azienda per formare i giovani nel settore delle barche da diporto. Ci spiega di cosa si tratta?

Disponendo ora di più tempo libero, sto impiegando maggiori energie nell’attività sociale. La Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri è il nostro partner operativo nella scuola professionale  Azimut Accademy ma sto anche cercando di aiutare finanziariamente e managerialmente un altro istituto, La Piazza dei Mestieri,  che,  in modo diverso, opera nella formazione dei giovani. Desidero tantissimo che questi istituti professionali formino giovani preparati e che fra di essi ce ne siano alcuni – speriamo molti – che decidano di intraprendere l’avventura imprenditoriale. E, rivolgendomi a questi giovani, ho detto loro «sognate e non temete qualche sconfitta. Questa vita va ‘giocata’ con coraggio, qualche volta con ambizione,  e senza paura di spingersi oltre i confini del sistema. E facendo molta attenzione ai propri doveri, non solo ai propri diritti».

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