Ballottaggio sotto la Mole, Grillini decisivi

Torino – Si avvicinano le Elezioni Amministrative del 3 ottobre. Sotto la Mole i sondaggisti prevedono il ballottaggio tra l’imprenditore cuneese Paolo Damilano (centrodestra) e il professore del Poli Stefano Lo Russo (centrosinistra), con la lista grillina di Valentina Sganga nella posizione di arbitro: valutata attorno al 10%, può decidere il risultato finale in una competizione incertissima

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Sotto la Mole in sondaggisti prevedono il ballottaggio tra l’imprenditore cuneese Paolo Damilano (centrodestra) e il professore del Poli Stefano Lo Russo (centrosinistra), con la lista grillina dai Valentina Sganga nella posizione di arbitro: valutata attorno al 10%, può decidere il risultato finale in una competizione incertissima. Per ora la candidata sindaca del M5S ha definito «invotabili» entrambi i duellanti: Damilano «personaggio moderato dietro cui si nasconde il volto xenofobo e omofobo delle liste che lo appoggiano», Lo Russo «sul piano economico e sociale potrebbe tranquillamente andar bene in Italia Viva», ossia il partito renziano che ha abbattuto il Governo Conte-bis.

La sindaca Appendino, delusa per il rifiuto dei Dem torinesi all’accordo con i Grillini, ha più volte criticato Lo Russo, non dimenticando che la sua condanna per reato amministrativo arrivò come conseguenza di una denuncia dello stesso Lo Russo, capogruppo democratico a Palazzo Civico. Appendino deve la sua elezione nel 2016 al sostegno anti-Fassino del centrodestra. Tuttavia da Roma il nuovo leader Conte tiene aperta la porta del dialogo con il Pd: la partita è quindi apertissima. Decisivo sarà anche il ruolo degli incerti e degli astensionisti: più di un terzo dei torinesi.

Il centrosinistra punta il dito contro la presenza massiccia della destra di Salvini e Meloni dietro «l’indipendente» imprenditore Damilano: è l’allarme lanciato per primo dall’ex sindaco Diego Novelli, ripreso ad esempio da Max Casacci, fondatore dei Subsonica, candidato con Torino Domani, una delle sei liste che appoggiano Lo Russo. Damilano insiste invece sulla sua autonomia, ma per le presidenze delle Circoscrizioni ha concesso 6 candidati su 8 a Lega e Fratelli d’Italia.

Il centrodestra lavora per salire alla guida di Palazzo Civico. Sarebbe la prima volta dalla nascita della Repubblica: sinora a Torino si sono succedute Giunte di sinistra (Roveda, Coggiola, Negarville), di centro (Peyron, Jona, Anselmetti), di centrosinistra (Grosso, Guglielminetti, Porcellana, Picco), di nuovo di sinistra (Novelli), quindi variamente di centrosinistra, da Cardetti sino all’esperienza neo-ulivista con Castellani, Chiamparino e Fassino; infine i Pentastellati dell’Appendino; mai la destra al governo del capoluogo.

Damilano attribuisce al centrosinistra e ai grillini il declino post-industriale della metropoli subalpina e tra le sue sette liste di sostegno ha inserito «Il Popolo della Famiglia», anche per sottolineare le contraddizioni dei Democratici sui temi etici (dal Ddl Zan sull’omotransfobia al referendum radicale sull’eutanasia, che in Consiglio Regionale è stato appoggiato dal gruppo Dem, con il dissenso della componente di area cattolica).

La campagna elettorale, che parte ora perché prima c’è stata la faticosa presentazione delle liste (30 per il Consiglio comunale, 13 nominativi per il Sindaco), manca di un quadro preciso di riferimento sul tema centrale: il futuro del Gruppo Fiat dopo la fusione con Stellantis; sinora, per i lavoratori, è continuato il declino dell’occupazione nel complesso produttivo Mirafiori-Grugliasco, mentre è stato messo in vendita anche un simbolo storico come la Palazzina del Lingotto, sede dell’Avvocato Agnelli e di Sergio Marchionne. Il Governo, che ha preso in mano il dossier Torino con il ministro Giorgetti, sinora non ha svelato le sue carte, salvo un fugace incontro tra il ministro e il presidente della Regione Cirio, all’ombra del Santuario di Oropa; probabilmente si attende il dopo-voto. Restano quindi in piedi per le forze politiche tutte le domande essenziali: come tutelare Torino dallo strapotere dei francesi, quale ruolo chiedere alla Famiglia Agnelli-Elkann (primo azionista del gruppo), come valutare il peso dell’automotive nel futuro della metropoli.

Il voto vede Torino distante da Roma, senza il mantello protettivo (amato e odiato) di «mamma Fiat», con una proliferazione delle liste per Palazzo Civico che è segno tangibile della «coriandolizzazione» politica, sociale, culturale della metropoli. Anche per questo i politologi, con i sondaggisti, prevedono il ballottaggio; con una eccezione di rilievo: se a Roma dovessero precipitare i rapporti tra il premier Draghi e la Lega su due temi delicatissimi come l’accoglienza dei migranti e la politica delle vaccinazioni, la consultazione uscirebbe dalle mura di Augusta Taurinorum per divenire politica, come a Roma e Milano. Una scelta per il Sindaco con due occhi su Palazzo Chigi e sul Quirinale. In questo caso gli indecisi e gli astensionisti diverrebbero determinanti.

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