Barriera assediata dai pusher, la denuncia del parroco sui social

Parrocchia della Pace – In agosto escalation di violenza e degrado con spaccio di droga a cielo aperto. L’appello di don Stefano Votta: “Siamo lasciati soli, dopo infiniti appelli, nessuna risposta è arrivata dalle istituzioni; nell’estate la situazione è esplosa del tutto”

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Sono arrivati anche i topi nelle vie attorno alla parrocchia Maria Regina della Pace in Barriera di Milano: i mesi estivi hanno visto un’escalation di violenza e degrado in un quartiere, soprattutto nell’isolato della parrocchia fra corso Giulio Cesare, via Sesia e corso Palermo, letteralmente assediato dagli spacciatori, divenuto terra di nessuno.

Il parroco don Stefano Votta in agosto ha denunciato la situazione postando di giorno in giorno sui social alcune foto scattate dalle finestre della casa canonica: elettrodomestici abbandonati, persone che urinano sulla via ad ogni ora, risse, cocci di bottiglia e immondizia ovunque. Lo spaccio di droga avviene a fiumi e a cielo aperto, notte e giorno, così come la prostituzione.

don Stefano Votta

«A nulla sono valsi gli interventi ‘muscolari’ annunciati dal questore di Torino lo scorso gennaio», sottolinea don Votta, «era stata istituita una task force in seguito ad un vertice a cui aveva preso parte anche l’allora Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia: il presidio è durato due mesi, poi qui non si è visto più nessuno, le forze dell’ordine passano e vanno oltre, senza neanche fermarsi».

I sacerdoti hanno dovuto installare trappole per i topi di fogna attratti dall’immondizia, dall’urina, e dal degrado che il caldo amplifica.

«Via Sesia», racconta il parroco, «è diventata un dormitorio da dove per tutta la notte arrivano urla: con le finestre aperte non riusciamo a dormire senza indossare i tappi».

C’è poi il problema della paura ad uscire la sera da parte dei residenti. «Non posso più convocare il Consiglio pastorale o riunioni dopo l’orario di cena», prosegue don Votta, «in quanto la gente non viene, le famiglie hanno timore a mandare i figli in oratorio, dobbiamo sempre avere mille occhi». «La scorsa settimana», racconta, «ho visto una ragazza sui 25 anni incinta appoggiata sul cancello della parrocchia in via Sesia. Dopo pochi minuti è arrivato un ventenne che le ha passato il crack: una fotografia di una situazione terribile che richiede interventi urgenti ed adeguati».

La parrocchia investe a tutto campo sull’accompagnamento delle persone nelle fragilità di gran lunga aumentate con la pandemia e l’instabilità internazionale: il Centro Caritas accoglie 300 famiglie, la maggior parte straniere. Dallo scorso maggio alla Pace c’è «la mamma di quartiere», frutto del progetto «Comunità al lavoro» finanziato da Caritas Italiana con fondi Cei 8xmille grazie all’impegno della Caritas Diocesana di Torino. Si tratta di un’operatrice di origine magrebina che per 15 ore alla settimana ha principalmente il compito di entrare in relazione con le donne straniere favorendo il servizio dei volontari della parrocchia, ma soprattutto il processo di integrazione. Si chiama Houda, 36enne, presente in parrocchia da martedì a venerdì in alcune ore del mattino e del pomeriggio principalmente a supporto del Centro Caritas come mediatrice culturale.

«Tutto ciò», commenta don Votta, «testimonia come sia fondamentale lavorare per la creazione di un territorio coeso in grado di generare integrazione vera, ma in tutto questo siamo lasciati soli.  Nessuna risposta, dopo infiniti appelli, è arrivata dalle istituzioni, né comunali nè regionali. Ora la situazione è esplosa del tutto e non si può più attendere. Oltre a tutto il resto c’è anche un allarme igienico-sanitario».

La Caritas Diocesana ha suggerito al parroco di richiedere un servizio di sorveglianza professionale durante le attività caritative e di servizio. Dallo scorso dicembre ad oggi sono stati diversi gli episodi di minacce avvenute in chiesa da parte di persone tossicodipendenti.

«Non possiamo vivere così», prosegue don Votta, «dove vince il buonismo impera la confusione e si arriva all’anarchia: qui si spaccia droga a tutto andare sotto gli occhi di tutti, senza ritegno. Ciò che fa soffrire e indigna è che è tutto frutto di vili guadagni che partono da lontano, si esplicitano in mare e si moltiplicano da noi».

La comunità è alle prese con l’organizzazione della festa patronale e con l’avvio delle attività pastorali. «Nonostante tutto continuiamo ad andare avanti per la nostra gente, ma da soli non è possibile. Auspichiamo quindi una presenza concreta delle istituzioni e delle forze dell’ordine per riportare luce e vita dove ora regnano le tenebre della violenza e della distruzione».

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