«Queste dieci religiose, pur consapevoli del pericolo che correvano, rimasero accanto agli anziani e ai malati che stavano accudendo. Il loro esempio di fedeltà a Cristo aiuti tutti noi, specialmente i cristiani perseguitati in diverse parti del mondo, a testimoniare il Vangelo con coraggio». All’Angelus del 12 giugno Papa Francesco ricorda che a Breslavia, in Polonia, sono state beatificate suor Pasqualina Jahn e nove consorelle martiri, della Congregazione delle Suore di Santa Elisabetta, uccise alle fine della Seconda guerra mondiale in un contesto ostile alla fede cristiana. Già altre volte l’Armata Rossa si è resa protagonista di nefandezze. Come il martirio di dieci suore polacche stuprate uccise dalle «belve». Da sabato 11 giugno 2022 le 10 suore sono beate e martiri.
A Paschalis Jahn e 9 compagne è riconosciuto il martirio in odio alla fede avvenuto nel 1945 in Polonia durante l’invasione dell’esercito sovietico, per aver difeso la castità. «Appartengo a Gesù, è il mio sposo» le ultime parole di suor Paschalis prima di morire, ricordate a Breslavia nell’omelia della beatificazione presieduta dal cardinale prefetto Marcello Semeraro del Dicastero delle cause dei Santi: Maria Paschalis Jahn, dal cuore pieno d’amore; Melusja Rybka, donna forte; Edelburgis Kubitzki, esempio di povertà evangelica; Adela Schramm; Acutina Goldberg; Adelheidis Töpfer, modello di fede; Felicitas Ellmerer; Sabina Thienel, dallo sguardo pieno di fiducia; Rosaria Schilling, fortificata nella penitenza; Sapientia Heyman. Si tratta di dieci suore della Congregazione di Santa Elisabetta: «Esse chiedono – dice Semeraro – al Signore che al mondo non manchino il rispetto della femminilità, l’uguaglianza tra uomo e donna nella dignità e la tutela della maternità: come non veder risplendere in queste martiri la dignità della donna che nel disegno della Redenzione ha in Maria il riconoscimento più grande?».
Paragona le suore martiri alle dieci ragazze sagge della parabola evangelica che andarono incontro al Signore con le lampade accese: cinque avevano con sé la necessaria riserva d’olio; le altre cinque, invece, si mostrarono stolte perché a loro l’olio venne meno. Secondo San Basilio Magno, l’olio rappresenta l’essere pronti ogni giorno e ogni ora nel compiere pienamente la volontà di Dio. «A differenza delle vergini della parabola – prosegue Semeraro – tutte e dieci, con il carattere e il tratto proprio di ciascuna, abbracciarono le atrocità delle sofferenze, l’efferatezza delle umiliazioni e andarono incontro alla morte. Anche nelle scelte quotidiani abbiamo bisogno dell’esempio dei martiri» aggiunge il cardinale. A leggere le storie di Paschalis e delle altre suore si capisce che il dono di sé non è consistito solo nell’estremo sacrificio in difesa della consacrazione a Cristo, ma è iniziato molto prima nel servizio: nelle cucine, in infermeria, nella cura dei bambini, nell’assistenza alle sorelle anziane.
«Fu una carità disinteressata ed eroica che le trattenne anche quando la fuga avrebbe evitato loro i rischi più grandi quando l’ingresso dei militari russi a Breslavia fu imminente, le suore elisabettiane decisero di rimanere nei villaggi invasi dai sovietici. Delle circa 4500 suore che nel secondo dopoguerra componevano la Congregazione, un centinaio sono morte in circostanze diverse, alcune delle quali sono martiri. La guerra era finita, ma l’Armata Rossa avanza piena di odio contro la religione. La Russia è ancora sotto lo stivale di Stalin il peggior persecutore di cristiani, come si rivela Vadimir Putin : cappelle e chiese cattoliche profanate; sacerdoti torturati e brutalmente uccisi; suore violentate e atrocemente uccise. Lo stupro diventato un’arma di umiliazione, ancora più feroce se la vittima è una religiosa consacrata al Signore. Le dieci suore sono uccise dai soldati russi tra febbraio e maggio 1945 nella Bassa Slesia, nei territori compresi tra i fiumi Oder e Nysa. Quando l’Armata avanzava verso Nysa, Paschalis e un’altra consorella, le più giovani del convento, sono mandate via, mentre le altre rimangono accanto ai malati e agli anziani che non possono muoversi. Dopo tanto peregrinare giungono a Sobotin, in Repubblica Ceca, dove si mettono coraggiosamente a servizio della parrocchia. Qui, l’11 maggio 1945, Paschalis è sorpresa da un soldato russo che, minacciandola con la pistola, le ordina di andare con lui. La religiosa risponde che non lo fa, che porta l’abito segno che è consacrata al Signore. Allora il soldato, nel tentativo di spaventarla e farla cedere, spara un colpo che trapassa il soffitto. In risposta la suora si inginocchia e iniziò a pregare: «Sia fatta la tua volontà». Il secondo colpo di pistola la raggiunge al cuore.
Dice Semeraro: «Il loro martirio ci provoca e ci edifica nell’Europa del XXI secolo, davanti alle scene di perpetrata violenza, di accanita crudeltà, di odio ingiustificato, avvertiamo il bisogno di alimentare il desiderio della pace e l’edificazione della concordia con gesti di carità, apertura, accoglienza e ospitalità. Non si può non pensare all’Ucraina» che subisce la stessa bestiale violenza dell’Armata Rossa perpetrata 80 anni fa. Semeraro cita le parole di ringraziamento di Papa Francesco al popolo polacco che per primo si è preso cura dei profughi ucraini, imitando l’esempio delle nuove dieci beate che rendono ancora più orgogliosa la Chiesa in Polonia.