Beatificato don Giuseppe Beotti, martire dei nazisti

Piacenza – Don Giuseppe Beotti «fu ucciso in odio alla fede nel 1944». Sabato 30 settembre, nel Duomo di Piacenza, è stata avvenuta la beatificazione celebrata dal cardinale prefetto delle cause dei santi Marcello Semeraro. Il ricordo del Papa all’Angelus del 1° ottobre: «Pastore secondo il cuore di Cristo, non esitò ad offrire la propria vita per proteggere il gregge a lui affidato»

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Don Giuseppe Beotti

Don Giuseppe Beotti «fu ucciso in odio alla fede nel 1944. Pastore secondo il cuore di Cristo, non esitò a offrire la propria vita per proteggere il gregge a lui affidato». Papa Francesco lo ricorda domenica 1° ottobre 2023 che sabato 30 settembre, nel Duomo di Piacenza è stata avvenuta la beatificazione celebrata dal cardinale prefetto delle cause dei santi Marcello Semeraro: «Martire dei nazisti», offre un esempio luminoso di colui che, così come la famiglia polacca degli Ulma, ospitò e aiutò chi era maltrattato quasi fosse suo compagno di patimenti».

Proteggere e salvare gli ebrei, aiutandoli a fuggire dalla persecuzione nazista è «l’atto più eroico» di don Beotti e «tra le cause decisive del martirio, frutto di una carità pastorale non sconosciuta all’autorità nazifascista». Il cardinale Semeraro, nella Cattedrale Santa Maria Assunta e Santa Giustina, ne racconta l’eroismo: «Fu vittima dell’odio dei nazisti per aver trasgredito alle regole dettate dalla legge antisemita».

Come parroco di Sidolo, frazione di Bardi in provincia di Parma, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, sotto occupazione tedesca, soccorre e ospita soldati in fuga, prigionieri fuggiti dai campi e perseguitati: tra essi un centinaio di ebrei. Nel 1944, per rappresaglia dopo l’uccisione di 70 soldati tedeschi, sono rastrellati e distrutti i paesi della zona, tra questi Sidolo. Don Beotti, rimasto in chiesa, il 20 luglio è arrestato e fucilato, per rappresaglia ma anche e soprattutto come reazione all’aiuto e riparo offerto a tanti ebrei. Il suo martirio è testimoniato da chi, pur non avendo assistito all’esecuzione, però corre sul luogo dell’eccidio.

Muoiono con don Beotti il chierico Italo Subacchi, che aveva trovato ospitalità, e  don Francesco Delnevo. Semeraro osserva: «Sappiamo che dai nazisti il semplice fatto di dare ospitalità agli ebrei era considerato come un crimine punibile con la pena di morte», come avvenne per gli Ulma Josef e Wiktoria, beatificati da Semeraro il 10 settembre 2023 in Polonia.

La carità pastorale di don Beotti – insiste il prefetto – «fu una scelta di vita: donare ai poveri tutto ciò che aveva, lui che la povertà, l’aveva sperimentata in famiglia e che  trasformò in ricchezza, specialmente per chi alla povertà univa altri gravi disagi». Parla, Semeraro, di «carità nascosta e conosciuta soltanto dai famigliari e da alcuni intimi», come quando sul treno Parma-Piacenza, «per aiutare un soldato in divisa da alpino, profittando del fatto di essere coperto dalla talare, don Beotti gli regalò i suoi pantaloni e scambiò le scarpe, indossando gli scarponi da alpino».

Secondo i testimoni, «la causa immediata del martirio» è la distribuzione di pane, sul sagrato della chiesa, il 20 luglio 1944, a persone che ne fanno richiesta, «gesto che i nazisti videro da lontano con il binocolo e da cui materialmente si sviluppò il dramma. Un evento dal valore simbolico: l’unità tra esercizio del ministero nella divina liturgia e impegno quotidiano della vita. Fin dalla Chiesa antica la condivisione dei beni e la raccolta delle offerte a favore dei bisognosi sono strettamente unite al sacrificio di Cristo».

Conclude il cardinale prefetto: il beato Giuseppe Beotti «è giunto a fare, come Cristo pastore, il dono della propria vita. Forte della grazia di Cristo egli è stato vincitore sulla tribolazione, l’angoscia e la persecuzione e oggi, nella Chiesa, la sua luce sorge come un’aurora».

Nella sua lucida e diabolica follia Adolf Hitler non voleva solo lo sterminio degli ebrei, degli omosessuali, degli zingari, dei malati di mente. Voleva la distruzione di quanti si opponevano e combattevano il nazifascismo. Voleva distruggere la Chiesa cattolica, invadere il Vaticano, sequestrare e deportare Pio XII, uccidere cardinali,  vescovi e preti. Nei campi di sterminio, ai ministri di culto, specie cattolici, si riservano le più raffinate umiliazioni con sadismo tutto nazista. A Dachau a un prete cattolico tedesco un aguzzino delle SS mette la corona del rosario sulla testa, con la croce pendente sulla fronte e, a pugni e calci, gli fa girare il campo urlando: «È arrivato finalmente il primo maiale di prete. Poi arriverà anche il gran prete di Roma e allora la truffa cattolica finirà una volta per tutte». Un martirologio, pubblicato nel 1963 dall’Azione Cattolica, lungo 729 nomi. Mai nella storia della Chiesa italiana sono uccisi così tanti preti come durante la Seconda guerra mondiale sotto i bombardamenti, sui campi di battaglia, fucilati nelle rappresaglie nazifasciste, trucidati dai partigiani, in odio alla fede.

Dei 729 morti ci sono: 148 cappellani militari, 49 nei campi di sterminio, 30 dispersi; 279 sotto i bombardamenti, più di 129 seminaristi e novizi. Durante la Resistenza (settembre 1943-primavera 1945) muoiono 400 sacerdoti diocesani e religiosi: 191 torturati e uccisi dai fascisti; 120 dai tedeschi; 33 dai repubblichini di Salò. Soprattutto al Nord scelgono la libertà, la democrazia, la resistenza, talora contro le indicazioni dei vescovi, che di solito amano il quieto vivere. In Germania i nazisti ammazzano 204 preti (164 diocesani e 60 religiosi), molti nei campi di sterminio; sono assassinati nella Francia del maresciallo Henri-Philippe-Omer Pétain, capo del governo collaborazionista di Vichy; in Belgio e Olanda, come il carmelitano Tito Brandsma, ucciso a Dachau nel 1942 per l’opposizione al nazismo e la difesa della libertà religiosa: «Viviamo in un mondo che condanna persino l’amore. Dicono che la religione cristiana abbia fatto il suo tempo e sia sostituita dalla potenza germanica. Il neopaganesimo del nazionalsocialismo non vuole l’amore ma vinceremo il paganesimo».

Tra essi merita ricordare i beati Giovanni Fornasini trucidato a Marzabotto (Bologna); don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, parroco a viceparroco sacrificati nell’eccidio di Boves (Cuneo); il domenicano albese padre Giuseppe Girotto, stroncato a Dachau; il parroco ossolano (Novara) don Giuseppe Rossi, ucciso a 32 anni dai fascisti il 26 febbraio 1945, in attesa della beatificazione e infine il salesiano astigiano don Mario Caustico massacrato dai nazifascisti nell’eccidio di Grugliasco (Torino) il 30 aprile 1945, gesto di estrema malvagità quando avevano già perso tutto ed erano in fuga.

Pier Giuseppe Accornero

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