Benedetto XV (1914-1922) è conosciuto come il Papa che si è opposto con tutte le forze all’«inutile strage» della Prima guerra mondiale. Ma il suo pontificato non si esaurisce nell’azione a favore della pace. Rilancia alla grande le missioni con l’esortazione apostolica «Maximum illud» (30 novembre 1919), «magna charta» del nuovo corso che dà slancio all’evangelizzazione. Sulla base del principio «La Chiesa non è straniera in nessun popolo» dimostra grande lungimiranza e supera i condizionamenti dell’era coloniale: il Cristianesimo non deve essere percepito come religione straniera. È giusto ricordarlo come «Papa delle missioni» che spinge le Chiese nazionali – che si erano combattute per quattro anni in un asperrimo conflitto – a recuperare una visione universale e ad attuare il comando di Gesù: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura» (Matteo 16,15).
APERTURA ALL’ORIENTE E ALLA CINA – Benedetto XV e il cardinale olandese Willem Marinus Van Rossum, vigoroso prefetto di Propaganda Fide, inviano in Cina l’ex cappellano militare friulano Celso Costantini come delegato apostolico con il compito di porre le fondamenta dell’episcopato locale, nonostante la resistenza dei missionari bianchi. Il Papa genovese riorganizza gli studi a Propaganda fide per fornire una migliore formazione ai missionari, soprattutto nelle lingue; fonda il Collegio Etiopico per la formazione di sacerdoti locali; incoraggia la diffusione di associazioni a sostegno delle missioni. Dal 18 gennaio 1921un altro ex cappellano militare, il bergamasco Angelo Giuseppe Roncalli, è presidente del Consiglio centrale delle Pontificie Opere e visita tutte le diocesi d’Italia. È un Papa che guarda con grande interesse all’Oriente cristiano.
I PONTIFICI COLLEGI ORIENTALE E RUSSICUM – Le origini della Congregazione orientale risalgono a Gregorio XIII: nel 1573 istituisce la «Congregatio de rebus graecorum» per i problemi dei cattolici di rito bizantino. In seno a questo dicastero Pio IX erige la «Congregatio de Propaganda Fide pro negotiis ritus orientalis» (6 gennaio 1862) , organismo reso autonomo da Benedetto XV («Dei providentis», 1º maggio 1917) con il nome «Congregatio pro Ecclesia orientali». Il progetto di una scuola di alti studi sull’Oriente cristiano risale a Leone XIII ed è attuato da Benedetto XV («Orientis catholici», 15 ottobre 1917): il Pontificio Collegio Orientale entra nel consorzio con la Pontificia Università Gregoriana (1551) e il Pontificio Istituto Biblico (1909), tre prestigiose istituzioni affidate alla Compagnia di Gesù. Il Pontificium Collegium Russicum sulla cultura e spiritualità russa, affidato ai Gesuiti, sarà eretto da Pio XI (15 agosto 1929): vi studiano anche numerosi seminaristi fuggiti dalla Russia bolscevica che perseguita duramente i cristiani.
SANT’EFREM IL SIRO DOTTORE DELLA CHIESA – Benedetto XV proclama dottore della Chiesa Sant’Efrem il Siro. Nato nel 306 a Nisibi, città della Mesopotomia governata da Roma, battezzato a 18 anni, guida, con il vescovo Giacomo, una scuola di teologia. Diacono nel 338, si ritira a Edessa dove alterna vita ascetica e insegnamento: vi muore nel 373. Prolifico scrittore, teologo raffinato, comprende l’importanza della musica e della poesia per diffondere la fede. Nell’enciclica «Principi apostolorum» (5 ottobre 1920) Benedetto XV ricorda che i primi Padri della Chiesa – Basilio, Atanasio, Giovanni Crisostomo – «quando erano travagliati dalle eresie o da discordie intestine, ricorrevano a questa Sede Apostolica, la sola capace di assicurare la salvezza». Si rallegra che i «popoli orientali, dopo una guerra spaventosa, hanno recuperato la libertà e sottratto la religione al potere dei laici e cercano di riorganizzare la vita politica, ciascuno secondo le proprie caratteristiche e istituzioni nazionali». Propone Sant’Efrem Siro, «splendido esempio di santità, dottrina e amore patrio, alla loro attenta imitazione e al loro fervente culto. Preghiamo con lacrime Iddio affinché riconduca al seno e all’abbraccio della Chiesa romana gli orientali che una separazione ormai troppo lunga, contro la dottrina dei loro stessi antichi Padri, tiene miseramente lontani da questa Sede del beato Pietro».
SI INTERESSA DELLE CHIESE EUROPEE – Benedetto XV si rivolge ai vescovi delle Nazioni europee. La Polonia finalmente si ricostituisce come Nazione indipendente, ma i sovietici vogliono portarla sotto la loro influenza. Ne nasce un conflitto durissimo, fino al cosiddetto «miracolo della Vistola», che porta alla vittoria delle truppe del maresciallo polacco Józef Klemens Pilsudski. Papa Benedetto scrive (16 agosto e 8 settembre 1920) ai vescovi polacchi sottolineando «il manifesto intervento di Dio da attribuire anche alle preghiere che avevamo comandato fossero levate in favore della Polonia». Si rivolgono a lui i vescovi di Austria, «con incessanti preoccupazioni e inquietudini» per l’impero sconfitto, smembrato e ridotto alla povertà. Per il Papa («Plane intelligimus. Comprendiamo pienamente», 26 novembre 1920) «la prima preoccupazione è per i bambini poveri, e il nostro pensiero è di fare nuovamente qualcosa per venire in loro aiuto». Ai vescovi scozzesi (25 luglio 1920) risalta l’importanza del Collegio romano degli scozzesi. A Giacomo Stammler, vescovo di Basilea e Lugano, esprime la sua gioia per l’istituzione di un Seminario elvetico a Roma.
LA LEGGE DEL CELIBATO NON SI TOCCA – Manda due lettere a Francesco Kordac, arcivescovo di Praga, per superare la richiesta di abolire o mitigare la legge sul celibato ecclesiastico, avanzata da alcuni vescovi boemi. Suggerisce contromisure al movimento che vorrebbe cambiare la legge della Chiesa; si compiace delle misure prese e si chiede come mai «non pochi sacerdoti boemi, travolti da crisi di coscienza, hanno sciaguratamente abbandonato la Chiesa», per cui sono scomunicati «latae sententiae»: «Sappiamo che il numero dei sacerdoti che si sono separati dalla Chiesa è di gran lunga inferiore al numero di coloro che restano fedeli alla loro missione, ma non ignoriamo i pericoli che sovrastano il clero».