Il Movimento 5 Stelle parteciperà alle Elezioni Regionali del Piemonte con il candidato Presidente Giorgio Bertola, 49 anni, consigliere regionale e capogruppo a Palazzo Lascaris. Bertola è stato candidato dal Movimento lo scorso 13 ottobre, dopo una consultazione online degli iscritti alla piattaforma Rousseau.
Di che cosa ha bisogno il Piemonte, oggi?
Questa Regione ha bisogno di investire dove serve davvero: sulle ferrovie sospese, sui mezzi pubblici, sulle scuole che cadono a pezzi, sulla sanità pubblica, per un territorio sicuro, per il diritto al reddito, alla casa e allo studio, per l’innovazione che porta lavoro. In sintesi: per migliorare la qualità della vita, ma di tutti.
Per riflesso, di che cosa non ha bisogno?
Tema antico, quanto attuale: non ha bisogno della vecchia politica intessuta di privilegi, di scandali e di tagli ai servizi dei cittadini.
Propaganda pre-elettorale…
Non credo che lo sia. Il gruppo Cinquestelle in Regione voleva ridurre i vitalizi, destra e sinistra si sono opposti. Ma l’intervento del Governo, che ha introdotto il calcolo contributivo, anziché quello retributivo, si è rivelato risolutivo. Ancora: gli scandali grandi e piccoli che hanno segnato il Piemonte non sono una nostra invenzione. Dalle firme false a Rimborsopoli, che ha coinvolto esponenti del centro destra e del centro sinistra, destra) al caso Finpiemonte, un buco di 11 milioni di euro a carico dai piemontesi (targato centro sinistra) all’eterno incompiuto grattacielo della Regione, alla cancellazione di numerose linee ferroviarie fino al vulnus, che riteniamo il più grave, la soppressione di tanti, troppi servizi sanitari, l’elenco non è forse sufficiente lungo?
In proposito, lei non è mai stato tenero con la giunta Chiamparino, tuttavia ha riconosciuto che il pesante deficit ereditato da Cota non ha favorito il lavoro dell’assessore Saitta. E quello della Salute, guardato in retrospettiva, rimane un rebus su cui tutti restano impigliati, sia sotto il profilo economico, sia per le soluzioni da adottare, che il più delle volte rischiano di scontentare tutti, raramente il contrario. Come pensa di risolverlo?
Una premessa: ciò che si riconosce come elemento oggettivo, non attenua la severità con cui guardiamo al governo Chiamparino che giudichiamo disastroso per la salute dei piemontesi. In pillole: servizi ridotti e soppressi su tutto il territorio, eccellenze «fatte a pezzi» (su tutte l’Oftalmico di Torino), tagli e, di conseguenza, turni massacranti per il personale, grandi progetti decisi senza confronto con cittadini e operatori ed eccessivo spazio concesso agli interessi dei soggetti privati. Noi vogliamo cambiare tutto questo. E in parte abbiamo già iniziato a farlo, ottenendo dal Governo il dibattito pubblico per il Parco della Salute di Torino. In quella sede – nel segno di una maggiore democrazia, trasparenza e partecipazione – offriremo le nostre proposte: più posti letto e maggiore quota pubblica nei finanziamenti.
Fin dove vi volete spingere?
Puntiamo ai 1821 posti-letto previsti dalla stessa programmazione regionale d’inizio legislatura. Numero che Chiamparino ha dimezzato (ufficialmente il progetto prevede 1.100 posti per il nuovo ospedale, cui si devono aggiungere 500 del Cto e 40 dell’Unità spinale n.d.r.). Con gli 80 milioni di euro in più necessari, si potrà incrementare la quota pubblica fino a coprire il 41% dei costi legge consente di arrivare fino al 49 per cento n.d.r.), contro il 30% attuale, ricorrendo al fondo nazionale per l’edilizia sanitaria che ammonta ad oltre 4 miliardi. Obiettivo non secondario rimane l’aumento del personale sanitario sull’intera regione. Pensiamo ad una collaborazione col Ministero della Salute sia per rivedere le norme di formazione dei medici specializzandi, sia per azzerare le liste d’attesa. Le Aziende sanitarie che sforano i tempi previsti dalla normativa (30 giorni per le visite e 60 giorni per esami non classificati Urgenti) saranno sottoposte a tre interventi: visite private, al netto dell’eventuale ticket, pagate dal pubblico; incremento del personale medico e sanitario sulla base del fabbisogno sanitario; accesso diretto senza prenotazione per alcune tipologie di esami.
Emergenza lavoro, spina nel fianco di una regione letteralmente sfiancata dalla deindustrializzazione. Usiamo il verbo sfiancare, perché il territorio comincia ad accusare anche un disagio psichico fisico per una condizione che storicamente non congenita.
È una condizione alla quale noi piemontesi non intendiamo abituarci, né possiamo farlo per la cultura del lavoro che è nel nostro Dna. Bisogna reagire e l’inversione di tendenza è già in parte iniziata. Servono però regole chiare per evitare che questo territorio continui ad essere terra di conquista di imprenditori che prendono contributi pubblici e poi se la squaglino. La Regione può fare la propria parte: la nostra proposta è una legge ad hoc affinché chi beneficerà di contributi regionali, li dovrà restituire in caso di delocalizzazione fuori dal Piemonte.
Lei è stato categorico: «sono figlio di un operaio Fiat, voglio che si continuino a produrre automobili a Torino». Asserzione che trova soltanto convergenze. Ma come pensa di proseguire la «tradizione»?
Due importanti strumenti sono già stati messi a disposizione dal Governo: il Fondo nazionale per l’innovazione ed il decreto per area di crisi complessa per la provincia di Torino. Il primo prevede 1 miliardo di euro per imprese e Pmi che puntano sull’innovazione; il secondo riguarda esclusivamente il nostro territorio e stanzia 150 milioni per progetti nei comparti Automotive, Ict ed Aerospaziale. Tra questi vi sarà la 500 elettrica, il modo più indicato per proseguire la «tradizione» guardando al futuro, all’ambiente e all’occupazione. La Regione dovrà accompagnare questo processo in particolare per quanto riguarda la riforma dei Centri per l’Impiego per migliorare l’incontro tra domanda e offerta nel mondo del lavoro. Un compito che non possiamo permetterci di delegare, in toto, a soggetti privati. La riforma dei Centri per l’Impiego in stretta correlazione al Reddito di Cittadinanza è la vera sfida del futuro.
La scuola cattolica è critica sull’impostazione della grillina Amministrazione Appendino. Stesso colore, stessa visione anche sul territorio allargato della regione, da parte sua?
Regione Piemonte e Comune di Torino hanno competenze e bilanci molto differenti. Il nostro obiettivo è quello di garantire a tutti gli studenti di tutte le famiglie pari diritti. Per farlo intendiamo dare completa copertura alle graduatorie dei voucher regionali per il diritto allo studio (libri di testo, materiale didattico, dotazioni tecnologiche, attività integrative dei professori e trasporto scolastico).
A differenza di altre situazioni, il gruppo pentastellato a palazzo Lascaris ha dato l’impressione di aver maturato una solida esperienza, di fare squadra, di aver costruito un modo non improvvisato di fare opposizione, specchio preparazione per gradi. Lei stesso è passato da un lavoro dietro le quinte, tra il 2010 e 2014, quando il Movimento Cinquestelle fece il suo esordio in Consiglio Regionale, all’impegno diretto. Ha quindi piena consapevolezza che il potere è cosa ben diversa dall’opposizione?
Il Movimento 5 Stelle, nella sua complessità, ha avuto una crescita a tutti i livelli. Abbiamo maturato esperienza sia all’opposizione, come in Consiglio regionale fin dal 2010, che in maggioranza amministrando bene Torino ed importanti comuni del Piemonte (Venaria Reale, San Mauro Torinese, Pinerolo ed Acqui Terme). Ora siamo pronti e preparati per amministrare al meglio quella che, speriamo, sia la prima Regione a 5 Stelle.