Da lunedì 24 maggio con il ritorno della «zona gialla» anche a Torino hanno riaperto le palestre chiuse da 7 mesi, da quando il Dpcm del 24 ottobre 2020 ne dispose la serrata. Da allora niente corsi in presenza, ferme le piscine, i centri benessere e termali. Un primo assaggio della riapertura dei centri sportivi si è avuto dal 26 aprile, quando all’aperto è stata consentita qualsiasi attività sportiva salvo l’uso di spogliatoi e docce delle strutture.
In Borgo Vittoria, periferia nord di Torino, l’Asd (Associazione sportiva dilettantistica) Centro ginnico Azzurra, in via Boccardo a due passi da piazza Baldissera, come altre palestre, ha cercato di sopravvivere laddove era possibile con i corsi sulle piattaforme on line raggiungendo gli iscritti a casa tramite smarthphone e tablet. «Per non abbandonare i nostri soci, soprattutto le persone più anziane, alcune sole, che frequentano i corsi di ginnastica dolce e posturale per motivi di salute», spiega Andrea Mosso, presidente dell’Ads Azzurra, che quest’anno ha compiuto 30 anni di attività.
Ma per i corsi all’aperto qui non ci sono parchi né giardini: di fronte alla palestra, a ridosso di un parcheggio di fronte al Poliambulatorio di via del Ridotto, c’è uno spiazzo con alcune panchine dove la sera, tra spaccio, birra e alcoolici gruppi di giovani si ritrovano indisturbati anche dopo il coprifuoco. Arriviamo alle 13, prima della lezione di ginnastica dolce proposta due volte la settimana: ci accoglie la signora Lilia in tuta, armata di scopa e paletta per rimuovere cocci di bottiglia, cicche di sigarette e canne e rifiuti di ogni genere dallo spiazzo dove alle 13.30 inizierà la lezione per un gruppo di donne «mature» e qualche marito, tenuta da Andrea e dalla moglie Raffaella anche lei istruttrice: l’Azzurra è una palestra a conduzione famigliare, la parola d’ordine è far sentire i soci a casa.
«Nei giorni scorsi», precisa Rosy, una delle corsiste, «abbiamo riparato anche una delle panchine vandalizzate durante la notte: il nostro intento, occupando due volte la settimana questa piazzetta facendo attività fisica, è anche di restituirla ai borghigiani per far capire che si può fare aggregazione ‘sana’ riappropriandosi del territorio». E i risultati si vedono: «abbiamo coinvolto alcuni giovani che bighellonavano sulle panchine a darci una mano a ripulire lo spiazzo e ad aiutarci a trasportare gli attrezzi per la lezione. Dopo qualche riluttanza, hanno capito che forse ci sono altri modi per stare insieme oltre allo sballo». Una mini-lezione di «educazione alla cittadinanza» che non è passata inosservata: «alcuni passanti ci hanno ringraziato per questa presenza in un pezzo di territorio lasciato al degrado», continua Andrea «e ora che finalmente con tutte le norme di sicurezza del caso possiamo riaprire la palestra, le signore del corso ma anche alcuni abitanti della zona, ci chiedono di proseguire le attività all’aperto nella piazzetta». Una buona prassi che può testimoniare che «le parti comuni del nostro quartiere», conclude Rosy «appartengono a tutti ed è nostro dovere tenerle pulite e in ordine come se fossero casa nostra».

Andrea e Raffaella sottolineano infine come 7 mesi di chiusura – senza alcun ristoro, nessuna nuova iscrizione e con le spese dell’affitto della palestra e le utenze comunque da pagare – i pochi risparmi accumulati in 30 anni di attività si sono volatilizzati e che il 30-40% delle palestre torinesi non potrà riaprire: «è un danno enorme non solo per molti colleghi in ginocchio ma anche per la salute di bambini, ragazzi, adulti e anziani: lo sport, oltre a far bene al corpo, a combattere ansia e depressione e a socializzare fortifica il nostro sistema immunitario: chiudere incondizionatamente le palestre non è stata una scelta oculata: ne pagheremo presto le conseguenze».