Buoni spesa a 10 mila famiglie

Intervista – Parla l’assessore torinese al welfare Jacopo Rosatelli: Comune e Diocesi unica squadra in campo per il sostegno ai senza dimora: “dobbiamo superare il modello del dormitorio di via Traves, con la Compagnia di San Paolo stiamo progettando casette mobili in grado di offrire maggiore stabilità e accoglienza dignitosa per tutti”

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Prosegue la serie di interviste de La Voce e Il Tempo a tutti gli assessori della squadra del nuovo sindaco di Torino Stefano Lo Russo. Questa settimana incontriamo l’assessore Jacopo Rosatelli, titolare delle Politiche sociali, abitative e di edilizia pubblica e con deleghe al coordinamento delle relazioni con le aziende sanitarie e alle pari opportunità.

Assessore Jacopo Rosatelli

Assessore Rosatelli, partiamo dalla grave crisi economica e sociale generata dalla pandemia che va sempre più acuendosi. L’amministrazione comunale proprio in questi giorni ha rilanciato il progetto «Torino solidale» per la distribuzione di buoni spesa a famiglie in difficoltà a causa degli effetti del Covid. A quante famiglie verranno destinati? Quali altre misure sono previste per far fronte all’emergenza?

La scorsa settimana abbiamo dato avvio ad una nuova distribuzione di buoni spesa grazie a risorse del Governo ed europee: si tratta di 2 milioni e 300 mila euro. Ne beneficeranno 10 mila famiglie: ogni nucleo familiare, in base al numero dei componenti, riceverà un buono ogni mese del valore di 120, 240 o 360 euro. Abbiamo ricevuto 15 mila domande e ne abbiamo accolte, in base alle risorse, 10 mila. Gli uffici comunali hanno svolto, in tempi celeri, un importante lavoro di verifica di chi ha diritto a questa fondamentale misura, esaminando pratica per pratica.

I cittadini beneficiari che hanno presentato la domanda sulla piattaforma «Torino Facile» riceveranno via mail o sms una comunicazione e potranno scaricare i buoni direttamente dal sito. Le persone che hanno difficoltà con i nuovi strumenti tecnologici, o che non hanno modo di accedere al portale, possono rivolgersi alla rete di «Torino Solidale», che conta 17 «snodi» nei quartieri della città e 21 punti di distribuzione di cibo.

Intendo valorizzare il progetto «Torino Solidale», una rete che il Comune ha messo in piedi nel periodo della pandemia, composta da enti del Terzo Settore e del mondo del volontariato, fra cui la Diocesi, il Sermig, il Gruppo Abele, che costituisce un’ottima forma di relazione tra il sistema di welfare e i cittadini.

Una rete dove giocano un ruolo importante le «Case del quartiere», in cui si trovano i cosiddetti «snodi» di «Torino solidale», crocevia di diverse associazioni, fra cui imprese sociali, che gestiscono gli spazi e contribuiscono a creare coesione e comunità, in particolare nelle zone di periferia segnate dal disagio.

Questo schema di gioco è il modello di come la nuova amministrazione comunale intenda affrontare le fragilità sociali: attraverso il protagonismo del Comune, attraverso il protagonismo del pubblico e attraverso la cooperazione a tutto campo con la solidarietà organizzata della società civile e del Terzo Settore.

Negli «snodi», come accennato, continuano le distribuzioni di pacchi alimentari grazie a risorse del Comune, allo stesso tempo portiamo avanti un’attività di accompagnamento sociale: le persone che vengono intercettate dagli «snodi» o che si avvicinano ai servizi sociali vengono aiutate anche a costruire relazioni sociali per non restare sole.

In merito alle Politiche Sociali come intende strutturare la collaborazione e la coprogettazione con gli altri enti della società civile ed in particolare con la Diocesi di Torino?

Nel primo mese dopo l’insediamento della nuova Giunta ho incontrato l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia a cui ho subito espresso il mio apprezzamento per ciò che la Chiesa Cattolica di Torino fa a tutto campo per le persone fragili della società torinese, a partire dai senza dimora.

L’Arcivescovo, anche a nome della Caritas Diocesana, in particolare ha rinnovato l’impegno della Diocesi a farsi parte attiva di un sistema di sostegno alle persone senza dimora, in tutte le situazioni. Certamente questa è una fondamentale forma di co-progettazione, più che collaborazione, su cui lavoreremo come unica squadra in campo per intervenire insieme a contrasto delle marginalità estreme, oltre a tutte le altre fragilità. Anche la sinergia con le parrocchie è certamente una risorsa preziosa e fondamentale.

Nonostante la poderosa rete di Comune, enti del Terzo Settore, Diocesi e numerose associazioni, a Torino permangono gravi problemi di marginalità sociale: decine di persone senza dimora continuano a dormire sotto i portici e nelle vie del Centro-città con il rischio costante che si arrivi alla tragedia, come più volte avvenuto. Al di là delle tende installate davanti al Duomo (c.f.r. altro servizio) quali azioni l’amministrazione intende mettere in campo in relazione alle povertà estreme?

Le persone che dormono in strada e non accettano di andare nei dormitori, o di essere accompagnate, hanno spesso problemi di dipendenze o di tipo psicologico o psichiatrico. Per il loro accompagnamento sono necessari professionisti in ambito sanitario che si occupano di dipendenze, patologie psichiatriche e disturbi comportamentali.

Proprio in questi giorni è stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra Regione Piemonte, Prefettura, Comune di Torino, Città Metropolitana, Asl, Diocesi, Circoscrizioni cittadine e Federazione italiana Organismi Persone senza dimora (Fiopsd) per favorire l’accesso dei clochard ai servizi e soprattutto all’iscrizione al Servizio Sanitario Regionale, e quindi al medico di medicina generale. Confidiamo dunque che l’azione congiunta insieme alla Regione e all’Asl possa consentire un intervento più efficace su questo fronte.

In secondo luogo stiamo investendo risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per la rimessa a nuovo di alcuni dormitori che in questo momento sono chiusi. Intendiamo ampliare e diversificare l’offerta di posti letto in ambienti sempre più familiari.

Abbiamo incentivato la progettualità «Housing first» che offre alloggi di edilizia popolare alle persone senza dimora senza passare attraverso le case dell’ospitalità e i dormitori tradizionali. Sempre con le risorse del Pnrr intendiamo sviluppare l’idea degli alloggi temporanei (o «stazioni di posta»), in primo luogo ingrandendo quello che attualmente è operativo in via Sacchi 49 dove si trova anche l’ambulatorio sociosanitario Gamba.

Certamente è nostra intenzione superare il modello del dormitorio di via Traves. In sinergia con la Compagnia di San Paolo stiamo sviluppando una progettualità nuova: casette mobili, ma che assomiglino più ad una casa che ad un dormitorio in grado di offrire una stabilità maggiore e un’accoglienza dignitosa per tutti.

In generale come la Giunta si sta attrezzando sui fondi del Pnrr che nello specifico riguardano i capitoli sulle Politiche Sociali?

Avremo due filoni di finanziamenti. Uno è quello che arriva al Comune attraverso la Città Metropolitana. Su questo filone (113 milioni di euro) la parola chiave è accessibilità: ovvero l’abbattimento di barriere architettoniche, sensoriali, funzionali e sociali per permettere alle persone in condizioni di disabilità e marginalità di poter accedere ai servizi della città. Si tratta di interventi che intendono rimettere a nuovo edifici del sociale e rendere i quartieri davvero accessibili, come per esempio i semafori per le persone ipovedenti.

L’altro filone è quello che giunge attraverso la Regione Piemonte. In questo caso il bando non è ancora stato pubblicato.

Passiamo alle politiche per la casa: come gestirete i rapporti con la Regione Piemonte e con l’Atc sull’emergenza abitativa? C’è, per esempio, il tema dei numerosi alloggi occupati abusivamente in città…

Per affrontare questo tema dobbiamo in primo luogo partire da un presupposto: se ci sono case di edilizia popolare pubblica sfitte la responsabilità è del sistema pubblico che ha il compito di assegnare quegli alloggi. Non intendo giustificare l’occupazione abusiva, ma dobbiamo comprendere che questi fenomeni derivano anche da deficienze della parte pubblica.

Certamente è fondamentale mettere a nuovo alloggi di edilizia residenziale e allo stesso tempo tornare a costruirne di nuovi. Si tratta di una competenza regionale ma cercheremo di accelerare la costruzione degli alloggi dell’area ex Veglio tra via Venaria e via Lanzo.

C’è poi il problema degli sfratti per morosità incolpevole per cui abbiamo attivo un protocollo e un tavolo con la Prefettura, come sulle occupazioni abusive degli alloggi Atc.

Su questo punto siamo intenzionati a far valere le ragioni sia della legalità che del rispetto delle persone nelle loro fragilità sociali ed economiche: non accetteremo mai di mettere fuori di casa famiglie con bambini, disabili o in difficoltà economica, cercheremo sempre di far valere le ragioni umanitarie e sociali rispetto ad altre ragioni, pur certamente legittime.

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