«Durante la guerra partigiana le storie appena vissute si trasformavano e trasfiguravano in storie raccontate la notte intorno al fuoco, acquistavano già uno stile, un linguaggio, un umore come di bravata, una ricerca d’effetti angosciosi o truculenti. Alcuni miei racconti, alcune pagine di questo romanzo hanno all’origine questa tradizione orale appena nata, nei fatti, nel linguaggio».
Chi scrive è Italo Calvino, se non il più importante certo il più influente scrittore italiano del dopoguerra a livello nazionale e internazionale, in virtù del suo ruolo non solo di narratore e di ricercatore, ma anche e soprattutto di redattore e direttore di collana presso la casa editrice Einaudi. È il 1964, e nella collana I coralli viene ripubblicato «Il sentiero dei nidi di ragno», il primo romanzo uscito nel 1947 e diventato uno dei capisaldi di quel «neorealismo» di cui lo stesso Calvino, nel suo testo, qualche rigo sotto, dice: «Il neorealismo non fu una scuola. Cerchiamo di dire le cose con esattezza. Fu un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, anche – o specialmente – delle Italie fino allora più inedite per la letteratura». Quando lo scriveva, questo piccolo grande capolavoro d’esordio, Calvino aveva poco più di vent’anni – era nato nell’ottobre del 1923 – e, quando ci riflette, trentuno. Stupisce, questa maturità? Onestamente, un po’ sì.
Quando Paolo Stratta, cui ormai mi unisce un sodalizio che va ben oltre il lavoro, che ha portato alla nascita della Fondazione Cirko Vertigo, di cui indegnamente sono presidente pro bono, mi ha chiesto se avessi voglia una tantum non solo di aiutarlo nella parte istituzionale, ma di fare quello che di solito faccio nella mia professione quotidiana, ovvero di progettare contenuti adatti alle trasformazioni dei territori, queste pagine di Calvino mi sono tornate subito in mente. L’obiettivo è rendere la cultura non intrattenimento, ma enzima di cambiamento (ci si prova…).
Era trascorso pochissimo tempo da quando a Ivrea, capitale italiana del libro, la coraggiosa assessora alla cultura Costanza Casali aveva accettato di dedicare all’autore nativo di Santiago di Cuba le luci di Natale, luci che dovevano essere sostenibili e realizzabili a tempo di record, e ci si era buttati, insieme all’artista Paolo Amico, a rileggere soprattutto le pagine del libro «Le città invisibili», selezionando testi che si attagliassero alle forme fisiche della comunità eporediese. Era in assoluto il primo atto pubblico dei tanti che, tra la concitata fine del 2022 e lungo tutto il 2023, in molti luoghi d’Italia e del mondo, festeggiavano il centenario della nascita del nostro. A suggellare quell’iniziativa, subito apprezzata dalla figlia Giovanna che, per il tramite di una cortese avvocata basata a Roma, ci aveva autorizzato a procedere, era venuto a Ivrea Marco Belpoliti, forse il più acuto conoscitore dei linguaggi calviniani, soprattutto quelli legati al tema della vista.
Marco aveva accettato di venire a Ivrea a tenere una lectio magistralis il 7 dicembre, e in pochi giorni aveva messo in fila tutte le pubblicazioni in mio possesso. La prima, forse, era una edizione scolastica di «Marcovaldo»: lettura urbana, necessaria per capire gli anni Sessanta e Settanta, quelli di una umanità del tutto asservita al lavoro, le lotte operaie a sostituire quelle partigiane, ma non nella narrazione datata 1963: Marcovaldo, lo spiega benissimo Calvino stesso nel volumetto per le scuole uscito nel 1966, ha la «particolarità di essere un Uomo di Natura, un buon selvaggio esiliato della città industriale». Questo «animo semplice», «è padre di una famiglia numerosa, lavora come manovale o uomo di fatica in una ditta (…). Da dove egli sia venuto alla città, quale sia l’altrove di cui egli sente nostalgia, non è detto; potremmo definirlo un immigrato, anche se questa parola non compare mai nel testo; ma la definizione è impropria, perché tutti in queste novelle sembrano immigrati in un mondo estraneo da cui non si può fuggire».
Marcovaldo è forse il papà di Palomar (il personaggio con cui Calvino più si identifica), o meglio un suo zio acquisito. La sua figura ha contribuito a forgiare l’idea di cittadino in migliaia di giovani lettori; eppure oggi tale consuetudine sembra essere del tutto venuta meno, così come un certo tipo di letteratura non è più il cuore del sapere collettivo e individuale, ma piuttosto un territorio totalmente da riscoprire, o meglio da scoprire del tutto. Si leggono sempre di più i propri contemporanei, si scelgono nomi e temi imposti da quella macchina editoriale che lo stesso Calvino ha contribuito a far nascere e crescere con grande dedizione; e, tranne taluni importanti casi, in primis quello di Primo Levi, non c’è più il tempo e il modo di confrontarci con quello che alcuni scrittori volevano stimolare con la loro opera, considerandola non come qualcosa che si acquista e si consuma, ma come una forma altissima – starei per dire la più alta – di riflessione sul senso dell’esistenza, soprattutto di quella collettiva.
Abbiamo dunque il compito, e ci serve creare la possibilità, di rimettere in circolo quelle opere che hanno fatto grande la nostra letteratura ma anche e soprattutto la nostra produzione intellettuale tout court. Questo vuole essere «Calvino 100», il progetto con cui la Fondazione Cirko Vertigo ha ottenuto il miglior punteggio tra quelli che hanno partecipato al bando per i progetti speciali del Ministero della Cultura per l’anno 2023: un’occasione speciale, unica, con la quale riprendere le parole chiave dell’opera di Italo Calvino e trasformarle in uno spettacolo itinerante, co-creato dagli artisti e dal pubblico, che toccherà tutte le Regioni italiane come lo stesso Calvino fece quando compilò nel 1956 il volume delle «Fiabe italiane», in cui raccolse duecento storie del folklore nazionale.
Le due opere che saranno al centro della produzione saranno proprio «Il sentiero dei nidi di ragno», la prima pubblicata – come ricordavo poc’anzi – nel 1947, a guerra civile (così dobbiamo dire, per essere precisi, riferendoci allo scontro tra partigiani e fascisti) appena conclusa, e le «Lezioni americane», l’ultima scritta e pubblicata postuma nel 1988, tre anni dopo la prematura scomparsa dell’autore, avvenuta all’ospedale di Siena nel 1985, dove i medici tentarono invano di salvarlo da un ictus cerebrale che l’aveva colto proprio mentre preparava i suoi «six memos for the next millennium», di cui ci restano (e siamo fortunati!) i primi cinque. Il 6 giugno del 1984, infatti, Calvino era stato invitato dall’università di Harvard a tenere una serie di quelle che venivano definite «Norton Lectures», già in passato richieste a giganti della letteratura come Eliot, Paz, Borges.
Tra luglio e settembre di quest’anno, la compagnia Collettivo 6Tu, formata da sei ex studenti dell’Accademia di Fondazione Cirko Vertigo, la prima in Italia a rilasciare un diploma di Laurea in Circo contemporaneo, risalirà lo Stivale, con lo spettacolo «Fili invisibili», per raccontare con il linguaggio universale del circo contemporaneo le storie di Calvino in occasione dei cent’anni della nascita, ma non solo: sarà l’occasione per ricordare gli ottant’anni della Resistenza, così come l’autore l’ha ‘fissata’ nella sua prima opera e in alcune canzoni straordinarie scritte con il collettivo dei Cantacronache (tra le altre, l’indimenticabile «Oltre il ponte»), ma anche i settant’anni dell’Uncem, ovvero l’Unione dei comuni di montagna. Abbiamo infatti scelto come territorio d’elezione non le grandi città, ma piccoli e piccolissimi borghi delle aree interne. Il percorso partirà dalla Sicilia e terminerà all’Orto botanico di Cagliari, in Sardegna, luogo simbolo del progetto, in quanto Eva Mameli, madre di Italo Calvino, ne fu la direttrice fino al 1929.
Il tour toccherà luoghi di rara bellezza come Aquara (Campania), Capracotta (Molise), Sante Marie (Abruzzo), Fosdinovo (Toscana), Pontebba (Friuli), Tirano (Lombardia), Aosta (Valle d’Aosta), Ostana (Piemonte). In ogni tappa, il pubblico non sarà solo spettatore ma protagonista, chiamato a costruire gli spazi e i modi della narrazione. Sarà anche l’occasione per molti appassionati che abitano in spazi urbani per scoprire luoghi di solito non toccati dalle tournée artistiche. È uno dei nostri obiettivi dichiarati. Vi aspettiamo.