I laici protagonisti nella Chiesa, era l’idea del Concilio. Qualcuno ci provò molto prima dell’assise che è passata alla storia con il nome di Vaticano II. Uno di loro era Carlo Carretto. Laico, animatore culturale e spirituale, rappresentante della stagione più vivace e importante dell’Azione cattolica italiana. Nato ad Alessandria nel 1910, si spense a San Girolamo trent’anni fa, il 4 ottobre 1988, dove ora è sepolto. Sulla sua tomba è costante il pellegrinaggio di chi lo ha conosciuto personalmente, di coloro che frequentavano in anni giovanili la Fraternità spellana, di chi lo ha ‘incontrato’ attraverso i suoi numerosi libri, che attingono costantemente dalla Bibbia e, per questo, sono vere e proprie Guide per l’anima.
Gianni Borsa, giornalista e direttore del periodico dell’Azione cattolica «Segno», nel libro «Carretto ieri e oggi» riprende una bella considerazione di Carlo Carretto: «Una delle fortune più grandi che mi son capitate nella vita è stata senza dubbio la scoperta della Bibbia, che ho fatto verso i vent’anni», annota in uno dei suoi volumi. «Attribuisco a tale scoperta quel po’ di sensibilità religiosa che mi condusse prima a donarmi all’apostolato nel mondo e, più tardi, a ricercare l’assoluto in una congregazione contemplativa come quella dei Piccoli fratelli del padre de Foucauld. La Bibbia non mi ha mai deluso. Ho trovato in essa ciò di cui la mia anima aveva bisogno, tappa dopo tappa. […] Fu l’unico libro che portai sempre con me e che desidero sia messo dai miei fratelli sul mio petto accanto al crocifisso e al rosario quando scenderò nella tomba».
Carlo era un mandrogno dal volto sereno ma capace di diventare forte per difendere i deboli e le sue idee. Come Umberto Eco, nasce nella città di Baldovino e proprio da quell’enclave piemontese, che si perde nella pianura e sfiora le terre lombarde e liguri, Carlo cresce in una famiglia di origine contadina. Ebbe da piccolo una educazione austera e vigorosa, tipicamente cattolica, improntata sulla spiritualità salesiana. Ottenuto il diploma di insegnante nelle scuole elementari, insegnò per vari anni nelle province di Novara, Vercelli e Cuneo conseguendo nel frattempo la laurea in filosofia e pedagogia. Si iscrisse alla Giac (Gioventù cattolica) e ben presto venne nominato presidente diocesano di Torino. Si dimostrò da subito, oltre che credente, entusiasta, uomo battagliero e abile organizzatore, dotato per giunta di un eloquio molto efficace. Dopo una parentesi in cui fu designato come direttore didattico a Bono, in provincia di Sassari, fu espulso dalla Sardegna per essersi rifiutato di aderire alle attività della gioventù fascista. Carlo rifiutò il giuramento alla Repubblica di Salò e, finita la guerra, Pio XII lo chiamò a Roma per dirigere la Giac nazionale.
Le elezioni politiche dell’aprile 1948 andarono bene per il Vaticano, per la netta vittoria della Democrazia cristiana, anche se il «pericolo» comunista stava sempre in agguato. È in questo contesto che Carretto, cavalcando un’idea di Chiesa forte, battagliera e trionfalista, organizzò una dimostrazione di ben trecentomila giovani cattolici, i famosi «baschi verdi», in piazza San Pietro, che suscitò grande scalpore. Carlo era ormai conosciuto e stimato da tutti. Se in quel momento avesse deciso di entrare in politica avrebbe probabilmente avuto tutte le possibilità di ricoprire anche le più alte cariche dello Stato, ciò che fecero in seguito Emilio Colombo, Oscar Luigi Scalfaro e tanti altri che a quel tempo erano suoi assistenti. Carlo scelse invece di continuare ad animare con grande entusiasmo la gioventù cattolica e accettò di venire ordinato diacono. «Non volli assolutamente essere ordinato presbitero per conservare un minimo di libertà nei confronti della gerarchia ecclesiastica», confessò più tardi lui stesso.
Nel 1949 pubblicò il libro «Famiglia piccola Chiesa». Ispirandosi al «Cantico dei Cantici», Carretto rifletteva senza tanti giri di parole sull’amore tra l’uomo e la donna vissuto alla luce del sacramento del matrimonio. Anche se l’ambiente cattolico più bigotto si mostrò scandalizzato, il libro fu per molti una autentica rivoluzione ed ebbe una grandissima diffusione anche per la sua natura di diario intimo che si appellava all’esigenza profonda di coniugare fede e vita. Nel 1952 esplosero contrasti che covavano da tempo nella Chiesa. Carretto si trovò in disaccordo con una frazione importante del mondo cattolico che progettava un’alleanza con i partiti di destra per contrapporsi frontalmente al comunismo. Era convinto che l’Azione cattolica, in particolare, dovesse rimanere essenzialmente una scuola di formazione delle coscienze e non una forza aggregativa a favore di determinate forze politiche.
Carlo, da uomo coerente e tutto d’un pezzo, non poté fare a meno di dimettersi da presidente della Giac, pronunciando le seguenti parole: «Credere in Dio vuol dire non aver paura di nessuno, significa tener sempre la testa alta, significa mantenersi sempre liberi». Amareggiato, ma non scoraggiato, si ritirò nel silenzio e nella lettura. Si imbatté provvidenzialmente nel libro «Come loro» di Renè Voillaume, fondatore nel 1933 di una congregazione che si ispirava all’eremita missionario Charles de Foucauld. Il libro del religioso lo scosse profondamente. Sentì dentro di sé una forza interiore nuova che gli fece esclamare: «Parto per il deserto».
Il Cardinal Montini, arcivescovo di Milano, a suo tempo suo collaboratore e amico, scrisse una lettera di presentazione indirizzata al padre Voillaume: «È una persona di grande sincerità, di ardente vita spirituale, di molta generosità, un uomo veramente innamorato di Dio e della sua Chiesa». L’8 dicembre 1954 Carretto partì per il deserto e il giorno di Natale ricevette nella cappella della fraternità di El-Abiodth, in Algeria, l’abito bianco che significava la sua entrata ufficiale in noviziato. Sentì da subito che stava iniziando per lui una vita nuova. Doveva spogliarsi di tutte le sovrastrutture, di tutta la vanità del passato.
Era felice. Scopriva nel silenzio del deserto la povertà vera, quella materiale certo, ma anche la povertà spirituale di chi si mette nudo davanti al Signore: «Né radio, né giornali. Solo preghiera e lavoro. Zappo l’orto ma mi prodigo anche come cuoco e panettiere. Notizie non arrivano mai, ma in compenso ho attaccato il filo con la centrale del Paradiso e mi sfogo a pregare». Il maestro dei novizi fu categorico: doveva disfarsi perfino della sua agenda, quella dove erano annotati tutti gli indirizzi della Roma che contava. E Carlo lo fece subito.
Diventa così un pellegrino nel deserto, alla ricerca del senso più profondo e vero della vita. Sulle orme di de Foucauld, diventa un fratello e fonda una comunità, fino al definitivo trasferimento a Spello. I suoi libri diventano un riferimento, la sua comunità nel cuore dell’Umbria francescana una meta di migliaia di giovani. Scriveva Carretto: «Il Concilio ci ha apportato una nuova visione di Chiesa, una nuova visione del mondo. Più passa il tempo e più si allontana da noi la concezione della Chiesa della nostra giovinezza. Allora la Chiesa ci appariva come città sul monte; ora la vediamo come lievito nella pasta. Quando eravamo ragazzi la sognavamo forte e servita da tutti. Ora la desideriamo debole, a servizio degli uomini. A quei tempi la vedevamo assediata da innumerevoli nemici, ora ci appare come un albero di senape capace di ospitare nidi fra i suoi rami di pace».
Sulla linea di don Milani, don Mazzolari, padre Balducci e padre Turoldo, Carretto nutrì sempre un affetto viscerale e filiale nei confronti della Chiesa. Ma era proprio questo amore immenso che lo spingeva, da vero figlio, a metterla in guardia e perfino a rimproverarla ogni qualvolta dall’osservatorio privilegiato dei suoi eremi di preghiera, invasi da tanti ricercatori della Verità, si accorgeva che stava deviando dal messaggio evangelico. Il suo cuore si è spento il 4 ottobre 1988, il giorno di San Francesco. I suoi occhi si sono aperti nella luce di quel Padre che ha tanto amato e testimoniato.