Il parroco don Iosif Patrascan davanti all’abbazia di Casanova (Carmagnola) si china a baciare la terra – «come mio papà faceva tutte le mattine in Romania». Davanti a lui una moltitudine di trattori e agricoltori convenuti domenica 17 gennaio per la festa di Sant’Antonio Abate. È l’immagine che fotografa il senso più profondo del momento di preghiera che domenica scorsa ha riunito interamente, nel rispetto delle norme anticontagio, le borgate carmagnolesi di Casanova, Salsasio e Vallongo, tutte schierate contro l’ipotesi di ospitare nei locali campi agricoli il futuro Deposito nazionale delle scorie nucleari.
I terreni di Casanova (160 ettari di campi coltivati) figurano tra le 67 aree italiane giudicate idonee ad accogliere il Deposito: sono stati selezionati dalla società Sogin, che ha l’incarico statale di curare lo smantellamento dei rifiuti radioattivi. La località carmagnolese è tra le 12 zone indicate, fra tutte, come «più idonee».
La gente di Carmagnola è molto preoccupata e si oppone. La questione è ovviamente delicata, perché a livello nazionale il problema delle scorie deve pur trovare una soluzione (in proposito pubblichiamo una lettera a pag. 31). A livello locale prevale la paura.
Le comunità locali hanno scelto la strada della preghiera e della riflessione, come già avevano fatto la domenica precedente, meditando sul significato della festa di Sant’Antonio, protettore dei contadini e degli animali da lavoro, e sul magistero di Papa Francesco, in particolare sull’enciclica Laudato Sì, il cui testo è stato posto davanti all’altare.
Nella fila, che non finiva mai, di 250 trattori che dopo la benedizione hanno sfilato davanti al sito che preoccupa, c’erano numerosi giovani che lavorano nei campi anche grazie a progetti europei: è servito a mostrare che la terra di Carmagnola produce frutto e vita da numerose generazioni. Durante la Messa è stato ricordato che i monaci cistercensi vi si insediarono per primi nel 1150, bonificarono l’area e iniziarono a coltivare i terreni dando inizio alla vocazione agricola del luogo, mai interrotta.
«Crediamo fermamente», evidenzia l’Arcivescovo Nosiglia in una lettera inviata alle comunità, letta dal parroco, «che l’aiuto del Signore e l’intercessione di sant’Antonio Abate, sia un richiamo forte a salvaguardare il vostro territorio, fertile e ricco di prospettive positive sul piano dell’agricoltura e dei suoi vari prodotti. Ed è sulla vostra terra che vi incontrate: una terra che è per voi ragione di lavoro e di sopravvivenza ma che è anche un bene, un patrimonio che siete chiamati a tutelare». Ed ecco il richiamo dell’Arcivescovo «a riconoscerci ‘fratelli tutti’, come dice il Papa: fratelli e solidali, in una tutela del territorio che non significa soltanto dire dei ‘no’, ma piuttosto e prima dei ‘sì’ ad uno sviluppo sostenibile, solidale , pulito. E rispettoso di quel lavoro che secondo la tradizione ha sempre caratterizzato il nostro mondo agricolo».
Tra le autorità sono intervenuti il sindaco di Carmagnola, Ivana Gaveglio, il presidente del Consiglio regionale, Stefano Allasia, e l’assessore regionale Maurizio Marrone.
«Subito dopo la notizia della pubblicazione della mappa nazionale», evidenzia il sindaco Gaveglio, «ci siamo rivolti a professionisti per compilare il dossier delle osservazioni dal punto di vista tecnico, perché rileviamo moltissime criticità: la più importate è la falda acquifera che in alcuni punti arriva a soli tre metri di profondità. L’area individuata è un ampio terreno agricolo di classe pregiata, su cui sono stati compiuti investimenti per le generazioni future. Riteniamo che il Deposito nazionale debba essere realizzato in sicurezza in aree effettivamente dismesse, in grado di venire incontro a questa esigenza e non fruttuose dal punto di vista agricolo e occupazionale».
Foto gallery a cura di Andrea Pellegrini