Caselli, “ma la lotta alla mafia non è finita”

Intervento – Dopo l’arresto del boss mafioso Matteo Messina Denaro, avvenuto, dopo quasi trent’anni di latitanza, lo scorso 16 gennaio a Palermo, abbiamo chiesto un commento al magistrato Gian Carlo Caselli, a capo della Procura palermitana per quasi sette anni

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Dopo l’arresto del boss mafioso Matteo Messina Denaro, avvenuto, dopo quasi trent’anni di latitanza, lo scorso 16 gennaio a Palermo, abbiamo chiesto un commento al magistrato Gian Carlo Caselli, a capo della Procura palermitana per quasi sette anni.

Il magistrato Gian Carlo Caselli

 Ricordiamo le parole che Paolo Borsellino ci ha lasciato come una sorta di testamento spirituale: «La lotta alla mafia non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolga tutti, che tutti aiuti a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della complicità».

Al coinvolgimento provvedono le Associazioni come Libera (che fa capo a don Luigi Ciotti). Libera ha un ruolo trainante per l’assegnazione ad attività socialmente o istituzionalmente utili dei beni illeciti confiscati ai mafiosi. In questo modo una parte del ‘bottino’ che la mafia ha rapinato alla collettività viene a quella restituito, perché possa trarne profitto. Ecco quindi un’antimafia che non agisce solo secondo uno schema di ‘guardie e ladri’, ma nel solco della giustizia riparativa. Un’antimafia che coinvolge la società civile e offre opportunità di lavoro che creano cittadini titolari di diritti, non più sudditi dei mafiosi. Un’antimafia che parla di dignità e indipendenza, un baluardo della democrazia contro i ricatti e le umiliazioni dei mafiosi. Una conquista grazie alla quale possiamo rivendicare che l’Italia è sì, purtroppo, un Paese con problemi di mafia, ma è anche il Paese dell’antimafia. Tutto ciò nella consapevolezza che il contrasto alle mafie non può essere delegato soltanto alle forze (polizia e magistratura) cui la legge affida compiti di repressione-

Quella antimafia è una repressione che funziona piuttosto bene (almeno finché il ministro Nordio non riuscirà ad inceppare le intercettazioni…). A fare notizia, in questi giorni, è stato (sul versante della mafia siciliana) l’arresto di Matteo Messina Denaro, ultimo anello di una lunga catena di latitanti individuati che parte trent’anni fa con la cattura di Riina e prosegue poi con altre catture ‘eccellenti’: Brusca, Bagarella, Aglieri, Ganci, i fratelli Graviano, Vito Vitale, Gaspare Spatuzza, Provenzano, Santapaola… per ricordare solo alcuni nomi dei tantissimi.

E’ evidente che Cosa nostra stragista (quella dei Corleonesi) ha subito durissimi colpi: se non è finita, sembra in via di estinzione. Come una corazzata colpita più volte anche sotto la linea di galleggiamento che però non affonda. Perché? Non si deve dimenticare (mai!) che la mafia, tutte le mafie, in verità, non sono ‘soltanto’ una banda di gangster pericolosi. Esse sono anche e soprattutto un’organizzazione criminale strutturata, non una ‘semplice’ emergenza. Vanno affrontate e colpite appunto come organizzazione, oltre che nelle singole componenti individuali.

Va anche detto che le associazioni di tipo mafioso non operano nel vuoto. Sono inserite in un sistema di rapporti di complicità che coinvolgono professionisti, imprenditori, amministratori pubblici, uomini politici, soggetti che affiancano i capi della mafia e formano la cosiddetta ‘borghesia mafiosa’ o ‘zona grigia’ . È proprio questa a costituire la vera spina dorsale del potere mafioso (il riciclaggio, ad esempio, non sarebbe possibile senza il contributo ben ricompensato di esperti che sanno agire nelle banche e nel sistema finanziario sia nazionale che internazionale).

La repressione deve pertanto occuparsi anche della zona grigia (che realizza il cosiddetto concorso esterno). Ma su questo versante un compito decisivo di ‘bonifica’ ha pure la politica. Invece la politica tutta (senza distinzioni di casacca) dimostra ancora oggi indifferenza o distrazione, tant’è vero che la mafia dovrebbe stare ai primi posti della sua agenda, mentre troppo spesso non ci sta neppure. Così si spiega lo stop and go che purtroppo caratterizza negativamente il contrasto della mafia.

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