Il Papa difende san Giovanni Paolo II «oggetto di illazioni offensive e infondate» nella certezza «di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo». Lo ha fatto dopo il «Regina coeli» del 16 aprile, nella «domenica della Divina Misericordia», istituita da Wojtyla nel 2000, che è stato obiettivo di accuse legate al caso Orlandi, mosse sulla base di anonimi «si dice», senza testimonianze o indizi, da Pietro Orlandi – fratello di Emanuela sparita a Roma – e dall’avvocato Laura Sgrò. Da quarant’anni Pietro Orlandi accusa direttamente la Santa sede e indirettamente il Papa. Da lui c’è da aspettarsi nuove puntate di fango.
«Pensate cosa sarebbe accaduto se qualcuno affermasse in televisione, sulla base di un ‘sentito dire’ da fonte anonima e senza un riscontro o una testimonianza, che vostro padre o vostro nonno di notte usciva di casa e insieme a qualche ‘compagno di merende’ andava in giro a molestare ragazze minorenni. E immaginate che cosa sarebbe successo se il vostro parente, defunto, fosse universalmente conosciuto e da tutti stimato. Non avremmo forse letto commenti ed editoriali indignati per il modo inqualificabile con cui è stata lesa la buona fama di questo grande uomo?». Comincia così l’editoriale di Andrea Tornielli, direttore di «Vatican News».
Accuse senza prove. «Una follia», prosegue Tornielli, «questo massacro mediatico intristisce e sgomenta ferendo il cuore di milioni di credenti e non credenti. La diffamazione va denunciata perché è indegno di un Paese civile trattare in questo modo qualunque persona, viva o morta, chierico o laico, Papa, metalmeccanico o giovane disoccupato. È giusto che tutti rispondano degli eventuali reati, se ne hanno commessi, senza impunità o privilegi. Ma nessuno merita di essere diffamato senza uno straccio di indizio, sulla base dei ‘si dice’ di qualche sconosciuto del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta tv».
Sul caso Orlandi nel gennaio 2023 è stato riaperto un fascicolo dal promotore di Giustizia vaticano, Alessandro Diddi. Una decisione che conferma la volontà di Papa Francesco e della Santa Sede di fare chiarezza sulla vicenda. Martedì 11 aprile 2023 Pietro Orlandi, accompagnato dall’avvocato Sgrò, è stato ricevuto da Diddi per rendere dichiarazioni e informazioni. Un colloquio durato quasi 8 ore e – per quanto se ne sa – approdato a nulla. Perché Pietro Orlandi e Sgrò si rifiutano di fare nomi. Sabato 15 aprile al promotore di giustizia vaticano l’avvocato – che ha più volte lamentato di non essere stata convocata – ha scelto di opporre il segreto professionale e si è rifiutata di riferire da chi lei e Orlandi hanno raccolto le «voci» sulle presunte abitudini di Papa Wojtyla. Il promotore di Giustizia assicura più volte di voler andare sino in fondo e di indagare ogni pista possibile per cercare la verità, avendo ricevuto un preciso mandato da Francesco e dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin.
«Ignobili insinuazioni, accuse farneticanti, irrealistiche e risibili». Il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia, difende il Papa che ha servito per oltre quarant’anni come segretario particolare. Il cardinale in una nota parla di «avventatissime affermazioni, ma sarebbe più esatto dire ignobili insinuazioni» e auspica che «l’angosciante vicenda possa affrancarsi dal gorgo dei depistaggi, mitomanie e sciacallaggi» che la caratterizzano da quarant’anni: «Le insinuazioni, che si vorrebbero scaturite da inafferrabili ambienti della malavita romana, sono in realtà accuse farneticanti, false dall’inizio alla fine, irrealistiche, risibili al limite della comicità se non fossero tragiche, anzi criminali». Riconosce che «un crimine gigantesco» è stato fatto a Emanuela e alla sua famiglia. Altrettanto «criminale è lucrare su di esso con farneticazioni incontrollabili, volte a screditare preventivamente persone e ambienti». Il cardinale testimonia, come segretario particolare di Giovanni Paolo II, «senza il timore di smentite, che fin dal primo momento il Papa si è fatto carico della vicenda, ha agito e fatto agire perché essa avesse un felice esito, mai incoraggiando occultamento».
La presidenza della Cei si unisce a Francesco, ne condivide il pensiero: gli attacchi a Wojtyla sono «illazioni offensive e infondate».