Gli attriti accumulati negli anni dalla litigiosa maggioranza che sostiene (per modo di dire) il sindaco Chiara Appendino verranno al pettine tutti insieme nelle prossime settimane, al momento di decidere sul futuro della Cavallerizza Reale di Torino, manica abbandonata del Palazzo Reale, tutelata dall’Unesco come patrimonio dell’umanità e sgomberata recentemente da un gruppo di occupanti («artisti») legati ai centri sociali e al movimento Cinque Stelle.

Attorno alla Cavallerizza si sta consumando la resa dei conti fra il Sindaco e l’ex Vicesindaco Guido Montanari, rimosso dall’incarico prima dell’estate per le sue esternazioni ostili al Salone dell’Auto. Se Appendino ha fatto allontanare gli occupanti della Cavallerizza, Montanari li difende a spada tratta, e soffia sul fuoco di una mozione di sfiducia che un gruppo di grillini ha depositato contro l’assessore all’Urbanistica Antonio Iaria, grillino anch’esso, allineato con Appendino. Vedremo come andrà a finire. Con una maggioranza ridotta all’osso (21 consiglieri su 40) Appendino deve decidere se sacrificare l’assessore per calmare le acque, oppure difenderlo e correre il rischio di essere messa in minoranza.
Il caso della Cavallerizza sembra fatto apposta per far esplodere le contraddizioni della maggioranza grillina. Quella movimentista, legata ai centri sociali, pretende di trattare le antiche scuderie di Palazzo Reale come un centro sociale autogestito. Quella governativa, allineata al Sindaco, si rende conto della pretesa fuori luogo e sposa le vecchie tesi dell’Amministrazione Fassino, per una gestione mista pubblico-privata del monumentale complesso, ammettendo che una parte venga adibita a residenza privata e a commercio. Nessuna delle due posizioni – a nostro modo di vedere – rispetta la dignità storica della Cavallerizza Reale.
Patrimonio Unesco. È stato calcolato che il recupero della Cavallerizza costi circa 100 milioni di euro. Con i suoi 40 mila metri quadri di superficie, il monumentale complesso fa parte del Palazzo Reale. Una serie ininterrotta di edifici la connette alla cosiddetta «zona di comando» del potere sabaudo, di cui facevano parte anche l’Accademia Reale (poi divenuta Accademia Militare, oggi in parte demolita, in parte vuota), la Zecca (oggi Commissariato di Polizia in via Verdi), la Sezione Corte dell’Archivio di Stato e le ex Segreterie di Stato (oggi Prefettura).
A cosa serviva la Cavallerizza ai tempi della Monarchia? «Era una porzione di Palazzo Reale, adibita a sede delle scuderie, della rimessa delle carrozze, dei maneggi coperti e di tutto il sottobosco di artigiani che lavoravano in quest’ambito – spiega lo storico Giuseppe Bracco – Vi abitavano anche i dipendenti di Palazzo Reale, che hanno continuato a viverci per molto tempo dopo la fine della Monarchia nel 1947. È nella Cavallerizza che venivano preparati i cavalli del Re, degli altri membri della famiglia reale e dei dignitari. Qui venivano anche custodite e preparate le carrozze, accoppiate al tiro dei cavalli, ad esempio da 4 o da 6 esemplari. Una volta preparati, cavalli o carrozze potevano raggiungere i Giardini Reali attraverso un passaggio che esiste tuttora, e da lì raggiungere il Palazzo».
Le scuderie del Re. Tutto, nella cittadella della Cavallerizza aveva un ruolo fondamentale, anche le sezioni più umili, come le «Pagliere» che si affacciano su via Rossini, colpite dall’incendio dello scorso ottobre (un altro rogo ha danneggiato la struttura nel 2014). Venivano stoccati nelle Pagliere la paglia e gli altri materiali utili alla cura dei cavalli; avevano sede qui gli artigiani di servizio, come i maniscalchi.
La Cavallerizza era un ingranaggio della grande macchina del Re. Come sottolinea ancora Giuseppe Bracco: «Oggi siamo abituati a indicare come ‘Palazzo Reale’ solo l’edificio che si affaccia sulla Piazzetta Reale e su piazza Castello, ma la zona di comando era in verità un corpo unico molto più articolato, dotato di grande continuità architettonica e di funzioni. Il Re poteva raggiungere il suo palco al Teatro Regio, che era teatro di corte, passando attraverso la manica del palazzo che conteneva le segreterie e i ministeri. La Biblioteca Reale era nei fatti la biblioteca di Carlo Alberto, l’Armeria Reale era l’ala destinata a raccogliere armi e armature di una famiglia che – non dimentichiamolo – portava su di sé 900 anni di storia. Tutta questa rete di edifici costituiva e costituisce tuttora uno dei palazzi reali più grandi d’Europa».
L’abbandono. La Cavallerizza mantenne il suo ruolo di «centro servizi» di Palazzo Reale quasi fino alla Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra, caduta la Monarchia, un po’ per volta è scivolata nel dimenticatoio, fatti salvi alcuni tentativi di riutilizzo, come quello del Teatro Stabile, che per un decennio, fino al 2013, adibì alcune sale, tra cui il maneggio alfieriano, a rappresentazioni teatrali.
Nel maggio 2014 un gruppo di cittadini vicini ai centro sociali e autodenominatisi «Assemblea Cavallerizza 14:45» occupò la Cavallerizza con l’intento di denunciare i progetti di privatizzazione e conservarne l’uso pubblico.
Il resto è storia dei giorni nostri. Una parte del complesso, quella verso il Teatro Regio, fino a pochi mesi fa in uso al 1º Reparto Infrastrutture dell’Esercito, è di proprietà della Cassa Depositi e in cerca di una destinazione d’uso dopo aver ospitato, lo scorso novembre, l’edizione 2019 di Paratissima. Un’altra parte fa capo al Comune di Torino, dopo tentativi di vendita andati a vuoto, masterplan, oggetto di polemiche roventi, per ora rimasti lettera morta e un difficile rapporto con gli occupanti.
L’ultimo incendio, il terzo in 4 anni, suona come l’ennesimo campanello d’allarme per spingere chi ha in mano le chiavi della Cavallerizza a disegnare per lei un futuro degno della sua storia.