«C’è tanta Torino in questi luoghi e nei prossimi anni lavoreremo a rafforzare e consolidare le relazioni internazionali, perché ce ne sia ancora di più». Con queste parole il sindaco Stefano Lo Russo ha chiuso il 5 dicembre una intensa tre giorni in Israele e nei Territori Palestinesi. L’occasione del viaggio veniva da un invito del sindaco di Betlemme, città-partner di Torino dal 2015, alla cerimonia di accensione dell’albero di Natale di Manger Square, la piazza su cui si affacciano la Basilica della Natività, il Comune di Betlemme e la moschea cittadina. Una cerimonia civile e interreligiosa che a Betlemme segna l’inizio del Natale e che, d’ora in poi, parlerà un po’ torinese: le luci natalizie che decorano la piazza e lo stesso albero di Natale sono infatti frutto di «NUR-New Urban Resources. Energia rinnovabile per Betlemme», un progetto di cooperazione internazionale cofinanziato dall’AICS e che ha visto collaborare con il Comune di Torino e la Municipalità di Betlemme tanti partner torinesi (Politecnico di Torino, Links, Co.co.pa, Enaip, Paratissima 2019, Energy center) e palestinesi (Bethlehem University. VIS ong, Salesian technical school e il Walled off Hotel, noto come museo di Banksy).

Il progetto NUR, durato quasi 4 anni di cui 2 di pandemia, ha fornito Betlemme di pannelli fotovoltaici, lampioni stradali (nella via del Latte e la via della Stella), ma ha anche formato i giovani elettricisti delle scuole tecniche salesiane (alcuni assunti dalla ditta che ha vinto la gara per installare i pannelli sugli edifici pubblici, dove sono stati posizionati), incubato 7 start up, di cui 3 in collaborazione con lo Yunus centre dell’Università di Betlemme. Un progetto che lascia a Betlemme non solo risultati importanti, come la transizione a un sistema di sostenibilità energetica sostenibile anche finanziariamente, ma lascia il cuore di tanti torinesi. Lo stesso cuore da cui il progetto è nato e in cui è stato accompagnato.
Il primo bando della cooperazione italiana per gli enti locali – di cui NUR è il frutto – fu pubblicato nel 2017 a un mese dalla morte di Maurizio Baradello, il dirigente che ha reso grande la cooperazione torinese. È stato quasi spontaneo per l’Ufficio Cooperazione del Comune e per il VIS, l’ong che Baradello aveva cofondato, decidere di partecipare insieme al bando, con un progetto costruito in sua memoria e in suo onore: a Betlemme, realtà in cui sia Torino che il VIS avevano già al loro attivo pregressi e solidi progetti di cooperazione allo sviluppo sostenibile. Maurizio Baradello non ha solo ispirato la nascita del progetto NUR, ma lo ha anche diversamente accompagnato: grazie alla famiglia Baradello le donazioni raccolte in sua memoria in diverse occasioni (al primo anniversario dalla scomparsa, ma anche tramite i proventi del libro «Da donna a donna. Lettera a Maria di Nazareth» di Silvia Falcione Baradello) sono state destinate alle azioni formative rivolte ai giovani studenti di Betlemme della STS coinvolti nel progetto NUR.

NUR è stato molto più di un progetto di cooperazione, ma un tuffo di emozioni, e quindi è stato particolarmente significativo poterne raccogliere i frutti con il sindaco Lo Russo che ha saputo leggere, oltre gli output di progetto, anche tutte questo background emotivo, perché di quella storia è stato parte, seppur in altre vesti e in altri ruoli.
Se c’è tanta Torino a Betlemme, dove tutto e nato, ce n’è altrettanta anche dove tutto si è compiuto: Gerusalemme. La città santa è stata per Torino il teatro di progetti di cooperazione culturale con la Custodia di Terra Santa, cofinanziati dal Governo italiano grazie al programma PMSP (Palestinian Municipalities Support Program): dal progetto Antica farmacia dei francescani al progetto Betania. Quest’ultimo è stato realizzato con il partenariato tecnico del Centro Conservazione e Restauro della Venaria Reale, ed è da questa esperienza che è nato il percorso che ha portato il Centro di Venaria a coordinare i lavori per il rifacimento del pavimento della Basilica del Santo Sepolcro, su incarico della Custodia per conto delle principali Comunità cristiane presenti all’interno del Santo Sepolcro responsabili dello Status Quo: il Patriarcato Greco-Ortodosso, la Custodia di Terra Santa e il Patriarcato Armeno. Per la Città di Torino, membro della Fondazione CCRV, è un onore che un’eccellenza del territorio sia protagonista di un cantiere unico al mondo: si attende la conclusione dei lavori per ammirarne i risultati. La delegazione guidata dal sindaco Lo Russo ha incontrare i diretti protagonisti di questa azione: il Custode di Terra Santa, il direttore del Mosaic center e direttore dei lavori del cantiere (un architetto arabo laureatosi al Politecnico di Torino), la responsabile dell’associazione Pro Terra Sancta e il segretario generale del CCRV.
In questa occasione il pensiero è andato a un altro grande della cooperazione torinese: Aurelio Catalano, il dirigente che fondò il Settore Cooperazione internazionale e Pace della Città di Torino e che aveva una visione profetica, anticipatrice di quanto la nuova legge sulla cooperazione ha poi consacrato: cooperazione allo sviluppo sostenibile come azione non separata, ma integrata con la cooperazione culturale ed economica; cooperazione non solo come aiuto, ma come azione svolta nell’interesse di tutte le comunità coinvolte (a Nord come a Sud); cooperazione come partnership pubblico-privata tra gli enti locali e tutti gli attori dei territori coinvolti.
Sempre a Gerusalemme c’è stata l’occasione di incontrare la comunità ebraica italiana, che ha accolto la delegazione torinese nel museo Nahon e nella antica sinagoga. Anche qui un dettaglio, tra gli altri, che richiama i numerosi legami tra questo luogo e Torino: una raccolta di opere di Luzzati, il cui presepe, proprio in questi giorni, è esposto in piazza don Pollarolo a Torino.
La missione si è conclusa in una giornata intensa che è iniziata con la visita alla tomba di Lazzaro a Betania e si è conclusa con l’omaggio al memoriale di Rabin a Tel Aviv, passando per lo Yad Vashem, la Tel Aviv University e l’illuminante incontro con il sindaco Ron Huldai.
Una missione che, per espressa volontà del sindaco Lo Russo, ha voluto toccare sia le città palestinesi che quelle israeliane, al fine di rafforzare le collaborazioni con entrambe le realtà, pur nelle diverse modalità, nell’attesa che la diplomazia e la politica internazionale riescano a portare in questa Terra, santa per tutti, le condizioni di una pace giusta. Questa scelta di concretezza rimanda all’approccio alla cooperazione internazionale decentrata di un altro grande sindaco italiano, che aveva individuato come ruolo specifico delle città, quello di «creare un sistema di ponti – scientifici, tecnici, economici, commerciali, urbanistici, politici, sociali, culturali, spirituali – che unisca le une alle altre, in modo organico… Questa è l’idea nuova: costruire un sistema di ponti che si estenda su tutto il mondo e che realizzi, a livello delle città, l’unità di tutti i popoli, di tutte le città e di tutte le nazioni. Le città unite: l’altro volto – integratore ed in certo modo essenziale – delle nazioni unite!» (Giorgio La Pira, 1967).