«In seguito mobilitazione per criteri opportunità sospendesi ogni gara». Con un telegramma di nove parole la Federazione italiana gioco calcio (Figc) nella primavera del 1915 ferma le partite di pallone. Si susseguono giorni frenetici. Il 26 aprile l’Italia e gli Alleati (Francia e Gran Bretagna) stipulano in gran segreto il «Patto di Londra»; il 1° marzo scatta la mobilitazione generale; il 3 maggio Roma denuncia la vecchia «Triplice Alleanza» con gli imperi di Austria-Ungheria e di Germania; il 23 maggio l’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria e il 24 maggio entra materialmente in guerra e iniziano le ostilità.
500 CADUTI FRA ATLETI, DIRIGENTI E GIORNALISTI – La Grande guerra (1914-18) in Europa e in Italia interrompe tutte le manifestazioni sportive, a cominciare dai campionati di calcio, dal Giro d’Italia e dal Tour de France. E gli atleti finiscono in trincea. Gli inglesi hanno due battaglioni di calciatori. In Italia si calcolano 500 caduti tra atleti, dirigenti e giornalisti. Il velista Nazario Sauro, ufficiale di Marina e consigliere del Club Canottieri Libertas di Capodistria, la sua città natale. Il lottatore triestino Giovanni Raicevich, campione europeo 1905, argentino 1906, mondiale 1907 e 1909: ottenuta la cittadinanza italiana, si arruola volontario nel Corpo ciclisti automobilisti e combatte sui monti Podgora e Sabotino, sull’Isonzo e sul Piave e sventola il tricolore a Trieste liberata. Il ciclista Carlo Oriani, bersagliere ciclista combatte in varie località: colpito da polmonite (si sarebbe gettato nel Tagliamento per salvare alcuni commilitoni) muore il 3 dicembre 1917. Il calciatore Virgilio Fossati, centrocampista dell’Inter, 10 volte nazionale: cade nel giugno 1916 in combattimento a Monfalcone. Lo schermidore Nedo Nadi, oro all’Olimpiade di Stoccolma (1912), combatte fino alla liberazione di Trento: ai Giochi interalleati (1919) vince l’oro nel fioretto individuale e nella sciabola a squadre e l’argento nel fioretto a squadre e all’Olimpiade di Anversa (1920) cinque ori. Il marciatore Fernando Altimani, bronzo a Stoccolma, è ferito all’anca, sopravvive ma non può più gareggiare. Il canottiere Giuseppe Sinigaglia non torna più a casa. Il leggendario pilota Tazio Nuvolari guida le autoambulanze ed è rimbrottato da un ufficiale: «Secondo me, lei con i motori non ci sa proprio fare». Il pugile-fante Erminio Spalla, alessandrino di Borgo San Martino, diventa campione europeo dei pesi massimi. Del Genoa muoiono 25 tra calciatori, tecnici e dirigenti.
L’AMARO RISVEGLIO DEL TORO E DI POZZO – Vittorio Giuseppe Luigi Pozzo, torinese (classe 1886), praticante di atletica e studente al «Cavour», scopre il calcio sui campi sterrati. Nel 1907, matricola 23900, è congedato per problemi fisici. Gioca nel Torino. Segretario della Federazione calcistica, a 26 anni è commissario della Nazionale. Allena il Toro, che il 22 luglio 1914 salpa da Genova per il Sudamerica sul piroscafo «Duca di Genova»: Scrive nel diario: «Avevamo appena superato lo stretto di Gibilterra, che giungeva notizia dello scoppio della guerra. A noi pareva uno scherzo di cattivo gusto. Giungemmo a Santos che l’Europa era in fiamme». Dopo quasi tre mesi tornano a casa: «Eravamo a bordo, felici come pasque. Prima di Gibilterra fummo svegliati da due cannonate e trovammo un incrociatore inglese di traverso sulla nostra rotta. Un picchetto armato venne a bordo e per poco non pagai caro lo scherzo di parlare tedesco: mi presero per un riservista germanico e volevano portarmi via. All’arrivo a Genova ci aspettava sul molo una quantità di fogli verdi-gialli della mobilitazione. La guerra, su cui avevamo tanto scherzato, era con le fauci aperte a ghermirci». Dopo la tragedia di Superga il 4 maggio 1949, Pozzo, commissario della Nazionale, su «La Stampa» del 5 maggio scrive: «Il Toro non c’è più. Scomparso, bruciato, polverizzato. Una squadra che muore tutta insieme, con i titolari, le riserve, il massaggiatore, i tecnici, i dirigenti, i commentatori. Come uno di quei plotoni di arditi che uscivano dalle trincee con gli ufficiali e non ritornava nessuno».
LO SPORT DOPO LA GRANDE GUERRA – Dopo la devastante guerra e dopo gli effimeri accordi di pace di Parigi del 1919, il ciclismo riprende: la carovana del Giro 1919 attraversa l’Italia, da Trento e Trieste, a Roma e Napoli, a Torino e Milano, semidistrutte dalla guerra: ai corridori reduci le case ciclistiche forniscono gratuitamente le biciclette; molte strade sono distrutte, specie nel Nord-Est. Vincitore incontrastato di 8 su10 tappe è Costante Girardengo. Nel 1919-20 numerosi calciatori reduci rincorrono di nuovo un pallone nel campionato di Prima categoria. Per cancellare le scorie della guerra, a Parigi nel 1919 (22 giugno-6 luglio) si svolgono i Giochi interalleati, una sorta di Olimpiade militare riservata agli atleti dei 19 Stati vincitori: partecipano 132 italiani. Aperti dai presidenti francese Raymond Poincaré Poincaré e statunitense Thomas Woodrow Wilson, rafforzano l’amicizia tra popoli alleati e promuovono nuove discipline. Ai Parigi si disputano gare di atletica leggera, baseball, calcio, canottaggio, equitazione, golf, lotta, nuoto, pallacanestro, pugilato, rugby (a 15), tennis, tiro alla fune, tiro con il fucile, tiro con la pistola, scherma.
CENTO ANNI FA LE OLIMPIADI DI ANVERSA – Ancora più significativa la VII Olimpiade del 1920 (14 agosto-12 settembre): 29 nazioni gareggiano in 22 discipline. Nel 1919 – dopo la cancellazione dell’Olimpiade di Berlino nel 1916 – si sceglie di affidare a una delle nazioni più colpite, il Belgio, e a una delle città più martoriate, Anversa, l’organizzazione dei Giochi del 1920, ambiti anche da Roma, Budapest, Amsterdam e Lione. Sono esclusi i Paesi sconfitti Germania, Romania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia. La Germania per protesta non prenderà parte ai Giochi di Parigi del 1924. La Russia comunista, invitata, rifiuta per motivi politici: non vuole sporcarsi con i capitalisti. Parteciperà la prima volta nel 1952 a Helsinki. Si rinverdiscono antichi valori. Per la prima volta ci sono la «bandiera olimpica», il «giuramento olimpico», le colombe bianche liberate in segno di pace nella cerimonia d’apertura. L’Italia vince 23 medaglie: 13 d’oro, 5 d’argento e 5 di bronzo.