Terminata la Grande Guerra (1914-18), il crollo e la sconfitta degli Imperi centrali dà all’Europa un nuovo assetto. Cosa che avviene nei trattati imposti dagli Alleati vincitori alle Nazioni sconfitte nella conferenza di Versailles-Parigi nel 1919-20. Sanzionano la cessazione delle ostilità ma la pace rimane sulla carta e non scende nei cuori. Cento anni fa il 23 maggio 1920 Benedetto XV pubblica la «Pacem Dei munus pulcherrimum. La riconciliazione cristiana di pace», prima enciclica interamente dedicata alla pace nella quale esprime soddisfazione per gli accordi raggiunti ma viva preoccupazione per la permanenza di «germi di antichi rancori»; raccomanda di ricostruire la concordia degli animi fra le genti dimenticando odi, ostilità, avversioni; perora la riconciliazione internazionale in autentico spirito cristiano; punta sul perdono, sulla riduzione delle spese militari, sulla costituzione della «famiglia delle Nazioni» – la Società delle Nazioni – pur criticandone alcuni aspetti; delinea la politica per la pace della Santa Sede e spinge perché stringa concordati con i nuovi Stati. Affermazioni che riprende e rilancia nell’allocuzione del 21 novembre 1921.
DALLA CONFERENZA DI PARIGI NASCONO CINQUE ACCORDI – Le «paci di Parigi» sono contrabbandate come «una pace per farla finita una volta per tutte con le guerre». In realtà si rivelano una pace per farla finita una volta per tutte con la pace. Inizia un’altra «guerra dei Trent’Anni» che sfocia nel Secondo conflitto mondiale, al quale seguono la «Guerra fredda» – che nel 1989 termina con la caduta del Muro di Berlino e la fine del comunismo sovietico ed europeo – e tanti conflitti in giro per il mondo. Papa Francesco può parlare a buon diritto di «terza guerra mondiale a pezzi». I vinti Germania, Austria, Ungheria firmano perché i vincitori minacciano la ripresa delle ostilità e Francia e Inghilterra si spartiscono il bottino tedesco. Il germanico Ulrich von Brockdorff-Rantzau, ministro degli Esteri, dichiara: «Speravamo nella pace di diritto promessaci. Ma quando leggemmo il documento rimanemmo inorriditi sulle imposizioni della forza vittoriosa dell’avversario». Nonostante il diffuso malcontento il Parlamento tedesco approva (237 sì e 138 no). Berlino paga tre cambiali molto onerose:
TRATTATO MOLTO ONEROSO PER LA GERMANIA (28 giugno 1919) – Decurtazioni territoriali – La Germania restituisce alla Francia l’Alsazia e la Lorena e le cede il ricco bacino della Saar per quindici anni. Berlino cede la Prussia orientale alla Polonia, 70 mila chilometri quadrati e 7 milioni di abitanti, e lo Schleswig del Nord alla Danimarca. Rimborsi per danni di guerra – Una commissione inter-alleata esamina i danni di guerra e stabilisce la somma che gli sconfitti devono ripagare. Per la Germania l’importo è spropositato, 226 miliardi di marchi-oro, ridotto nel 1921 a 132 miliardi ma resta sempre colossale e per una Nazione distrutta è materialmente impossibile pagarlo. Deve regalare agli Alleati anche materiale navale, ferroviario e industriale e fornire carbone per dieci anni. È il tracollo. Limitazioni delle Forze armate – Berlino deve ridurre l’esercito a 100 mila uomini, non può avere una forza aerea; deve creare una fascia smilitarizzata sul confine sud-occidentale; in Renania non può entrare alcuna forza militare tedesca. Il trattato nega alla Germania i mezzi per difendersi e impone risarcimenti a un popolo stremato. Che paga duramente la mania di grandezza. È la causa non ultima del successo del nazionalsocialismo che promette la rinascita della dignità tedesca e di costituire «Grossgermanisches Reich, Grande Reich germanico». Crea le premesse della Seconda guerra mondiale. Il generale francese Ferdinand Foch commenta: «Questa non è la pace ma solo un armistizio per 20 anni». Benedetto XV intuisce la pericolosità della situazione; chiede la liberazione dei prigionieri tedeschi; tenta di evitare che la Germania sia eccessivamente umiliata nella convinzione che una pace vendicativa crea le premesse per una nuova guerra, come puntualmente accadrà.
GLI ALTRI QUATTRO TRATTATI – Trattato di Saint-Germain-en-Laye (10 settembre 1919) – Firmato da Austria, Francia, Gran Bretagna, Italia, Stati Uniti e altri 13 Stati. L’Austria cede all’Italia il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e l’Alto Bacino dell’Isonzo. Al posto dell’Impero Austro-ungarico nascono le Repubbliche di Austria, Cecoslovacchia, Ungheria e il Regno di serbi, croati e sloveni (Jugoslavia). I Balcani, mosaico di popoli e di patrie, sono schiacciati dai serbi e gli slovacchi dai cechi. Trattato di Neuilly-sur-Seine (27 novembre 1919) – Con la Bulgaria: fissa i confini tra Bulgaria, Grecia, Turchia e Regno di serbi, croati e sloveni. Sofia riduce l’esercito a 20 mila uomini e paga 400 milioni di dollari in riparazioni di guerra.
Trattato di Sèvres (10 agosto 1920) – Con la Turchia. L’Impero Ottomano, già ridimensionato dal «Patto di Londra» del 1913, rientra nei limiti della penisola anatolica e perde Arabia, Egitto, Iraq, gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. Palestina e Cipro finiscono sotto il protettorato inglese; Libano, Marocco, Siria e Tunisia sotto il protettorato francese; Dodecaneso, Libia e Tripolitania sono date all’Italia. La Grecia ottiene Adrianopoli e Smirne, ma deve lasciarle nel 1922 perché sconfitta dai turchi di Mustafa Kemal Atatürk. Il trattato riconosce alle minoranze armene e curde la possibilità di creare uno Stato indipendente, possibilità che non si verifica perché il Parlamento turco non ratifica il trattato e lo abolisce il18 marzo 1920 e perché la vittoria di Kemal nella guerra d’indipendenza turca costringe gli Alleati a rinegoziare tutto nel «Trattato di Losanna» del 1923. Con la sconfitta della Turchia finisce il controllo turco sui Luoghi Santi dei cristiani in Palestina. Trattato di Trianon (Versailles) con l’Ungheria (4 giugno 1920) – Ridisegna la mappa europea, sposta interi popoli e confini, certifica il crollo dell’Impero Austro-Ungarico. In sostanza, la diplomazia anglo-francese-americana fallisce l’obiettivo numero uno: pacificare i popoli. La Polonia rinasce come Nazione, ma i sovietici la vogliono sotto il loro dominio. Scoppia un conflitto durissimo fino alla vittoria il 16 agosto 1920 delle truppe polacche. L’8 settembre 1920 Benedetto XV ai vescovi polacchi sottolinea «il manifesto intervento di Dio» che ha mutato radicalmente la situazione e ritiene che quello che è accaduto «sia da attribuire anche alle preghiere».