Centovent’anni fa nasceva Pier Giorgio Frassati

6 aprile 1901 – In via Legnano 33 a Torino nasce Pier Giorgio Frassati. Il 6 aprile 2001 il Politecnico gli conferisce la laurea alla memoria: la «laudatio» è tenuta dal prof. Marco Codegone, figlio di Cesare, compagno di studi di Pier Giorgio come scrive nel quaderno «Ricordi del Politecnico»

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Beato Pier Giorgio Frassati

Centovent’anni fa il 6 aprile 1901, Sabato Santo, verso sera apre gli occhi alla vita in via Legnano 33 a Torino Pier Giorgio Michelangelo Frassati. Il 18 agosto 1902 nasce la sorella Luciana Teodolinda Maria. Primogenito di una famiglia della illuminata borghesia liberale biellese-torinese, è un autodidatta della fede. Il padre Alfredo, direttore e proprietario de «La Stampa», poi ambasciatore a Berlino e senatore, religiosamente indifferente ma tollerante, comunica al figlio il senso della libertà e l’apertura agli orizzonti. La madre Adelaide Ametis, sensibile ai valori cristiani, affida i figli a don Antonio Cojazzi, esperto educatore salesiano e ottimo docente. Cresciuto nell’onestà e nel lavoro, vive la fede in modo profondo. Preghiera, Messa e Comunione quotidiana, adorazione eucaristica notturna e rosario gli danno la carica, lo rendono attento agli altri, amico dei poveri: spiritualità consapevole; partecipazione convinta alle associazioni cattoliche; militanza nel circolo «Cesare Balbo» della Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci) e nel Partito popolare; acuta sensibilità alla Chiesa e alla Città; forte impegno ecclesiale e civile. Frequenta il «D’Azeglio», poi il «Sociale» e, al Politecnico, Ingegneria meccanica con specializzazione mineraria. Muore il 4 luglio 1925 a 24 anni, alla vigilia della laurea.

LAUREA ALLA MEMORIA – Il 6 aprile 2001 il Politecnico gli conferisce la laurea alla memoria: la «laudatio» è tenuta dal prof. Marco Codegone, figlio di Cesare, laureato nel 1925, compagno di studi di Pier Giorgio come scrive nel quaderno «Ricordi del Politecnico»: «All’esame di Meccanica razionale con Gustavo Colonnetti ci recammo insieme Pier Giorgio e io, da via Ospedale al Valentino, parlando degli esami e della Fuci alla quale appartenevamo». Si iscrive nell’anno accademico 1918-19 e le sedi erano in via dell’Ospedale 32 (oggi via Giolitti e piazzale Valdo Fusi) e al Castello del Valentino (Architettura). «Un programma di studi – dice il prof. Codegone – «ben collaudato e di cui era nota la serietà rigorosa e selettiva. L’Università e il Politecnico mostravano una certa separatezza dall’ambiente. È quindi singolare e significativo cogliere in lui una grande apertura: è un anticipatore per maturazione personale, pienamente inserito nel Politecnico con forti motivazioni di cultura tecnica e di carattere sociale». Per l’opera nel Ppi, nelle organizzazioni studentesche e nell’aiuto al prossimo è «antesignano di una formazione aperta al mondo del lavoro e all’impegno sociale. In lui le istanze di apertura sono compatibili con lo studio. Oggi lodiamo i suoi traguardi e vediamo spinte e valori alla base di una moderna concezione di Università come simbolo di impegno formativo che si fa carico degli aspetti sociali, politici, civili e ideologici».

MORTE ALLA VIGILIA DEL TRAGUARDO –  Al momento della morte è laureando in Ingegneria mineraria e «aveva superato il biennio, sbarramento rigido per il passaggio al triennio». I docenti sono accademici di primo piano, rinomati, seri e qualificati: Guido Fubini (Analisi matematica) famoso per il «Teorema Fubini sull’inversione dell’ordine di integrazione»; Gino Fano (Geometria descrittiva) «maestro della scuola italiana». Il giovane sostiene Meccanica razionale (Gustavo Colonnetti, poi direttore del Politecnico, fondatore dell’Istituto metrologico e presidente del Consiglio nazionale delle Ricerche); Chimica (Clemente Montemartini, poi rettore del Politecnico); Meccanica applicata; Scienza delle costruzioni (Camillo Guidi); Termodinamica (Benedetto Luigi Montel, ex allievo di Galileo Ferraris); Economia industriale (Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica); Disegno di macchine; Geologia; Tecnologia meccanica applicata alle macchine (Modesto Panetti, poi preside di Ingegneria, senatore e ministro delle Poste, che ha come assistente Antonio Capetti, poi preside e rettore del Politecnico nel 1958 quando il Politecnico si trasferisce in corso Duca degli Abruzzi); Elettrotecnica; Idraulica (Euclide Silvestri che progetta le centrali idroelettriche in Piemonte); Chimica metallurgica; Costruzioni di macchine (Angelo Bottiglia); Termotecnica; Chimica applicata; Macchine termiche; Geometria pratica; Miniere; Metallurgia; Elettrotecnica (Guido Grassi); Ingegneria sanitaria; Preparazioni minerali. Ne mancano due: Misure elettriche Tecnologia mineraria con Aldo Bibolini, con il quale aveva iniziato a preparare la tesi.

AFFRONTA LO STUDIO CON SERIETÀ – Dalle testimonianze risulta che «affrontava lo studio con grande serietà». Spiega il prof. Codegone: «Aveva scelto Ingegneria mineraria perché desiderava lavorare a fianco dei minatori, categoria tra le più sfruttate e meno garantite. Qualcuno gli ricordava che, essendo di ricca famiglia, avrebbe potuto fare a meno di studiare. risponde: “Io voglio lavorare per i poveri”. Consapevole che per svolgere correttamente un mestiere occorre competenza, studiava per servire: voleva entrare nel mondo del lavoro per fare la sua parte e occorreva essere dotati di seria professionalità. Lo studio è un dovere sentito dentro di sé, tramutato in impegno convinto, energico, fatto anche rinunce e sacrifici. Integrava l’impegno sui libri con visite sul campo a miniere e pozzi e musei tecnologici». Scrive: «Ora lascio stare le lezioni di tedesco perché mi devo concentrare nella Meccanica razionale e poi incomincerò la pesante Scienza delle costruzioni» (3 marzo 1922); «Finalmente quel benedetto esame di Meccanica è dato, sono proprio contento di avermi levato un così grande peso ora incomincio il lavoro per gli esami d’estate (25 marzo 1922)». Alla carriera di studente affianca la presenza in circoli politici, civili, sociali e religiosi. Il prof. Gustavo Colonnetti lo descrive: «Fin dai primi anni della vita universitaria era stato preso dalla passione per la politica. Eravamo nell’immediato dopoguerra e i problemi sociali interessavano tutti gli ambienti giovanili, quelli universitari in modo particolarissimo» («Il mio studente», «Studium», luglio-agosto 1935).

NETTA L’OPPOSIZIONE AL FASCISMO – Osserva Marco Codegone: «Nel Partito popolare e nella Fuci contrasta coloro che inclinavano al compromesso e all’avvicinamento al regime». Si dimette dal «Cesare Balbo» in polemica con quelli che avevano esposto la bandiera durante la visita di Mussolini a Torino nell’ottobre 1923. Ancora Codegone: concepisce «la vita politica come un impegno di promozione delle masse diseredate, a partire dai reduci della Grande Guerra che bisognava reinserire nella vita civile, e dai giovani operai che occorreva fondere con gli studenti. Voleva una lotta coraggiosa, in cui bisognava pagare di persona, che si poneva come fine ultimo la pace fra le nazioni, ed era aliena da ogni violenza e sopraffazione. Di qui la netta opposizione al regime e la sua amarezza per lo sfasciarsi del Partito Popolare». In questo è in sintonia con il padre: dopo la marcia su Roma (ottobre 1922) si dimette da ambasciatore a Berlino. «Nel Politecnico difendeva le sue idee, contrastando chi voleva strappare le locandine del Circolo studentesco. Il suo impegno trovava larga condivisione tra gli studenti»: partecipa alle agitazioni per la tutela giuridica del titolo di ingegnere; scrive sui giornali; presenta memoriali all’autorità. Un corteo degli studenti viene caricato dalle Guardie Regie a cavallo. Arrestato nel parapiglia, mentre attende la scarcerazione, difende un compagno picchiato da una guardia e protesta energicamente con il prefetto per il trattamento riservato ai dimostranti. Sostiene la fusione tra i circoli universitari e operai; frequenta l’Unione del lavoro, distinta dalla socialista Camera del lavoro, il circolo operaio «Girolamo Savonarola» sorto nel 1914 al Lingotto.

FUTURO INGEGNERE INSERITO NELLA STORIA – Conclude Codegone: «Il mondo operaio lo interessava e vedeva nella difesa dei diritti dei lavoratori la realizzazione dei suoi principi». Membro della San Vincenzo, visita le famiglie povere fornendo soccorso morale, economico e materiale e «collaborando in molte, quotidiane necessità. Portando aiuto a una di queste famiglie, ove la povertà e la mancanza di igiene procuravano facilmente infezioni, probabilmente contrasse la poliomielite fulminante che lo portò alla morte. Nella sua vita troviamo un esempio di maturo impegno, di capacità di prefigurare il proprio ruolo professionale nella società e di individuare la possibilità e la necessità di migliorarne gli equilibri. In lui è ben presente il senso di responsabilità verso la persona in difficoltà, vissuto con impegno personale intenso e discreto, che verrà conosciuto appieno solo dopo la  morte. In lui incontriamo un giovane che viveva una fortissima sintesi del suo essere studente, futuro ingegnere, uomo inserito nella storia, consapevole del presente e del futuro, responsabile della propria vita, della collettività e del bene comune. Una personalità ricca, complessa, forte, formatasi anche nelle nostre aule e nell’impegno che il Politecnico gli richiedeva, che fa di Frassati una figura significativa nella Torino del ventesimo secolo, conosciuta e amata in Italia e nel mondo».

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