Prima l’onda lunga di una crisi economica mai completamente superata. Poi, nell’ultimo triennio, gli effetti penalizzanti dei provvedimenti restrittivi adottati per affrontare l’emergenza sanitaria. Ora, con la guerra in Ucraina, il peso delle bollette dell’energia elettrica e del gas, schizzate alle stelle. Se fosse una serie televisiva, potremmo intitolarla «la dura vita dei commercianti» o, ancora più realisticamente, «la disperata lotta per la sopravvivenza dei commercianti». Overdose di pessimismo? Forse, ma a Torino il saldo tra aperture e chiusura degli esercizi di commercio al dettaglio e ambulante è oggi negativo (dati Camera di Commercio) e delinea un quadro preoccupante.
In un decennio, dal 2012 ad oggi, risulta la perdita di 2.794 attività commerciali, tra negozi e bancarelle, e di queste 285 solo negli ultimi nove mesi dell’anno in corso. Tra i settori più colpiti l’abbigliamento, dove è 415 il numero associato al segno meno (45 quest’anno) e i bar, con serrande abbassate per 665 locali nel decennio (82 da gennaio a settembre). Numeri che disegnano un quadro generale fosco per il settore commercio e, di conseguenza, per il tessuto economico torinese nel suo complesso.
Ne abbiamo parlato con Paolo Chiavarino, assessore comunale di Torino per il Commercio, i Mercati e lo Sportello unico per le imprese.

Assessore, in che modo l’Amministrazione torinese può aiutare gli ambulanti e i titolari di negozi e bar a superare il difficile momento, fermare l’emorragia di chiusure e intraprendere la strada del rilancio?
Non posso nascondere una seria preoccupazione per la condizione di difficoltà in cui da tempo versa il comparto del commercio, ma sono anche convinto che, con giuste strategie, progettualità innovative e appropriate misure di sostegno, si possa invertire il trend negativo e rilanciare un settore che è parte molto importante del sistema economico cittadino.
A quali progettualità pensa?
La creazione dei Distretti Urbani del Commercio, previsti da una legge regionale, può offrire l’opportunità di dare corpo a iniziative che consentano di valorizzare le attività commerciali, di proteggerle e, mi permetta di dire, anche di tenere in vita quelle sull’orlo della chiusura.
A Torino, il primo Distretto del Commercio è istituito nell’area centrale tra i corsi Sommelier, Duca degli Abruzzi, Regina Margherita e il Lungo Po.
Valorizzare il commercio, come?
Innanzitutto con iniziative finalizzate alla promozione, ad esempio posizionando nelle strade «totem informativi» che suggeriscono gli itinerari dello shopping, descrivono le offerte sia di natura commerciale e sia turistica, segnalano le iniziative culturali del momento e altro ancora.
Poi, la formazione, con particolare attenzione alla qualificazione di figure professionali come quelle di cameriere, commessa, barista, per favorire sinergie tra i comparti del commercio e del turismo organizzando, ad esempio, corsi di lingue. E ancora, per sfruttare al meglio le tecnologie più innovative nell’ambito delle attività di vendita, preparare gli operatori del settore e mettere a loro disposizione strumenti e-commerce. Il periodo di emergenza pandemica ha cambiato alcune abitudini nella modalità di fare acquisti, facendo non di rado preferire i negozi virtuali a scapito di quelli fisici, tradizionali. Ecco, un’adeguata preparazione e la disponibilità di strumenti di e-commerce possono anche consentire di non subire passivamente la concorrenza delle grandi piattaforme web. Naturalmente, queste sono solo alcune delle iniziative che si possono organizzare per le attività del Distretto.
Ci può fare un esempio di attività che coniugano modalità di vendita tradizionale con l’on line?
Certamente, posso citare il progetto «Mercato itinerante» di Porta Palazzo, attraverso cui un gruppo di giovani che hanno dato vita a un’impresa specializzata in e-commerce mette a disposizione la propria piattaforma per ricevere on line la richiesta di acquisti: la lista della spesa viene inoltrata ai banchi in piazza e ai negozi dei mercati coperti e dopo consegnata a domicilio.
A proposito di mercati rionali, mi permetta di ricordare che per nove di essi (Brunelleschi, Porpora, Guala, Pavese, Nitti, Baltimora, Don Grioli, Madama Cristina e Sebastopoli) sono previsti e finanziati con quasi 6 milioni di euro di fondi del Pnrr interventi di riqualificazione relativi al plateatico, all’impiantistica e ai servizi sia dal punto di vista funzionale, sia estetico; altri 4 milioni di euro, nell’ambito del progetto Pinqua, sono destinati a opere per i mercati di Porta Palazzo e corso Racconigi. Altre risorse per tutto il comparto commercio, servizi e artigianato, sono in arrivo grazie ai fondi «Pon metro plus», che consentiranno di contribuire a finanziare interventi in singole attività, come la sostituzione impianti frigo, il rifacimento di scaffalature e vetrine, la realizzazione di nuovi allestimenti, l’acquisto di attrezzature e altro ancora.
Assessore, a fine anno scade la proroga per i dehors cosiddetti «pandemici», cosa succederà?
Stiamo già lavorando con le associazioni di categoria per il corretto passaggio da una situazione dove le strutture dovevano rispondere solo a standard prescrittivi limitati, a una che richiede la piena compatibilità con le norme del regolamento comunale in materia. Vedremo, caso per caso, quali dehors potranno essere mantenuti così come sono, quali potranno restare con eventuali modifiche e adattamenti e quali ancora dovranno essere smantellati. Aggiungo che, alla base delle scelte, saranno prese in considerazione anche le legittime richieste dei residenti in merito alla disponibilità di parcheggi auto.
E per il gran numero di chioschi chiusi, che funzionavano come edicole, fiorai e bar. Cosa succederà a queste strutture?
Sono tanti, è vero: oltre un terzo dei 310 presenti in città risultano inutilizzati. Anche in questo siamo al lavoro per trovare una soluzione che, rivedendo i regolamenti comunali, dovrebbe essere quella di cambiare loro destinazione d’uso per consentirne il reimpiego in altra veste.
Un’ultima domanda assessore. Anche gli uffici comunali del commercio stanno soffrendo la carenza di personale?
Purtroppo sì. Rispetto all’organico previsto, mancano 50 persone tra funzionari e impiegati. Il nostro personale oggi a disposizione è chiamato a uno sforzo straordinario, dovendo trattare 19 mila pratiche all’anno e garantire la piena funzionalità sia degli sportelli del Suap, lo sportello unico per le attività produttive, e sia i relativi servizi forniti attraverso il sistema digitalizzato, che consentono a esercenti, artigiani e commercialisti di presentare le pratiche da casa, dal negozio, dal laboratorio o dal proprio ufficio.