Ha cinquant’anni la Comunità di Sant’Egidio, conosciuta come l’«Onu di Trastevere», che Papa Francesco incontra domenica 11 marzo 2018 pomeriggio. Mezzo secolo con «tre P», punti di riferimento imprescindibili: «Preghiera, poveri, pace». È nota, in Italia e nel mondo, attraverso alcuni personaggi: Andrea Riccardi, 68 anni, storico di vaglia, già ministro per la Cooperazione internazionale del governo di Monti (novembre 2011-dicembre 2012); l’arcivescovo Vincenzo Paglia, 72 anni; l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, 62 anni, che svolse un ruolo cruciale nelle trattative per la pace in Mozambico negli anni Novanta e nel 2017 nella riconsegna delle armi degli indipendentisti baschi dell’Eta a Bayonne; l’attuale presidente Marco Impagliazzo, «regista» per le mediazioni in Africa e per la lotta all’Aids; gli uomini di cultura Roberto Morozzo della Rocca e Agostino Giovagnoli; i politici Mario Giro e Mario Marazziti.
Le radici della Comunità risalgono ai 1968: venti ginnasiali del liceo «Virgilio» di Roma, tra cui Andrea Riccardi, leggono e studiano la Bibbia, tenendo ben a distanza gli «eroi» della contestazione: Marx, Mao, Che Guevara, Fidel Castro. Il gruppo si riunisce per la prima volta il 7 febbraio 1968 nell’oratorio della Chiesa nuova, quella di San Filippo Neri. Accompagnati da giovani preti, vanno nelle borgate e periferie romane ad assistere i bambini abbandonati. Riccardi legge i teologi del Concilio, Yves Congar, Marie-Dominique Chenu, Henri de Lubac, Karl Rahner e Oscar Cullmann; si iscrive all’Università: oggi è un famoso storico della Chiesa.
Nel settembre 1973 approdano in piazza Sant’Egidio a Trastevere in un piccolo monastero carmelitano abbandonato e lo restaurano: dal 1974 diventano la «Comunità di Sant’Egidio». La frequenta un gesuita torinese, rettore dell’Istituto Biblico, Carlo Maria Martini, futuro cardinale arcivescovo di Milano. Si imbatte in un ragazzotto con la Bibbia sotto il braccio, che suscita la sua curiosità. Martini prega con i giovani, celebra Messa, visitava malati e anziani.
Nel 1986 la Comunità è riconosciuta dal Pontificio Consiglio per i laici come «associazione pubblica di fedeli» a livello internazionale, secondo il Codice Canonico. Ogni quattro anni l’assemblea elegge il presidente – per molto tempo Riccardi – e un Consiglio; l’assistente spirituale è don Vincenzo Paglia, rettore della chiesa di Sant’Egidio, poi vescovo di Terni, quindi presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia e ora presidente della Pontificia Accademia per la vita. Quindi non è un ordine religioso o un istituto secolare, ma una comunità e anche un’organizzazione non governativa e una fondazione per la pace che cura progetti internazionali. Dal 1992 organizza, nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, il pranzo di Natale per i bisognosi: il rispetto è tale che sui tavoli ci sono targhette con i nomi dei commensali e regali contrassegnati con i nominativi.
Nel 1973 a Napoli scoppia il colera e quelli di Sant’Egidio vanno in soccorso. In Italia si creano vari gruppi in gridi città, anche a Torino. All’estero filiali ad Anversa in Belgio, Barcellona e Madrid, Lisbona, Budapest, Dublino, Praga, Mosca e Kiev, Monaco in Germania; in America Latina, San Salvador, Guatemala, Bolivia, Cuba, Argentina; a New York; in Africa: Camerun, Costa d’Avorio Guinea, Mozambico; poi in Indonesia. Le comunità sono in 73 Paesi: sono indipendenti da Roma dove a Trastevere c’è la casa madre. Si occupano di bambini e anziani bisognosi, gente in difficoltà, minoranze svantaggiate, stranieri, fuggiaschi, profughi, senzatetto, prigionieri, ragazzi di strada, lebbrosi, sinti e rom, malati di Aids. Nelle «scuole di pace» insegnano a leggere e scrivere e trasmettono i valori della convivenza cristiana.
Il programma «Dream» (Drug Resource Enhancement against Aids and Malnutrition), allestito con dieci Stati africani, lavora per prevenire l’Aids; il progetto «Bravo» (Birth Registration for all versus Oblivion) si occupa dei bambini non registrati. Da anni la Comunità si batte per l’abolizione della pena di morte.
Riccardi continua a essere il «volto» e lo «spiritus rector» di Sant’Egidio. Dal 1981 insegna Storia del Cristianesimo all’Università di Roma III: è uno storico affermato, già assistente di Pietro Scoppola. Ad Aquisgrana, nel maggio 2009 è insignito del «Premio internazionale Carlo Magno», l’equivalente europeo del Premio Nobel per la pace. Nel 2016 è stato conferito a Papa Francesco.
Sant’Egidio è conosciuto soprattutto per le iniziative di pace: «diplomazia silenziosa», discreta e informale. Dopo due anni di trattative il 4 ottobre 1992 il trattato di pace tra governo del Mozambico e ribelli marxisti-maoisti della Renamo pone fine a 16 anni di guerra civile con più di un milione di morti. Iniziative anche in Algeria, Guatemala, Burundi, Albania, Kosovo, Liberia, Costa d’Avorio, Sudan, Angola, Uganda, Libano. finché si trova una via di uscita. Il segretario generale dell’Onu, l’egiziano Boutros Boutros-Ghali, elogia la Comunità e parla di «formula italiana» per indicare un impegno per la pace unico nel suo genere.
La nuova frontiera sono i corridoi umanitari per gli immigrati. Come il protocollo d’intesa, firmato il 12 gennaio 2017, per l’apertura di nuovi sbocchi che permettono l’arrivo di profughi eritrei, somali e sud-sudanesi, fuggiti dai Paesi in guerra nel Corno d’Africa. Partecipano la Conferenza episcopale italiana, attraverso la Caritas e la «Fondazione Migrantes»; la Comunità di Sant’Egidio; il ministero dell’Interno; il ministero degli Esteri. Spiega mons. Nunzio Galantino, segretario della Cei: «Troppo spesso ci troviamo a piangere le vittime dei naufragi in mare, senza avere il coraggio di provare a cambiare le cose. Il protocollo consente un ingresso legale e sicuro a donne, uomini e bambini che vivono da anni nei campi profughi etiopi in condizioni di grande precarietà». Per Andrea Riccardi «l’accordo risponde al desiderio di molti italiani di salvare vite umane dai viaggi della disperazione». Significativo, in questo campo, anche l’impegno ecumenico che coinvolge la Tavola valdese e gli organismi ortodossi.