Una ventina di milioni dal Governo per risanare i conti, una stagione concertistica in streaming e purtroppo la conferma di ciò che si temeva: i contratti a termine non potranno essere tutti rinnovati. Campane a morto per una quindicina di precari su circa 35, anche se la trattativa con i sindacati resta serrata; «i tagli non bastano a risolvere problemi strutturali», dicono Cgil, Cisl, Uil e Fials. Infine, ma forse è l’annuncio più concreto, perché preliminare a tutto: la messa a norma dell’edificio di piazza Castello, per garantirne finalmente l’agibilità. Dopo più di nove mesi di annullamenti e rinvii (a parte pochi concerti estivi a sala semi-vuota per i distanziamenti), e a quasi tre dall’arrivo della commissaria Rosanna Purchia, il Regio di Torino manda finalmente un concreto segnale di esistenza in vita. In un’attesa conferenza stampa – sempre virtuale – della stessa Purchia, con il direttore generale Guido Mulè (grande novità della gestione commissariale) e il direttore artistico Sebastian Schwarz, sono state tracciate le linee guida di questa gestione straordinaria, che potrebbe durare anche un anno.
Intanto venerdì 27 alle 18 è andato in diretta streaming il primo di otto concerti per la stagione online, battezzata Regio ALive. Fino a venerdì 18 dicembre, sul sito www.teatroregio.torino.it, tre appuntamenti live, cinque registrati, tutti gratuiti, con otto diversi ensemble composti esclusivamente da artisti del Teatro Regio e programmi che spaziano dal Seicento al Novecento. Un modo, comune a tutti i luoghi di spettacolo in questo momento, per far tornare al lavoro le masse artistiche dopo mesi di stop forzato, in un complesso gioco di incastri tra esigenze artistiche e protocolli Covid. Regio ALive è sostenuto dalla fondamentale partnership di Intesa Sanpaolo, oltre al contributo di Italgas e dell’associazione Amici del Regio.
«Certamente non siamo stati con le mani in mano» ha detto la dottoressa Purchia. Bisogna ricordare che il mandato principale del Commissario non è artistico ma finanziario, deve in primo luogo risanare i conti. Perciò, altro grande impegno di questi mesi è la creazione di un diverso modello organizzativo e amministrativo del Teatro. A breve arriverà una nuova pianta organica, ispirata a inediti principi di compatibilità. «Abbiamo inoltre aggredito i crediti – dice ancora Purchia – e li abbiamo ridotti a un livello quasi fisiologico».
Nel pre-consuntivo il pareggio non c’è ancora, ma la speranza (proprio in questi giorni si riunisce l’assemblea dei soci fondatori), è di arrivarci entro il 2020, anche grazie alle donazioni, sollecitate attraverso un’attiva campagna di fund raising. Più problematico – a quanto è dato di capire – il fronte dei debiti, soprattutto nei confronti di artisti in lista di attesa da parecchi mesi, se non anni.
Della dolorosa vicenda dei precari, abbiamo già detto. Molte speranze ha sollevato l’annuncio di un finanziamento straordinario del Governo, sul modello della legge Bray del 2013 per soccorrere le fondazioni liriche in difficoltà, che potrebbe arrivare a 20 milioni. Per gli interventi strutturali, sui quali Purchia ha annunciato la firma di una convenzione con il Provveditorato alle Opere pubbliche («Nostro compito è occuparci di spettacolo, non di edilizia», ha ribadito), c’è un invece un milione stanziato dalla Città, più gli otto e mezzo da tempo stanziati dal Governo per la ristrutturazione del palcoscenico. Si spera di bandire le gare entro fine gennaio.
Insomma, l’intervento ministeriale e l’arrivo della Commissaria sembrano segnare una svolta verso risanamento e ripartenza. Ripartenza con gli spettacoli dal vivo, ovviamente, ma questo non dipende dalla volontà umana purtroppo. Il Direttore artistico Schwarz, già sovrintendente, che senza colpa non ha potuto però toccare palla in quel ruolo, coltiva la speranza di festeggiare il 280° anniversario dalla nascita del Regio (inaugurato appunto nel 1740) con la Bohème di Puccini, nata proprio qui. È pronto il nuovo allestimento, firmato da Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi a partire dalle scene originali di Hohenstein per la prima edizione assoluta del 1896. Sarebbe il miglior segnale pensabile per l’atteso ritorno in sala.