Gli ospedali «non profit» del mondo cattolico, con 583 posti letto nella sola area torinese, sanno di avere un ruolo fondamentale nella rete della Sanità pubblica piemontese e intendono ribadirlo, sollecitando spazio più adeguato nella programmazione regionale, anche alla luce della nuova legge sul terzo settore: l’occasione per far sentire la loro voce verrà da un convegno in programma venerdì 18 ottobre dalle 9 alle 13 a Mirafiori (salone della parrocchia San Barnaba, strada Castello di Mirafiori 42) con la partecipazione di medici e amministratori pubblici, presente l’Arcivescovo Nosiglia.
Gli ospedali cattolici sono parte integrante della rete sanitaria pubblica. Stiamo parlando dei presidi ospedalieri San Camillo, Cottolengo, Don Gnocchi e Fatebenefratelli, strutture d’eccellenza cui si aggiungono sul territorio ulteriori centri e ambulatori legati al mondo cattolico, com’è l’esempio del centro medico «Camminare Insieme». Come osserva il direttore diocesano della Pastorale della Salute, don Paolo Fini, «le strutture ‘non profit’ non sono di serie B, anzi: sono strutture di grossa eccellenza, con servizi di alta specialità in molte discipline mediche».
Qualche dato. Attorno ai quasi 600 posti letto dei presidi ospedalieri opera un migliaio di lavoratori del comparto sanitario (di cui 20% medici), cui si aggiungono gli addetti ai servizi generali, di cucina, di pulizia e i medici in libera professione. Il solo ospedale Cottolengo (che presenta il suo Bilancio Sociale in questi giorni) gestisce 40 mila giornate di degenza l’anno, oltre 40 mila prestazioni ambulatoriali. Il valore economico delle prestazioni erogate dalla rete non profit per il servizio pubblico piemontese è attestato dal Ministero della Salute e purtroppo – questione sofferta – non è interamente riconosciuto dalla Regione Piemonte, che corrisponde un budget inferiore del 3%.
Il valore 2018 della produzione del Don Gnocchi è valutato in 2 milioni di euro per i servizi ambulatoriali e 6 milioni per i ricoveri; al San Camillo in 9 milioni e mezzo per i ricoveri e 850 mila euro per le prestazioni ambulatoriali; al Fatebenefratelli in 11 milioni e 300 per i ricoveri e 400 mila per i servizi ambulatoriali; al Cottolengo in 15 milioni per i ricoveri e 8 milioni e 100 per gli ambulatori.
«Il convegno di venerdì 18 ottobre», spiega don Fini, «documenterà la portata del non profit sanitario in termini di quantità e di eccellenza delle prestazioni erogate, che il non profit eroga tipicamente anche in situazioni di forte marginalità». Le strutture parleranno a una sola voce «non per fare cartello, ma per riflettere insieme sul futuro: si tratta di correggere il modello attuale di sanità, che è ‘ospedalocentrico, facendo crescere l’apporto della medicina di territorio, degli ambulatori e delle prestazioni domiciliari che creano reti sul territorio. Desideriamo porci come interlocutori dell’istituzione pubblica su tutto ciò che riguarda la cura: dalla prevenzione, alla cura stessa, alla riabilitazione».
Uno sguardo più ampio quello che il convegno vuole sollecitare che mira anche a far uscire dai possibili pregiudizi del «non profit cattolico»: «Non ci identifichiamo come tali solo per la confessionalità, ma soprattutto», conclude don Fini, «per la visione integrale dell’uomo, che comprende una dimensione spirituale e una dimensione di cura del corpo. Che mette al centro il paziente, ma anche le sue relazioni, i familiari, il territorio. Una visione ‘ecologica’ che tiene conto di tutti i fattori, senza per questo venire meno all’eccellenza medico-scientifica che viene continuamente perseguita». Una visione che vorrebbe essere portata avanti in dialogo con le istituzioni «superando la mentalità del cappello in mano», ma anche evidenziando criticità come l’ottimizzazione dei posti letto, l’effettiva attuazione dei decreti.
Al convegno interverranno più voci per un’analisi a tutto campo: per il «quadro economico» Luigi Puddu e Cristian Rainero docenti di Economia Aziendale dell’Università di Torino, Davide Barberis, commercialista, sui lineamenti generali della riforma del terzo settore e Renato Baluduzzi e Maria Giulia Salvadori sui rapporti tra riforma sanitaria e nuova legge del terzo settore. Poi sarà la volta della presentazione delle eccellenze dei presidi e degli ambulatori. E ancora in programma un’analisi delle criticità a cura di Marco Salza, direttore del presidio sanitario San Camillo, del confronto con altre regioni, con Claudio Cracco, segretario regionale Aris del Triveneto, e Luigi Genesio Icardi, assessore alla Sanità della Regione Piemonte.
Non manca infine il punto di vista etico e pastorale con gli interventi di Salvino Leone docente di teologia morale e bioetica della Facoltà teologica di Sicilia, di don Paolo Fini, direttore della Pastorale della Salute della nostra diocesi e la conclusione a cura di mons. Marco Brunetti, Vescovo di Alba delegato della conferenza episcopale piemontese per la Pastorale della Salute.
«La Chiesa torinese», conclude don Fini, «ha il privilegio di avere realtà sul territorio che sono in grado di incarnare appieno i valori della sanità non profit: l’attenzione ai più poveri, la capacità di mettere in atto la Dottrina Sociale della Chiesa, la responsabilità della presa in carico dell’organizzazione della cure, adeguate, proporzionate, innovative, efficienti ed efficaci, il sostegno spirituale all’esperienza di malattia e cura in una relazione di condivisione e autentico aiuto. Un patrimonio che va valorizzato e ‘allargato’ nel peso istituzionale anche ad altri settori, come la salute mentale, la disabilità, le dipendenze per un sempre più progressivo intreccio tra percorsi di cura e percorsi di assistenza nell’interesse di ogni persona».