La Chiesa alleata dell’Amazzonia. Il documento finale del Sinodo (6-27 ottobre 2019), approvato dai 185 padri, si articola in una introduzione, 5 capitoli e una conclusione su temi importanti: missione, inculturazione, ecologia integrale, difesa dei popoli indigeni, rito amazzonico, ruolo della donna e nuovi ministeri. Sarà la base da cui Papa Francesco attingerà per l’esortazione apostolica post-sinodale.
AMAZZONIA «CUORE BIOLOGICO» DEL MONDO – Si estende su 9 Paesi, 33 milioni di persone, di cui 2,5 milioni di indigeni. Vi si svolge «una corsa sfrenata verso la morte». Bisogna invertire la rotta per salvarla, pena la catastrofe del Pianeta.
I, Conversione integrale – Si propone una vita semplice e sobria nella «casa comune». «Buon vivere e fare bene» significa vivere in armonia con sé stessi, con gli altri e con l’Essere Supremo. L’Amazzonia è ferita e deformata da modelli predatori, deforestazione, inquinamento, cambiamento climatico, narcotraffico, alcolismo, tratta, criminalizzazione dei difensori del territorio, gruppi armati illegali.
II, Conversione pastorale – «Occorre una pastorale d’insieme delle periferie coordinata tra le Chiese di frontiera». La missione della Chiesa deve essere: «samaritana» (andare incontro a tutti); «maddalena» (amata e riconciliata); «mariana» (generatrice di figli alla fede); «inculturata» tra i popoli; non «pastorale di visita» ma pastorale «di presenza permanente». Le Congregazioni religiose stabiliscano un avamposto missionario in Amazzonia. Grande importanza hanno: il dialogo ecumenico e interreligioso, l’«opzione preferenziale per gli indigeni», l’impulso alle vocazioni e ai giovani amazzonici: divisi fra tradizione e innovazione, immersi nella crisi di valori, vittime di povertà, violenze, disoccupazione, nuove schiavitù, finiscono spesso in carcere o suicidi. Il documento constata: «I giovani vogliono essere protagonisti anche attraverso i social media. Anche nelle “favelas” e nelle “villas miserias” siano garantiti i diritti di base».
III – Conversione culturale – I popoli amazzonici offrono una visione integrata della realtà. «La Chiesa si impegna ad allearsi con gli indigeni nel denunciare gli attacchi contro la vita, i progetti predatori e la criminalizzazione dei movimenti sociali». Difendere la terra è difendere la vita e i diritti all’autodeterminazione, alla delimitazione dei territori e alla consultazione degli indigeni. La Chiesa prema affinché gli Stati tutelino i diritti dei popoli; rifiuti colonialismo e proselitismo; promuova una comunità dal volto amazzonico.
IV – Conversione ecologica – A fronte di «una crisi socio-ambientale senza precedenti» si invoca l’ecologia integrale e la conversione ecologica; «si valorizzino modelli di sviluppo giusto e solidale» che colleghino la cura della natura alla giustizia per i più poveri. «La Chiesa favorisca il ruolo centrale del bioma amazzonico per l’equilibrio del Pianeta e incoraggi la comunità internazionale a fornire risorse per la tutela». Difendere e promuovere i diritti umani è un dovere politico, un compito sociale, un’esigenza di fede. Il documento denuncia la violazione dei diritti umani e la distruzione estrattiva; sostiene il disinvestimento delle compagnie estrattive; propone una transizione radicale perché l’Amazzonia «non è una dispensa inesauribile». Gli agenti pastorali e i ministri siano formati alla sensibilità socio-ambientale. Serve creare ministeri per la cura della casa comune perché conversione ecologica e difesa della vita, «dal concepimento al tramonto», vanno di pari passo. Il documento definisce «peccato ecologico un’azione o un’omissione contro Dio, il prossimo, la comunità, l’ambiente»; sottolinea «l’urgente necessità di sviluppare politiche energetiche che riducano le emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altri gas»; chiede di promuovere energie pulite, l’accesso all’acqua potabile, il riciclo, la riduzione dei combustibili fossili e della plastica, la creazione dell’ufficio amazzonico al Dicastero vaticano per lo sviluppo umano.
V – Nuovi cammini di conversione sinodale – Si superi il clericalismo e si rafforzi la cultura del dialogo, dell’ascolto e del discernimento. La sfida è interpretare i segni dei tempi, individuare il cammino, favorire la partecipazione dei laici alla vita e alla missione della Chiesa. «Il vescovo può affidare, con un mandato a tempo determinato, in assenza di sacerdoti, la cura pastorale delle comunità a una persona non investita del sacerdozio. La responsabilità della comunità resta del sacerdote».
SPAZIO ALLA PRESENZA DELLA DONNA – «La madre Terra ha un volto femminile e nel mondo indigeno le donne sono una presenza responsabile». Le donne siano ascoltate e consultate, partecipino alle decisioni, assumano la “leadership” nella Chiesa». Il testo riconosce la «ministerialità» affidata da Gesù alla donna; auspica la revisione del motu proprio «Ministeria quædam» di Paolo VI (15 agosto 1972) «affinché le donne possano ricevere lettorato e accolitato»; chiede la creazione del «ministero di donna dirigente di comunità»; insiste sul «diaconato permanente per le donne» al quale lavora la Commissione creata da Francesco il 2 agosto 2016. Nella formazione dei diaconi permanenti si promuovano ecologia integrale, sviluppo umano, pastorale sociale, servizio ai poveri; siano coinvolti moglie e figli.
ORDINARE «VIRI PROBATI» – Considerato che «molte comunità hanno difficoltà ad accedere all’Eucaristia e possono passare mesi o anni prima che un sacerdote torni a celebrare la Messa e i Sacramenti»; rimarcato l’apprezzamento del celibato; considerata la scarsità di ministri ordinati, si propone «di stabilire criteri per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti, che abbiano un diaconato permanente fecondo, che ricevano una formazione adeguata, che abbiano una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la comunità cristiana con la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle zone più remote. Alcuni sono a favore di un approccio universale all’argomento».