Ancora poche ore e chiuderà la bella mostra fotografica «David Bowie – Steve Schapiro: America. Sogni. Diritti» allestita negli spazi dell’Archivio di Stato, in piazzetta Carlo Mollino. L’apertura al pubblico è oggi, 25 febbraio, fino alle 20, domani 26 febbraio, dalle 11 alle 20. Biglietti interi 12 euro. A cura di Ono Arte, la mostra è prodotta da Radar, Extramuseum e Le Nozze di Figaro, si compone di settanta scatti che, partendo dal lavoro di Steve Schapiro con David Bowie, portano il visitatore a scoprire anche il suo lavoro di fotoreporter e fotografo di scena.
Come dei veri strumenti per mettere in moto una virtuale macchina del tempo, le foto di Schapiro trasportano il visitatore nella prima metà degli Anni Settanta quando David Bowie, dopo essere diventato un vero e proprio mito in Inghilterra – suo Paese di origine – scala con successo le classifiche del mercato più difficile, quello degli Stati Uniti. L’album «Diamond Dogs» (1974), e il relativo tour promozionale in Nord America, anticipano di qualche mese il suo trasferimento stabile a Los Angeles. Sarà per l’inizio delle riprese de «L’uomo che cadde sulla terra» (1976) di Nicolas Roeg. Bowie – che è il protagonista del film – aggiunge così un altro dei suoi misteriosi ed indimenticabili personaggi alla galleria dei suoi alter ego artistici. Qui ritrova Schapiro, conosciuto poco prima, fotografo di importante e solida carriera che, già attivo negli Anni Sessanta, aveva prodotto saggi fotografici su temi quali la dipendenza da stupefacenti, la Pasqua ad Harlem, l’Apollo Theater, Haight-Ashbury, la campagna presidenziale di Robert Kennedy, il movimento per i diritti civili degli afroamericani, la marcia da Selma a Montgomery. E nei Settanta, Schapiro passa a fotografare sui set dei film in lavorazione nella New Hollywood. Bowie e Schapiro si incontrano per la prima volta nel 1974, in un pomeriggio anonimo, in uno studio fotografico di L.A., per provare diverse idee e personaggi che Bowie avrebbe potuto sviluppare nelle sue performance live o nella sua musica. Tra i due nasce una immediata sintonia nutrita dalle reciproche passioni e lavori – che finirono per influenzarsi l’uno con l’altro – e una collaborazione che durerà fino alla fine degli anni ’80.
Davanti agli occhi del visitatore della mostra «Bowie-Schapiro», perciò, si vedono subito il Bowie dai capelli bicolore del film di Roeg e gli scatti che ritraggono Martin Luther King e i suoi sostenitori, il Bowie alieno e dandy, e le foto dai set di «Taxi Driver», «Frankenstein Junior» e «Il padrino». Martin Scorsese, Mel Brooks, Peter Boyle, Barbra Streisand. E poi Samuel Beckett, Buster Keaton, Andy Warhol, Nico e i Velvet Underground. Bowie è, naturalmente, il soggetto dominante del racconto, la guida nel mondo, l’America, che sta cambiando, portando diritti civili, necessari, a tutto l’Occidente. Il viaggiatore da e per le stelle che vuole mostrarci il modo per capire se davvero esiste la «vita su Marte» (Life on Mars). E Schapiro è il suo inappuntabile, magistrale reporter.