«Anziché scagliarci, sull’onda di certi titoli di giornale, contro le aziende farmaceutiche perché 11 milioni di italiani ogni giorno assumono psicofarmaci e ansiolitici, chiediamoci piuttosto perché quasi il 20% di noi sta male, è depresso, vive nell’ansia. Piuttosto che di allarme farmacologico parliamo del boom del malessere diffuso che colpisce donne e uomini di qualsiasi età e sempre più giovani e che sta diventando un fenomeno eclatante». Non ha dubbi Salvatore Di Salvo, psichiatra, analista junghiano, presidente dell’Associazione per la Ricerca sulla depressione onlus, fondata a Torino nel 1996 per svolgere un’azione di approfondimento, sensibilizzazione e divulgazione sui temi dei disturbi depressivi e d’ansia. A margine della presentazione a Torino, giovedì 24 maggio presso il Circolo dei Lettori, dell’ultima pubblicazione dell’Associazione che presiede sulle tappe della terapia psicologica (vedi box) abbiamo chiesto allo psichiatra cosa pensa dell’allarmismo lanciato in questi giorni dai media che descrivono l’Italia come il Paese del male di vivere e dove si assumono medicine per curare la depressione 4 volte in più della media europea. Per Di Salvo, con alle spalle 40 anni di lavoro di medico psichiatra in strutture convenzionate con il Servizio sanitario nazionale e come libero professionista, mettere l’accento sul consumo e l’abuso degli psicofarmaci, o se è corretto o meno somministrare questi farmaci ai bambini o agli adolescenti «non è la strada giusta per affrontare il problema: l’Organizzazione mondiale della sanità stima che nel 2020 i disturbi depressivi e ansiosi saranno al secondo posto (dopo le patologie cardiovascolari e il cancro) delle malattie più diffuse al mondo: questo è il vero allarme sociale», avverte lo psichiatra. «Chiediamoci perché milioni di persone – 800 mila solo in Piemonte – soffrono di disagio psichico prima di mettere sotto accusa gli psicofarmaci. Forse mettiamo in dubbio l’utilità delle cure chemioterapiche per chi è malato di cancro, bambino o adulto che sia, perché le aziende farmaceutiche si arricchiscono alle spalle dei malati? Se aumenta il ricorso ai chemioterapici, purtroppo, significa che aumenta il cancro. Ad un bambino sano nessuno pensa di somministrare chemioterapici o psicofarmaci mentre, per fare un esempio, ci sono alcune forme di autismo infantile per cui è necessaria l’assunzione di farmaci specifici. Se aumenta il ricorso a psicofarmaci e ansiolitici non significa che in Italia una grande fetta della popolazione è infelice? Chiediamoci perché».
Secondo Di Salvo è un problema l’assunzione degli psicofarmaci senza il controllo medico, l’acquisto di medicinali senza ricetta sul web, le cure fai da te. «Il ricorso ad ansiolitici e antidepressivi sotto il controllo medico nella fase acuta è necessario per riacquistare l’energia psichica che per tanti motivi si è esaurita e paralizza e in alcuni casi può portare anche a gesti estremi come purtroppo quasi ogni giorno si registrano in Italia. Ma la chimica non basta per annientare il disagio psichico: occorre il sostegno della terapia psicologica per cui è ancora diffuso un rifiuto pregiudiziale perché non si considera il disagio psichico come una malattia. Occorre rimuovere i motivi per cui si è caduti in depressione e la volontà non basta».
Sono tanti secondo Di Salvo i segnali del malessere diffuso nella nostra società e in una città come Torino che ormai da un decennio vive nell’incertezza della crisi economica. Fenomeni altrettanto allarmanti come il ricorso agli psicofarmaci sono l’aumento di abuso di alcool tra i giovanissimi e di sostanze stupefacenti. Un crescente disagio giovanile che si manifesta con la rabbia e l’aggressività, episodi di bullismo, attacchi di panico, disturbi alimentari, autolesionismo, fino ai casi estremi del suicidio. «Al servizio di Ascolto della nostra associazione dal 1998 ad oggi le richieste di aiuto sono aumentate del 33% e negli ultimi anni la popolazione maschile, più restia a telefonare, è ormai pari alle donne», rileva lo psichiatra. «Tanti i motivi per cui l’energia psichica va ‘in rosso’ e si cade del disagio psichico: c’è il dirigente d’azienda di 55 anni che da un giorno all’altro perde il lavoro ed è finito, c’è la donna senza lavoro con figli abbandonata dal compagno di vita o il padre separato disoccupato che non sa dove trovare i soldi per gli assegni di famigliari; c’è chi non riesce a mantenere il ritmo di un contesto lavorativo competitivo, c’è la difficoltà a stringere relazioni vere e non filtrate dai social, c’è una povertà diffusa che non permette ai giovani di progettare il futuro. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. I segnali che il nostro Paese è in forte sofferenza sono tanti: le difficoltà economiche da una parte e la mancanza di senso, la caduta dei valori, adulti sempre più disorientati ci stanno rendendo tutti più fragili».
Che fare? «Il lavoro che portiamo avanti da anni con la nostra associazione è quello di informare la gente che dal disagio psichico si può guarire, che non si è soli: certo, quando soprattutto per le fasce più deboli della popolazione che non si possono permettere di pagare la parcella di uno psicologo, il Servizio sanitario nazionale non ha le risorse per assumere psichiatri, psicologi, medici di base e quando nei centri di Salute mentale per ottenere un colloquio passano settimane se non mesi è difficile far fronte all’emergenza…».