«La Melevisione è stata ed è ancora oggi un luogo incantato in cui rifugiarsi. Il Fantabosco, ossia l’ambientazione del programma, lo si può trovare ovunque. Ognuno lo può rintracciare dove vuole, per potersi sentire al sicuro. E nel mondo di oggi, così frenetico, ce n’è sempre più bisogno, anche solo per ‘staccare la spina’ e provare a rigenerarsi».
Quindici anni fa Lorenzo Branchetti faceva il suo esordio nella Melevisione nei panni di Milo Cotogno, il «folletto bibitiere» (e personaggio principale) di un programma, molto amato dai bambini e dalle loro famiglie, arrivato sugli schermi di Rai3 cinque anni prima, nel 1999, realizzato presso il centro di produzione Rai di Torino. Nei ricordi dei fanciulli di allora le puntate della Melevisione occupano uno spazio nitido, dovuto non solo alla marcata funzione educativa del programma, ma anche alla professionalità dei suoi interpreti. Di quella felice esperienza televisiva, però, oggi sono rimaste solo le repliche, che vanno in onda su Rai YoYo. All’orizzonte, infatti, non sono previsti nuovi episodi.
Branchetti, attraverso la Melevisione avete trattato con ‘leggera profondità’ temi importanti per l’infanzia, come l’abuso o l’adozione. Cosa ha significato essere un esempio per una generazione di bambini?
Con il linguaggio delle favole abbiamo dimostrato che ai bambini si può parlare di qualsiasi tema, anche molto impegnativo come la morte, l’handicap o il divorzio. Oltre che dei produttori, la responsabilità era anche di noi attori. Dovevamo portare il nostro personaggio anche fuori dal programma, trasportarne all’esterno la positività per non rovinare l’atmosfera pedagogica della Melevisione. I nostri personaggi sono diventati così dei fratelli maggiori, degli amici per chi ci guardava.
Cos’è cambiato nella tv, in particolare quella dei ragazzi, con l’arrivo del digitale e di internet?
È cambiato tanto, ma è cambiata anche la generazione di riferimento. All’inizio degli anni 2000 i ragazzini di 13-14 anni guardavano ancora i programmi per bambini. Oggi è quasi impossibile: i fanciulli di 8-9 anni hanno già in mano uno smartphone, un trastullo che si somma al fatto di poter usufruire di un numero quasi infinito di canali con il digitale terrestre. I ragazzi, così, crescono più in fretta, la tv loro dedicata sta pian piano scomparendo. Fino ad una decina di anni fa agli spettacoli dal vivo della Melevisione i bambini restavano estasiati nel vedere dal vivo il folletto, la strega e il lupo che accompagnavano i loro pomeriggi; ora la prima cosa che fanno è prendere il cellulare e cominciare a filmare ogni scena. Non c’è più l’incanto, il contatto vero.
Ormai da qualche anno la Melevisione non è più in produzione. Perché?
Era un programma molto significativo anche a livello economico, basti pensare che per registrare un episodio di venticinque minuti ci volevano otto ore di lavoro e che nella produzione erano coinvolte centinaia di persone. Oggi tutto ciò non è più possibile, perché non ci sono abbastanza soldi per poter mantenere un programma così dispendioso senza doverne diminuire la qualità. Si è quindi preferito continuare a mandare in onda le repliche. La Rai continua comunque a produrre programmi di qualità per bambini, diversi dei quali girati ancora a Torino, mantenendo la sua funzione educativa. Ne sono l’esempio Rai Yoyo (su internet Rai Play Yoyo), l’unico canale pensato appositamente per i bambini in cui non viene mai mandata in onda la pubblicità, e Rai Gulp, pensato per gli adolescenti.
Tra le tante cose la Melevisione è stata anche tra le prime vittime delle fake news…
Le fake news sono la croce di internet, funzionano come un sasso lanciato nell’acqua: si formano tanti cerchi che si allargano a dismisura e di cui poi risulta quasi impossibile ritrovare l’origine. E soprattutto fanno molti danni. Ad esempio, hanno rovinato la vita al mio predecessore, Danilo Bertazzi, il Tonio Cartonio della Melevisione, che stando proprio a certe false notizie sarebbe morto già diverse volte…
Quando lei ha iniziato immaginava che il programma avrebbe avuto questo successo?
Assolutamente no, non immaginavo che i bambini da grandi se ne sarebbero ricordati. Oggi invece sono riconoscenti nei nostri confronti per aver fatto loro compagnia. Il loro affetto è meraviglioso. Proprio per questo mi sento ancora più responsabile, non voglio rovinare la favola e infatti tento di continuare ad essere un testimonial della positività. Fortunatamente sono un po’ folletto già di mio…
Mio caro Lorenzo Branchetti. Io ho seguito la Melevisione, poco rispetto ad altri fan infatti ho cominciato a seguirla poco dopo l’ingresso di Shirin Scintilla quindi penso intorno al 2006 e devo dire che sei anni dopo non riuscivo a credere di essere rimasto l’unico nella mia classe a guardare ancora questo capolavoro, ero estasiato dalla bellezza di quest’opera d’arte e quando ho iniziato a studiare scienze dell’educazione ho capito che la Melevisione e in particolare lei signor Branchetti sarete i veri insegnanti da cui trarrò ispirazione per poter un giorno aiutare i bambini di cui dovrò occuparmi. Tra poche settimane diventerò zio e ho intenzione di usare la Melevisione sua, ma anche quella di Tonio Cartonio e di Strega Salamandra per far crescere mia nipote buona, sensibile e dolce come sono cresciuto io viaggiando con la fantasia nel fantabosco e anche all’interno dei mondi di fiaba. Da piccolo, diciamo in quinta elementare il mio desiderio era portare in scena la canzone E’ Natale del programma e anche molte altre canzoni, ma non mi è mai stato possibile cosi ho deciso che saranno oggetto di svago quando inizierò a lavorare con i bambini che avrò intorno.
Io faccio lo scrittore anche e proprio grazie alla Melevisione, ho creato il mio mondo immaginario simile al Fantabosco, ma anziché basarmi sulle fiabe io mi baserò sulla bellezza dei cartoni animati di un tempo e infatti il mio scritto s’intitola Matto Animato a Brutta Città.
Signor Branchetti, spero che possa leggere questo mio commento prima o poi e le dico che poter parlare con lei anche solo per pochi minuti di com’è stato per lei, essere il volto della Melevisione, sarebbe un sogno che si realizza. Avevo scritto anche al signor Bertazzi ma non nutrivo molte speranze di potergli parlare.
La ringrazio per averci donato Milo Cotogno e mi auguro che arrivino presto altri programmi come la Melevisione, anche se visto come sta andando l’Italia ne dubito.
Sciupafiabe sciu scio scio, non mi rompere le fiabe.