De Foucauld è santo, inquieto ricercatore del silenzio

Santa Sede – Trai i 10 nuovi santi che Papa Francesco ha proclamato domenica 15 maggio c’è Charles De Foucauld, eremita francese, militare indisciplinato e personaggio eccentrico; esploratore clandestino e nomade inappagato; missionario ed eremita dell’accoglienza; inquieto ricercatore del silenzio e uomo del dialogo con l’Islam

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Colonialista e tenente degli ussari; nobile scioperato e ardente convertito; militare indisciplinato e personaggio eccentrico; esploratore clandestino e nomade inappagato; missionario ed eremita dell’accoglienza; inquieto ricercatore del silenzio e uomo del dialogo con l’Islam; ispiratore della «spiritualità del deserto» e amico dei Tuareg, gli «uomini blu» del deserto, martire quasi per caso. Personalità complessa, avventurosa e affascinante, Charles de Foucauld il 15 maggio domenica V di Pasqua, viene proclamato santo in piazza San Pietro da Papa Francesco: 10 cristiani di varie epoche, condizioni e nazioni.

Erede di un’antica famiglia aristocratica il visconte Charles-Eugène nasce il 15 settembre 1858 a Strasburgo, capoluogo dell’Alsazia nel cuore dell’Europa che per secoli fu contesa da Francia e Germania con guerre sanguinose, città che oggi ospita il Parlamento europeo. Orfano a 6 anni, studia dai Gesuiti. Smarrisce la fede. Adolescente, dimostra caparbietà e indisciplina, eccentricità e voglia di sensazioni forti, desiderio di solitudine e amore per il silenzio. Un giorno lo scovano a mendicare in un villaggio travestito da clochard. Nel 1876 a 18 anni entra nella Scuola militare di Saint-Cyr e ne esce sottotenente. A 22 anni è già stanco della vita militare e nel 1881 è cacciato dall’esercito per cattiva condotta ma è reintegrato come tenente degli ussari dell’armata d’Africa e partecipa a una campagna di polizia militare in Algeria. Si congeda nel 1882 e per due anni esplora, travestito da ebreo, il Marocco vietato agli stranieri: l’impresa gli merita la medaglia d’oro della Società geografica di Francia. Partecipa a una spedizione nel Sud dell’Algeria e della Tunisia. È impressionato: «L’Islam ha prodotto in me un turbamento profondo. Questa fede mi ha fatto intuire qualcosa di più grande».

Torna in Francia, scrive «Ricognizione in Marocco», cerca Dio e prega: «Mio Dio, se esisti, fa’ che ti conosca». A 28 anni approda alla fede. Determinante è la cugina Marie De Bondy: gli mette tra le mani i libri giusti. Ma resta inquieto, in perenne ricerca di solitudine e penitenza, silenzio e preghiera. Va in Terra Santa dove vive appartato svolgendo umili lavori: a Nazareth, ad Akbès in Siria, nel Sud dell’Algeria. Desideroso di una vita più austera, entra nella Trappa: a Nôtre-Dame des Neiges e poi Armenia e Algeria. A Roma studia teologia. Ritorna a Gerusalemme e a Nazareth si fa assumere in incognito come domestico delle Clarisse. Nel 1897 abbandona l’Ordine e nel 1901 diventa sacerdote diocesano a Viviers in Francia con licenza di abitare nel Sahara. Vive nomade in Algeria e nel 1903 si stabilisce a Beni Abbès, l’oasi più vicina al confine con il Marocco, la sua porta aperta a cristiani e musulmani, a poveri e malati; riscatta gli schiavi; accompagna le colonne militari francesi nel deserto.

Entra in contatto con i Tuareg e impara la loro lingua, il «tamachek». Nel 1905 fonda un eremo a Tamanrasset nell’estremo Sud, allora sperduto villaggio, poi un altro sull’Assekrem a 2.800 metri sul massiccio dell’Hoggar. La presenza tra i musulmani è una testimonianza al Vangelo più che un tentativo di convertirli. Fratello in umanità piuttosto che campione di «eroiche virtù»: condivide la loro vita, ne impara la lingua e la traduce. Gli uomini del deserto lo accolgono per la mitezza del carattere e per la mansuetudine del comportamento. Prega 11 ore al giorno e ne dedica 6 al lavoro: distribuisce i medicinali e gli aiuti che riceve dall’Europa e dialoga con a chi bussa alla sua tenda. A lui dobbiamo quasi tutto ciò che sappiamo dei Tuareg: costumi, usi, tradizioni, lingua. È suo l’unico e imponente dizionario tuareg-francese, che pubblica illustrato e che è tuttora in commercio: traduce in francese 6 mila versi di poesie e in tuareg i testi cristiani. Bruciato dal fuoco missionario, sogna di convertire il Marocco ma capisce che la testimonianza, e non la volontà di proselitismo, è l’unico modo di avvicinarsi ai musulmani. Una strategia che ha fatto scuola. Al medico protestante Dautheville, che nel 1908 gli chiede cosa fa per convertire i Tuareg, risponde: «Io non cerco di convertirli, cerco di migliorarli; voi siete protestante, un altro può essere non credente, loro sono musulmani. Sono convinto che un giorno ci ritroveremo tutti in Paradiso, senza passare per la Chiesa cattolica romana, ma perché ciò avvenga dobbiamo meritarlo: cerco di aiutare me stesso e gli altri a meritare un giorno di ritrovarsi insieme in Paradiso».

Il periodo fra i Tuareg è l’ultimo dell’avventurosa vita del visconte-eremita. Il 1° dicembre 1916 è ucciso a Tamanrasset da una banda di predoni di una fazione filogermanica nemica dei francesi: durante la Grande Guerra i tedeschi fomentano scontri militari nelle colonie francesi. Saccheggiano il suo eremo e un ragazzotto di 15 anni, preso dal panico per l’arrivo di due cammellieri, gli spara a bruciapelo. Muore sul colpo a 58 anni. Sembra un fallimento: non ha fatto una conversione, non è riuscito a fondare una famiglia religiosa, alla cugina spiega: «Il nostro annientamento è il mezzo più potente che abbiamo per unirci a Gesù». La sua spiritualità nasce sulle piste e tra le dune del Sahara. Il suo desiderio di solitudine e di orazione muove dalle pagine del Vangelo che descrivono Gesù nel deserto e nel nascondimento di Nazareth dove sperimenta l’Incarnazione nella quotidianità del lavoro e del contatto con la gente del villaggio. Con una vita povera ed essenziale Charles testimonia il Regno di Dio e nel deserto scopre che Nazareth non è un luogo da ricreare ma è vivere «come Gesù a Nazareth», a contatto con le persone condividendo gioie e dolori, fatiche e travagli della gente del villaggio.

Il suo stile ha contagiato migliaia di persone e ha germinato una vita austera e un rapporto rispettoso con l’Islam. La sua discendenza spirituale sono 18 istituti religiosi di sacerdoti, religiosi, religiose e associazioni di laici. In totale 12 mila membri. I più noti sono i Piccoli Fratelli di Gesù fondati nel 1933 da padre René Voillaume, e le Piccole Sorelle di Gesù fondate da Elisabeth Hutin. La spiritualità, diffusa dalla rivista «Jesus Charitas», si basa su essenzialità, preghiera, meditazione e «revisione di vita», una pratica che consiste nel mettere l’esistenza sotto lo sguardo di Dio, che consente di acquisire un occhio contemplativo sulla realtà – incomprensioni in famiglia, difficoltà nel lavoro, imprevisti – e di scoprire negli avvenimenti, anche più tragici, la presenza del Signore che non abbandona mai l’uomo. De Foucauld è una testimonianza evangelica radicale, è un modello per i cristiani del XXI secolo.

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