
È in linea con il pensiero del Presidente Sergio Mattarella la convinzione dell’Unione industriale torinese che senza la ripartenza delle imprese il nostro Paese rischia una recessione da cui sarà difficile risollevarsi. Martedì 6 ottobre, mentre il Presidente della Repubblica interveniva con un messaggio al convegno promosso da Il Sole 24 Ore e Financial Times «Made in Italy-TheRestart» (La ripresa del Made in Italy a cui hanno partecipato oltre 10 mila persone collegate on line) in contemporanea a Torino, al Centro congressi dell’Unione industriale, il presidente Giorgio Marsiaj e Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte hanno commentato i dati dell’indagine sulle previsioni delle imprese piemontesi per il quarto trimestre 2020. Praticamente sovrapponibili le dichiarazioni di Mattarella con quelle dei vertici degli imprenditori torinesi: «La ripartenza dell’industria dopo la fase di blocco imposta dalla pandemia è decisiva per il nostro sistema Paese» ha detto con forza il Capo dello Stato. «È necessario uno sforzo comune e un impegno convergente da parte di istituzioni, imprese, di tutte le componenti sociali per attuare un progetto, il più possibile condiviso, orientato allo sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale: la pandemia globale sta comportando costi elevatissimi per le nostre società: il carattere innovativo della risposta di cui l’Europa è stata capace e le ingenti risorse che saranno disponibili forniscono un’occasione storica per il nostro sistema economico. L’opportunità di rilancio riguarda il destino stesso della Ue, la sua forza come attore globale, in grado di incidere sulle pressanti sfide che riguardano l’ambiente, il commercio, i modelli sociali, l’assistenza sanitaria con i vaccino per tutti».
E a conferma della preoccupazione del Presidente della Repubblica, basta sfogliare il dossier dell’indagine congiunturale trimestrale (disponibile sul sito www.ui.torino.it), realizzata a settembre da Confindustria Piemonte, la terza durante l’emergenza Covid-19, presentata da Luca Pignatelli responsabile dell’Ufficio studi dell’Unione industriale. «Il clima di fiducia delle 1200 imprese piemontesi del campione del rapporto rimane pessimistico (tutti gli indicatori come evidenzia la tabella hanno segno meno, ndr) anche se si registra un miglioramento rispetto a giugno, mese immediatamente successivo alle fine del lockdown)» ha sottolineato Pignatelli che ha aggiunto che chi sta soffrendo di più sono le piccole imprese. E, al di là dei dati, se si «fa un giro» nelle periferie della nostra città ma anche in centro non è difficile rendersi conto di quante serrande non si sono più rialzate dopo il blocco dei mesi scorsi: un segno di grande sofferenza che colpisce chi non ha alle spalle grandi capitali che possono ammortizzare i mancati ricavi ma vive dell’incasso della giornata.

«Tranne la Cina» ha evidenziato Pignatelli «Paese da cui è partita la pandemia ma che oggi è in ripresa, la recessione interessa tutto il pianeta e, sebbene in Piemonte si registri qualche segnale di miglioramento rispetto all’indagine di giugno dove abbiamo registrato il picco della crisi con indicatori ai minimi assoluti (richiesta di cassa integrazione al 60%, crollo al -20% dell’export motore dell’imprenditoria piemontese ecc.) le oltre 1200 imprese del campione si attendono un miglioramento della situazione di mercato nei prossimi mesi».
I dati della ricerca registrano un progresso rispetto allo scorso trimestre, «ma ciò che preoccupa è il forte aumento anche nel nostro territorio delle diseguaglianze economiche e sociali e dell’aumento della povertà». Senza dimenticare che la Provincia di Torino già prima del covid era tra le più cassintegrate d’Italia.
Per il Presidente dell’Unione industriale Giorgio Marsiaj due mesi di paralisi del Paese (dal 9 marzo al 18 maggio, ndr) sono stati fatali perché per le imprese hanno significato 2-3 mesi di fatturato perduto. «Un altro lockdown segnerebbe la fine dell’Italia. Del resto nessuno di noi al momento è in grado di rispondere alla domanda quando arriverà il dopo-covid. Teniamo presente che in questo momento i dati sulla disoccupazione (e in Piemonte la disoccupazione giovanile è al 30%, ndr) sono distorti dalla cassa integrazione e dal blocco dei licenziamenti ma, se nel 2021 non ci sarà la ripresa, il sistema Italia dovrà essere attaccato al respiratore».
I settori più in ginocchio sono il tessile, l’editoria, il turismo, il commercio, l’intrattenimento (cinema, teatro, concerti). Qualche segnale di ripresa nell’automotive e nella gomma plastica ma siamo lontani da risalire sopra lo zero. «L’emergenza non è finita» conclude Marsiaj appellandosi al Governo «Ci troviamo in un momento storico forse unico nel dopoguerra: con i 209 miliardi messi a disposizione dal Recovery found avremo a disposizione risorse senza precedenti e potremo contare sul sostegno dell’Europa. È essenziale che gli sforzi vengano concentrati su poche, chiare priorità di lungo periodo, come hanno saputo fare i nostri partner europei, a partire da Francia e Germania. I programmi di investimento devono procedere in parallelo alle riforme strutturali».
Tra le note positive dell’analisi congiunturale alla fine del terzo trimestre, il presidente Msrsiaj ha sottolineato il rilancio dell’attività nel settore automotive anche in relazione agli incentivi che, pur in ritardo, sono stati confermati anche dal governo Italiano per nuove immatricolazioni migliorative in termini di impatto ambientali: auto elettriche, ibride ma anche diesel ecologici. In realtà la filiera è trainata non solo dal mercato dell’auto italiano e non solo da FCA, ma risente dell’andamento positivo soprattutto dei marchi e dei mercati- francese e tedesco.
In generale la filiera sente anche l’effetto positivo della ripresa dei progetti di sviluppo degli autoveicoli a guida autonoma ed elettrici che sono previsti arrivare sul mercato nei prossimi anni.
Ma sarà una competizione molto agguerrita e la sostenibilità della ripresa produttiva nell’auto italiana – e piemontese soprattutto – che vale un terzo del settore italiano – dipenderà non solo dall’andamento dei volumi di vendita di autoveicoli ma anche dalla capacità del sistema produttivo italiano di offrire prestazioni a costo competitivo. altrimenti i programmi futuri troveranno, a maggior ragione senza più un costruttore “nazionale”, fornitori non italiani. E questo potrebbe essere un tema centrale per la trattativa sul Contratto Nazionale dei Metalmeccanici che vive in questi giorni momenti faticosi.
«Il nostro sondaggio di settembre» ha commentato Marco Gay, «fa registrare alcuni segnali incoraggianti grazie alla capacità di reazione del nostro tessuto imprenditoriale ma non deve alimentare un eccessivo ottimismo. Le imprese sono ripartite e la maggioranza dichiara di avere subito perdite anche ingenti ma recuperabili nei prossimi mesi. Tuttavia le condizioni di mercato restano incerte, soprattutto all’estero; non possiamo permetterci un blocco totale come a marzo, ma piuttosto lockdown parziali se proprio necessari: ma per scongiurare le chiusure r bloccare il contagio occorre la responsabilità tutti i cittadini e imprese».