Duomo gremito venerdì 3 marzo per la prima Lectio divina del percorso «Vedere la Parola» che l’Arcivescovo ha voluto proporre ai giovani della diocesi per il tempo di Quaresima e di Pasqua, per offrire, grazie alla forza della Parola, come ha sottolineato all’inizio della preghiera «spazi di fiducia e speranza» nella vita di ciascuno e nel cammino che prepara alla Pasqua.
Due quadri del pittore francese Arcabas, 6 ciotole d’acqua alle quali attingere per il segno di croce accanto alla grande croce adagiata sotto l’altare, centinaia di segnalibri gli elementi «semplici» che alla luce del brano dell’Ultima Cena dell’evangelista Matteo hanno alimentato il clima di preghiera e hanno fatto scendere in profondità il commento offerto dall’Arcivescovo. Parole che soffermandosi su alcuni particolari del testo hanno aiutato a comprenderlo meglio, a «collegarlo» alla vita di ogni cristiano, a trasformalo in un dialogo personale, in quel lasciarsi avvolgere da uno sguardo «che anche di fronte al tradimento non lascia soli».
Giovani arrivati da tante parrocchie per una esperienza – commentano in molti – «che ci ha trasmesso gioia», «ci ha fatto sentire bene», «ci ha fatto cogliere alcuni aspetti del racconto che non avevamo mai notato». L’Arcivescovo ha dapprima contestualizzato il momento dell’ultima cena spiegando il significato della celebrazione della Pasqua ai tempi di Gesù, il significato di quella che non era una cena qualunque. E poi il passaggio alla interiorizzazione del brano attraverso alcune sottolineature: «Gesù sta per essere tradito da un amico molto intimo», ha osservato, «È bruttissimo essere traditi da un amico che pensavi appartenente addirittura alla tua famiglia. Da quel tradimento si innesca una spirale di violenza: Gesù viene catturato poi viene sputato insultato viene flagellato il suo corpo vien fatto a brandelli e poi viene ucciso sulla croce. Ucciso con una morte infamante. Gesù aveva vissuto solo facendo del bene, soltanto prendendosi cura degli altri e muore come il più grande dei malfattori. Non solo, per gli ebrei moriva in croce come i maledetti da Dio, Lui che non aveva fatto altro che parlare di Dio. Muore come maledetto, messo da parte da Dio».
«Gesù», ha proseguito, «nell’ultima cena consegna se stesso e da quel momento Lui vive in colui che mangia quel pane e chi mangia quel pane vive in Gesù». Un pane che è offerto anche a chi tradisce. Un cibo offerto che diventa anche un richiamo a considerare la nostra vita come dipendente da altro: «Quello che facciamo quando mangiamo è cosa serissima. Diciamo che non siamo noi all’origine della nostra vita: se smettessimo di mangiare smetteremmo di vivere. Quando mangiamo riconosciamo che non siamo noi che ci diamo la vita, ma che abbiamo bisogno di altro».
«Troppo spesso siamo invece indotti a pensare che tutto dipenda da noi, che noi siamo all’origine di tutto e questo può generare un sentimento di pretesa. Gesù ci dice ‘attenzione, guarda che hai bisogno di altro’ e se è così il sentimento più umano non è la pretesa ma la gratitudine, la riconoscenza perché la vita continuamente ti è data. Sarebbe bello che ciascuno pensasse alla propria vita e si chiedesse a chi deve esprimere gratitudine».
E infine un richiamo a considerarsi amati anche se traditori, peccatori, lontani e a non giudicare: «Può darsi che abbiamo compito gesti o azioni che stanno condizionando anche il presente. Ci fa bene sapere che quando mangiamo quel pane Lui ci offre un amore più forte dei fallimenti e dei peccati. Pur essendo cosciente di Giuda che tradisce e innesca morte e dolore, tuttavia Gesù non gli nega quella cena. Anche nella Chiesa possiamo trovare persone che tradiscono. Sapere che Gesù c’è anche per queste persone e che la Chiesa è la comunità dei peccatori amati da Dio ci deve far vedere gli altri sotto sguardo diverso. Fossimo anche noi capaci di vedere le persone che tradiscono, che compiono gesti insani, con lo stesso amore di Gesù». Un invito a cambiare sguardo dunque su di sè e sugli altri, a cogliere la preziosità di quel Pane spezzato, è stato veicolato anche da una riflessione – dopo le parole dell’Arcivescovo e dopo il tempo di silenzio – proposta da don Luca Ramello, direttore dell’Ufficio Giovani che ha illustrato le due opere di Arcabas scelte per la serata: una «Frazione del pane» e un «bacio di Giuda». «Giuda», ha evidenziato don Ramello, «è raffigurato con uno sguardo sbarrato perchè di fronte a lui c’è il volto di misericordia».
Un volto da scoprire proseguendo nel cammino quaresimale e prolungando la riflessione e la preghiera anche grazie al dono a ciascuno di un segnalibro con le due opere presentate e con la messa a disposizione di altro materiale alla pagina https://www.upgtorino.it/lectio-divina/3-marzo-2023.html.
L’appuntamento successivo sarà sabato 1° aprile, vigilia della Domenica delle palme, per prepararsi a vivere la Settimana Santa.