Un poderoso rilancio della pastorale giovanile e vocazionale chiede il documento finale del Sinodo «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», dopo 364 «modi» (emendamenti), approvato il 27 ottobre 2018 e consegnato al Papa che ne autorizza la pubblicazione. L’episodio dei discepoli di Emmaus (Luca 24,13-53) è il filo conduttore delle 3 parti, 12 capitoli, 167 paragrafi, 60 pagine. A una prima lettura utilizza numerose espressioni care a Papa Francesco ed è un elenco di doveri senza colpi di genio né grandi novità.
«CAMMINAVA CON LORO» – I giovani vogliono essere «ascoltati, riconosciuti, accompagnati e che la loro voce sia ritenuta interessane e utile». Non sempre la Chiesa ha questo atteggiamento; spesso preti e vescovi faticano a trovare tempo per ascoltarli e accompagnarli giovani alla riscoperta di Dio.
Scuole, università, collegi, oratori: in un mondo tutto connesso, è insostituibile il ruolo di scuole e università. Le istituzioni educative cattoliche affrontino il rapporto tra fede e domande, le diverse prospettive antropologiche, le sfide scientifico-tecniche, i cambiamenti sociali, l’impegno per la giustizia. La parrocchia va ripensata.
Migranti «paradigma del nostro tempo» in quanto fenomeno strutturale e non emergenza transitoria. Molti migranti sono giovani o minori non accompagnati, in fuga da guerre, violenze, persecuzioni politiche o religiose, disastri naturali, povertà, e diventano vittime di tratta, droga, abusi psicologici e fisici. La loro promozione umana deve passare attraverso l’accoglienza. I migranti sono un’opportunità per le comunità e le società in cui arrivano. Risuonano i verbi «accogliere, proteggere, promuovere, integrare» cari a Francesco.
Gli abusi compiuti da alcuni vescovi e sacerdoti provocano sofferenze «che possono durare tutta la vita e a cui nessun pentimento può porre rimedio». Servono «rigorose misure di prevenzione» e selezione di coloro che hanno responsabilità educative». Il Sinodo ringrazia coloro «che hanno il coraggio di denunciare il male: aiutano la Chiesa a prendere coscienza e a reagire con decisione».
Famiglia, Chiesa domestica, punto di riferimento e prima comunità di fede per i giovani. Si richiama il ruolo dei nonni nell’educazione religiosa e nella trasmissione della fede e si mette in guardia dall’indebolire la figura paterna. Per i giovani contano molto l’amicizia con i coetanei e la promozione della giustizia.
Affollata la «cultura dello scarto»: persecuzioni; esclusione sociale per ragioni religiose, etniche o economiche; disabilità. La Chiesa inviti alla conversione e alla solidarietà. Ma i giovani si esprimono con originalità in molti settori: volontariato, ecologia, politica, costruzione del bene comune, promozione della giustizia.
Arte, musica e sport «risorse pastorali»: essi offrono ai giovani la possibilità di esprimersi al meglio e sono potenzialità educative e formative. La musica può aiutare il rinnovamento liturgico perché i giovani desiderano «una liturgia viva, autentica e gioiosa» e apprezzano celebrazioni belle; vogliono essere protagonisti della vita ecclesiale, mettendo a frutto i talenti e assumendosi responsabilità. Vanno incoraggiati a partecipare alla vita ecclesiale, non ostacolati.
«SI APRIRONO I LORO OCCHI»
La missione è un’altra bussola sicura perché è dono di sé, porta a una felicità autentica e duratura, non toglie la libertà perché la vera libertà è possibile solo in relazione alla verità e alla carità. Ogni vita è vocazione in rapporto a Dio, non è frutto del caso o un bene privato ed è chiamata alla santità nella vocazione specifica: famiglia, professione, vita consacrata, ministero ordinato, diaconato permanente.
Accompagnare è una missione, un servizio e un percorso verso scelte definitive da svolgere a livello personale e di gruppo. Destinatari sono seminaristi, sacerdoti o religiosi in formazione, fidanzati, giovani sposi. Genitori, insegnanti, animatori, sacerdoti ed educatori aiutino i giovani ad assumersi le loro responsabilità.
No a moralismi e false indulgenze. Il Sinodo chiede un accompagnamento centrato su preghiera e lavoro, su psicologia e psicoterapia: «Il celibato per il Regno va inteso come dono da riconoscere e verificare in libertà, gioia, gratuità e umiltà». Si formino accompagnatori equilibrati e di qualità, che si sono misurati con le proprie debolezze e fragilità: siano accoglienti «senza moralismi e false indulgenze ma sapendo correggere fraternamente».
«PARTIRONO SENZA INDUGIO»
Vanno valorizzati i carismi evitando il «clericalismo» che esclude dai processi decisionali e la «clericalizzazione» che frena i laici. L’autorità va vissuta in un’ottica di servizio. Il dialogo interreligioso ed ecumenico miri alla conoscenza reciproca e all’abbattimento di pregiudizi e stereotipi. Le Conferenze episcopali istituiscano un «Direttorio di pastorale giovanile in chiave vocazionale».
La sfida digitale è realtà quotidiana, «piazza» in cui si trascorre molto tempo, luogo irrinunciabile per raggiungere e coinvolgere i ragazzi. Se da una parte l’accesso all’informazione attiva la partecipazione, dall’altra è segno di solitudine, bullismo, manipolazione, sfruttamento, violenza, pornografia. Va promosso e potenziato l’annuncio cristiano nel mondo digitale con uffici e organismi per l’evangelizzazione digitale, capaci di contrastare «le false notizie».
Valorizzare le donne nella società e nella Chiesa: per questo urge un cambiamento e «una presenza femminile negli organi ecclesiali, anche con responsabilità e una partecipazione ai processi decisionali, nel rispetto del ministero ordinato».
Corpo, sessualità e affettività: di fronte a pornografica digitale, turismo sessuale, promiscuità, esibizionismo in rete, è importante far scoprire la sessualità come dono. «Occorre proporre ai giovani un’affettività e una sessualità che diano il giusto valore alla castità». Circa le inclinazioni sessuali, «Dio ama ogni persona e la Chiesa si impegna contro ogni discriminazione e violenza su base sessuale, ma c’è differenza e reciprocità uomo-donna ed è riduttivo definire l’identità a partire dall’orientamento sessuale». Si chiede molta attenzione nell’accogliere i candidati al sacerdozio.
Papa Francesco: “è tempo di difendere la Chiesa dal grande accusatore”
di Pier Giuseppe Accornero
«Difendere la Chiesa dal Grande Accusatore con preghiera e penitenza» chiede Papa Francesco nel discorso a braccio il 27 ottobre 2018 a conclusione del Sinodo sui giovani: «I figli siamo tutti sporchi ma la Chiesa non va sporcata». Contro la lettura dei laicisti incalliti, sottolinea che il Sinodo non è un Parlamento, «è uno spazio protetto perché lo Spirito Santo possa attuare. Per questo, le informazioni sono generali e non sui particolari». In effetti le notizie fornite erano prediche o esortazioni del tipo: «La Chiesa dovrebbe… i giovani dovrebbero…». Aggiunge: «Il risultato del Sinodo non è un documento: siamo pieni di documenti, non so se questo documento fuori farà qualcosa, ma deve fare in noi». In effetti i media italiani lo ignorano: «Lo Spirito ci dà il documento perché lavori nel nostro cuore. Siamo noi i destinatari del documento».
LA CHIESA NON VA SPORCATA – «La nostra Madre è santa ma i figli siamo tutti peccatori. A causa dei nostri peccati, sempre il Grande Accusatore gira per la terra cercando chi accusare. Ci sta accusando forte, e questa accusa diventa persecuzione» come sono perseguitati i cristiani in varie parti. Il Diavolo lancia «accuse per sporcare la Chiesa. La Chiesa non va sporcata, i figli sì, la Madre no. È il momento di difendere la Madre dal Grande Accusatore. Preghiamo la Madre Maria perché copra sempre la Madre Chiesa». Il Papa ringrazia tutti coloro che hanno lavorato al Sinodo, e specialmente i giovani che «ci hanno portato la loro musica: “musica” è la parola diplomatica per dire “chiasso”». Alla Concelebrazione conclusiva nella basilica di San Pietro dice: «Vorrei dire ai giovani: scusateci se non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie. «Quante volte, invece del liberante messaggio di salvezza, abbiamo portato noi stessi, le nostre ricette e le nostre etichette Quante volte, anziché fare nostre le parole del Signore, abbiamo spacciato per parola sua le nostre idee! Quante volte la gente sente più il peso delle nostre istituzioni che la presenza amica di Gesù».
SPORCARSI LE MANI – Bergoglio indica la via autentica della missione: testimoniare con la vita, l’ascolto, la prossimità, e sporcarsi le mani andando a trovare chi cerca senza attendere che sia lui a bussare alla nostra porta. Perché la fede «è questione di incontro, non di teoria». E nell’indicare nuovamente l’unica via che ha permesso al Vangelo di diffondersi lungo due millenni di storia, ancora una volta indica i due rischi che sempre attraversano la vita della Chiesa, e che sono quanto mai attuali: il «dottrinarismo» di chi fa coincidere la fede nelle proprie idee, magari da usare per giudicare gli altri mettendosi su in piedistallo; e l’«attivismo» che trasforma la Chiesa in una organizzazione non governativa del fare e la fede in moralismo che si riduce alle attività sociali.
NON DIMENTICARE I CRISTIANI D’ORIENTE – Il cardinale Louis Raphael Sako, presidente delegato, rammenta un proverbio arabo: «L’albero fruttuoso viene colpito con pietre». Ed esorta Francesco: «Vada avanti con coraggio e fiducia»; la barca di Pietro, nonostante le onde, rimane solida perché Gesù «non la lascerà mai». Chiede di non dimenticare i cristiani d’Oriente perché «se l’Oriente è vuoto di cristiani il Cristianesimo rimarrà senza radici». Il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sindo, ringrazia il Papa per la vicinanza e i giovani che manifestano «il volto bello, luminoso e plurale della Chiesa in tutti i continenti». Il 26 ottobre i giovani uditori organizzano una festa nell’atrio dell’aula Paolo VI. Alcuni cantano, ballano, recitato poesie. Il cardinale Baldisseri suona il pianoforte.
FARE SPAZIO AI GIOVANI NELLA CHIESA – «Carissimo Papa Francesco, vogliamo esprimerti la nostra gratitudine e la nostra gioia per averci dato spazio di fare insieme questo piccolo pezzo di storia». I giovani scrivono: « Le idee nuove necessitano di spazio e tu ce l’hai dato. Il mondo ha bisogno di nuove risposte e di nuove energie d’amore, ha bisogno di ritrovare la speranza e di vivere la felicità che si prova nel dare più che nel ricevere, lavorando per un mondo migliore. Condividiamo il tuo sogno: una Chiesa in uscita, aperta a tutti soprattutto ai più deboli, una Chiesa ospedale da campo. Siamo parte attiva e vogliamo migliorare le nostre città e scuole, il mondo socio-politico e gli ambienti di lavoro, diffondendo una cultura di pace e solidarietà e mettendo al centro i poveri. Siamo con te, soprattutto nei momenti di difficoltà. Continua il cammino: ti promettiamo il nostro sostegno e la nostra preghiera».
NON È UN SINODO SULLA DOTTRINA – «Non è un Sinodo su questioni dottrinali – chiarisce mons. Eamon Martin, presidente dei vescovi irlandesi – ma si occupava dei giovani», dei loro traumi, ferite, ingiustizie, migrazioni, abusi, precariato, povertà, traffico di esseri umani, depressione. Il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn provoca: «Pensare che 270 vescovi di tutto il mondo prendano un mese di tempo per ascoltare i giovani e le loro esperienze, per condividere la loro situazione: quale gruppo di responsabili prende un mese di tempo per ascoltarli?». Poi: «Tutti i Paesi affrontino seriamente la questione degli abusi». Svela che un giovane africano gli ha detto: «La Chiesa è la nostra unica speranza dove possiamo essere a casa».
«A VANCOUVER COME A TORINO…» – Il 23 ottobre interviene don Ángel Fernández Artime, rettor maggiore dei Salesiani: «La Chiesa senta i giovani come suoi. Visitando le presenze salesiane nel mondo, ho visto chiese piene di giovani immigrati e delle loro famiglie: Vancouver, Toronto, Montreal, California, Nuova Zelanda, Melbourne, Italia, migliaia di filippini a Roma e a Torino. Questi giovani portano aria fresca di fede nelle nostre Chiese mentre nelle nostre Nazioni crescono rifiuto, paura, intolleranza, xenofobia. Devono sentirci dire che vogliamo loro bene, devono sentire che vogliamo condividere con loro il meglio: Gesù Cristo, devono sentire che Gesù li ama e li accoglie».